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Recensioni

Total War: Three Kingdoms | Recensione (PC)

Creative Assembly ha deciso di portarci alla fine della Dinastia Han col suo nuovo Total War, e narrarci le epiche gesta della Guerra dei Tre Regni attraverso un già rodato ma rifinito ed evoluto gameplay di strategia a turni e battaglie in tempo reale. Vediamo se questo viaggio in Oriente ha fatto bene a questo storico pilastro del videogioco su PC.

 

“Il Cielo Azzurro è già crollato. Il Cielo Giallo sorgerà presto!”

 

 

Chi ha avuto modo di giocare alla saga musou di Dynasty Warrior ha già una vaga idea di quale sia il periodo storico di Three Kingdoms: durante il declino della Dinastia Han alla fine del II Secolo D.C., una rivolta popolare autoproclamatasi Turbanti Gialli insorge in Cina a causa dell’estrema corruzione nella corte reale.

Gli amministratori del governo chiamano a raccolta tutti i lord e signori della guerra locali per difendere l’Imperatore ma uno di essi, Dong Zhuo, cattura la capitale e con essa il seggio imperiale, dichiarandosi reggente. Gli altri nobili colgono l’occasione per stringere alleanze e coalizioni e muovere guerra al tiranno, conquistando quanti più territori ed eliminando tanti più nemici e rancori possibili.

Questo turbolento periodo della Cina è diventato famoso grazie al romanzo storico “Il Romanzo dei Tre Regni“, scritto nel XIV Secolo da Luo Guanzhong che, come in ogni rivisitazione drammatica, ha leggermente modificato gli eventi rendendo i personaggi storici molto più eroici ed incredibili. Three Kingdoms offre dunque al giocatore due modalità di gioco per la Campagna:

 

 

  • Il Romanzo, che seguirà gli eventi del romanzo storico dove i nostri Generali avranno caratteristiche simili alle unità eroiche dei precedenti Total War: Warhammer, la possibilità di far duellare i nostri generali in epici scontri 1v1 e la necessità di prender decisioni particolari che influenzeranno tutta la campagna;
  • Le Cronache, che invece proporrà un’esperienza molto più simile ai vecchi Total War, con generali accompagnati da una scorta, un’importanza aggiuntiva della Fatica ed il Morale per le nostre unità in combattimento ed un sistema di gestione della famiglia e della corte più realistico e storicamente accurato.

Entrambe le modalità risultano divertenti ed appaganti, capaci di accontentare sia i neofiti della serie avvicinatisi con Warhammer 1 e 2, sia i veterani che invece hanno in passato ripudiato le Unità Eroiche e mostruose.

 

Una nuova Dinastia nasce, e con esso un nuovo modo di governare la Cina

 

 

Ad accompagnarci in quest’avventura avremo una schiera di fazioni e personaggi tra cui scegliere: ci saranno i membri delle Coalizioni, tra cui i futuri capi delle Tre Dinastie Cao Cao, Liu Bei e Sun Jian, i governanti della Dinastia Han come Kong Rong o Liu Biao, la fazione dei Fuorilegge con la celebre Regina Bandito Zheng Jiang o addirittura lo stesso Dong Zhuo affiancato dal temibile Lü Bu

Ogni personaggio ha unità, edifici e soprattutto uno stile di gioco differente. Avremo ad esempio personaggi ovviamente più inclini a costanti conquiste per ottenere uno slancio di risorse e valute che decadono nel tempo, altri invece capaci fin da subito di stringere numerose alleanze e costringere altre fazioni a fare il proprio gioco tramite la diplomazia, oppure altri ancora che prediligeranno il commercio ed i sotterfugi per arricchirsi a più non posso e colpire nel momento più opportuno.

In questo Creative Assembly è decisamente riuscita a creare delle situazioni di gioco varie e divertenti, con una diversità di caratteristiche e meccaniche che prevale su quella più estetica e culturale trovabile ad esempio in un Total War: Rome o Empire e che ricorda più da vicino i Clan di Shogun. Ogni fazione ha uno stile di gioco unico ed appagante, che favorisce il desiderio di ricominciare a più non posso ogni campagna con strategie sempre nuove. 

 

 

Ci sono invece grossi cambiamenti per quanto riguarda la gestione del nostro impero durante la fase a turni: Three Kingdoms opta per una crescita molto più lenta e ritmata, che impedisce in parte un grosso distacco netto ed uno snowbolling infinito tipico invece dei capitoli precedenti della serie.

Saremo costretti, ad esempio, a costruire un solo edificio per volta nelle nostre Comanderie (l’equivalente delle Province nella Cina Antica), e di grande importanza sarà la raccolta del Cibo e delle Provviste, il primo per sostentare una crescita costante del nostro impero e le seconde per impedire il logoramento dei nostri eserciti. Novità anche per la ricerca tecnologica qui sostituita dall’Albero delle Riforme, una gigantesca diramazione di potenziamenti passivi e sblocchi di unità ed edifici ottenibili ogni cinque turni di gioco, e che spesso faranno la differenza tra una buona campagna ed una disfatta totale.

Di difficile comprensione risulta purtroppo la Diplomazia, grosso cardine dell’esperienza di gioco ma che a causa di una geografia estranea, nomi fin troppo simili tra di loro e soprattutto una mancata spiegazione dettagliata per alcuni trattati, come ad esempio tra stato vassallo e stato vassallo autonomo, può causare numerosi problemi come dichiarare guerra ad un proprio vicino e ritrovarsi contro decine di stati avversari coalizzati contro di noi nel mentre i nostri vassalli stanno in panciolle. 

 

“L’Arte della Guerra e dei Caricamenti Infiniti” di Creative Assembly

 

Ovviamente non manca anche la possibilità di configurare delle battaglie personalizzate coi propri generali e le proprie condizioni

 

Quando la Diplomazia non sarà più un’opzione, e magari dopo che vi siete assicurati chi siano i vostri vicini, giungerà il momento della Guerra.

Il sistema di reclutamento è drasticamente cambiato, e si concentra stavolta sui Generali: essi saranno capaci di reclutare truppe ovunque essi vogliano, e la qualità e la tipologia di truppe dipenderà dal Grado e dalla Classe del vostro Generale.

Il reclutamento sarà istantaneo, ma se non vi troverete in una vostra Comanderia con le giuste strutture militari i battaglioni saranno completamente logorati e dovrete aspettare qualche turno affinché siano in forma smagliante. A causa della natura continentale della Cina, invece, sono totalmente assenti le battaglie navali, quindi non dovrete preoccuparvi del dover gestire anche una flotta.

Ogni Esercito può avere fino a tre Generali, che a loro volta potranno reclutare sei battaglioni. Le sezioni di combattimento in tempo reale risultano dunque più rapide, dove una singola azione eroica, specie in modalità Romanzo, può portare uno schieramento ad una vittoria prematura.

 

 

Il pathfinding delle unità, grosso tallone d’Achille della serie fin dai capitoli più vetusti, è stato migliorato quel tanto che basta per evitare enormi sfuriate contro l’IA dei nostri soldati, ma la situazione può ancora migliorare in futuro. Grosso passo in avanti per la tattica e la strategia, che premiano un’accurata conoscenza delle caratteristiche del proprio Esercito e dei propri Generali, capaci di ribaltare una battaglia in drastica inferiorità numerica con i giusti ordini.

A livello grafico non ci sono molti miglioramenti effettivi rispetto al passato, a parte una discreta miglioria di effetti particellari ed animazioni, una palette cromatica molto vivida e chiara sia per la Mappa di Gioco che per i campi di battaglia ed una notevole stabilità del motore di gioco, capace di girare a 30 FPS stabili nelle situazioni più concitate anche su macchine di fascia medio-bassa come in sede di recensione (GTX 1060 3GB, 8 GB di RAM e Processore Intel Core i5-4690K) senza mai crashare. Aspettatevi però caricamenti molto lunghi.

Un comparto sonoro magistrale, con rumori di cariche di cavalleria ed il cozzare dell’acciaio mai così vivi, accompagna il tutto assieme ad un ottimo doppiaggio in lingua originale o in inglese.

 

In Sintesi

Total War: Three Kingdoms è senza ombra di dubbio un passo in avanti rispetto al passato che svecchia il sistema di gioco dei classici Total War senza stravolgerlo completamente. Sia neofiti che veterani si troveranno a proprio agio nelle campagne della Cina, che offrono vari modi e stili di gioco adattabili ad ogni giocatore e situazione. Un’espansione dell’impero più lenta e limitata assieme ad una UI non proprio immediata trattengono il gioco da un’eccellenza piena, ma il titolo rimane comunque solido come una dinastia secolare. Consigliato ovviamente agli appassionati della saga, del periodo storico e degli strategici in tempo reale e a turni.  

 

This post was published on 27 Maggio 2019 16:29

Riccardo Liberati

Classe 1997, cresciuto immerso dai libri, cartoni e videogiochi, ho sempre desiderato e provato fin dalla tenera età a creare storie fantasiose che rendessero un po' più brillante la mia vita monotona. Ho trascorso l'infanzia in solitaria, giocando a quanti più titoli possibili, spaziando dai vecchi J-RPG di Square Enix fino ai più violenti sparatutto su PC, non disdegnando nel frattempo RTS, platform e giochi di corse automobilistiche. Alle superiori riesco finalmente ad aprirmi e a trovare dei compagni con i miei stessi gusti e sogni, e capisco che non amo tanto i videogiochi, quanto la cultura ed i messaggi dietro di essi, gli stessi che ho sempre trovato nei libri, film e qualsiasi altro tipo di medium artistico. Inizio a lottare per questo concetto scrivendo all'impazzata ed accrescendo la mia cultura ancor di più, sia attraverso la scuola che attraverso gli incontri e le persone d'ogni giorno. Questo bel sogno finisce con l'arrivo all'università, periodo peggio di qualsiasi film horror che abbia mai visto e che mi costringe a mollare tutto e rifugiarmi nella mia Fortezza della Solitudine per tre anni, perdendo interesse e linfa vitale per qualsiasi cosa. Nel frattempo ho lavorato in numerosi settori, dall'aiuto vendita al libraio al tutor privato, e nel 2018 inizio a scrivere per Player.it, il mio primo incarico ufficiale come giornalista videoludico e che mi ha formato moltissimo sia nell'ambito dei videogiochi che in quello della scrittura basilare. Oggi ho ripreso a studiare grazie alla scelta repentina ed irrazionale di iscrivermi alla Scuola Holden di Torino, luogo da cui vi scrivo, abbandonando casa per la prima volta ed il luogo natale di ogni mio piccolo successo e grande fallimento. La mia speranza? Quella di poter riuscire a trovare una strada ben delineata, facendo quello che mi piace fare senza dovermi sottomettere a nessuno

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