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Recensioni

A Plague Tale: Innocence | Recensione (PS4)

Vieni viandante e siediti attorno al fuoco. È una notte oscura come questi tempi, divorati dalla peste e banditi dall’inquisizione. Le guardie hanno altre povere anime a cui dare la caccia, quindi siediti e riscaldati un po’. Tranquillo non mordo, a quello ci pensano già i topi, voglio solo raccontarti la storia narratami da Asobo Studio, in questa recensione di A Plague Tale: Innocence.

Le origini della piaga: dalla realtà al gioco

L’action adventure di Asobo Studio è arrivato un po’ così, all’improvviso, come l’epidemia di Peste nera che colpì l’Europa dal 1347 al 1352, periodo in cui il gioco è ambientato. Si c’è stato qualche video sullo sviluppo del gioco dall’annuncio all’E3 del 2017, quando il gioco si chiamava ancora “The Plague”, ma mai niente che fosse davvero riuscito ad attirare la mia attenzione. Qualche giorno fa però il gioco è giunto in redazione e, preso un po’ da questi mesi in cui il medioevo è ritornato a farsi preponderante, causa l’ultima serie di Game of Thrones, ho deciso di occuparmi della sua recensione.

Il titolo si apre con una passeggiata nel bosco. Uno di quei momenti videoludici tranquilli e rilassanti in cui vuoi solo goderti il panorama e i dialoghi tra i personaggi. Amicia De Rune e suo padre scherzano mentre il cane non da tregua alla cena, un succulento cinghiale che però continua a fuggire tra un cespuglio e l’altro. Il nobile De Rune sfida la figlia a colpire delle mele sull’albero mentre un breve tutorial mi insegna ad usare la fionda. Il tutto in una foresta magnificamente realizzata, con modelli di alberi, foglie e cespugli sempre diversi e con giochi di luci ed ombre capaci di far impallidire un tripla A. Un momento delizioso, che mi ha fatto subito inquadrare il gioco come un walking simulator, ma che stava per essere turbato da una serie implacabile di avvenimenti e dinamiche volte a farmi cambiare idea.

Dirvi altro sulla storia del gioco sarebbe una crudeltà, quasi come quelle che dovranno patire Amicia e suo fratello Hugo, un bambino afflitto da una malattia misteriosa e perseguitato dall’inquisizione. Vi assicuro però che la storia narrata da Asobo Studio ha una forza eccezionale che intreccia narrazioni primarie e secondarie, protagonisti e personaggi di contorno, avvenimenti reali, leggende, alchimia e luoghi di fantasia, dipingendo un’avventura davvero emozionante. Una storia di perdita e sacrificio, all’ombra della guerra, della peste e della Chiesa, dove trovare un modo di fare luce, sia letteralmente, sia su quello che sta succedendo, sarà di importanza vitale.

A Plague Tale: Innocence Videorecensione

La diffusione della malattia: la bellezza dell’oscurità

Il contesto storico ricreato da Asobo Studio è chiaro sin da subito: ci troviamo nel pieno della Guerra dei Cent’anni, in una Francia martoriata dalla peste nera e scossa dai capricci dell’inquisizione. Gli sviluppatori danno vita ad ambientazione ricche di dettaglio, ognuna diversa dall’altra con elementi curati e che non fanno mai sentire la sensazione di déjà vu. Ogni capitolo su sviluppa su grandi scenari completamente esplorabili, oppure su più scenari composti da più ambientazioni. Il panorama della Francia che si muove intorno ai protagonisti lascia spesso a bocca aperta e più di una volta ammetto di essermi fermato semplicemente ad osservare tutto quello che mi circondava. Un castello appoggiato sulla cima di una rupe, un antico e imponente acquedotto, una chiesa diroccata, un borgo medievale ma anche la morte.

In A Plague Tale: Innocence la morte permea ogni angolo del gioco, a volte ha le fattezze di un dirupo, altre di un incendio e altre ancora di un oscuro e nauseante campo pieno di cadaveri, ma in ogni caso è sempre uno spettacolo. C’è molta bellezza nell’oscurità con cui è dipinta la piaga. C’è quasi piacere nel vedere come alcune delle strutture del gioco o alcuni dei panorami vengano deturpati/abbelliti dalla malattia o semplicemente dal tempo che passa. Alcuni borghi sono talmente ben delineati da sembrare reali quasi quanto la loro fonte d’ispirazione, i dipartimenti francesi della Gironda e della Dordogna. Mentre altri scenari sembrano richiamare diverse opere pittoriche, come quelle del paesaggista classico Claude Lorrain. Non c’è interazione, questa è una cosa che mi ha fatto male, perchè avrei voluto poter “toccare con mano” tanto bellezza e invece non sono riuscito a rompere nemmeno uno delle numerose bottiglie che ho trovato sul mio cammino. Oltre agli oggetti designati purtroppo non si può interagire con nient’altro, un peccato che comunque si perdona visto il grande comparto visivo del titolo.

Anche i personaggi sono stati realizzati con una grande cura nel dettaglio che va dalle espressioni alle cuciture dei vestiti. Una cura che, proprio come per le ambientazioni, rende il gioco vivo e ricco di spessore, fatta eccezione per alcune animazioni un po’ fuori luogo. In questo contesto dove la realtà è quasi palpabile, alcuni movimenti dei personaggi mi sono sembrati irreali e abbastanza legnosi, come ad esempio quando ci si abbassa per nascondersi dietro ai ripari insieme a Hugo o semplicemente quando si corre. Delle sciocchezze in confronto al resto, che però stonano e a cui l’occhio non può fare  a meno di guardare, proprio come quando c’è un pixel rotto nello schermo.

Proseguendo sulla strada dell’eccellenza, proprio come fatto con Vampyr, l’editore Focus Home Interactive ingaggia nuovamente il compositore Olivier Derivière (già famoso per diverse composizioni in ambito videoludico) che, insieme ad altre grandi nomi della musica strumentale, compone la colonna sonora di A Plague Tale: Innocence. Nasce così un comparto sonora capace di dare ancora più profondità alla vicenda, con toni che sottolineano perfettamente le emozioni dei personaggi descrivendo il dramma di alcune situazioni senza bisogno del dialogo.

Nel pieno del morbo: andare avanti nonostante tutto

So quello che state pensando “Si tratta del solito gioco narrativo dove la storia si mangia il gameplay!” È qualcosa che ho pensato anche io, ma più andavo avanti più mi convincevo del contrario. Più proseguivo lungo i 17 capitoli che compongono il gioco, più il gameplay si ampliava, trasformando anche quelle situazioni che ormai avevo imparato perfettamente a gestire in qualcosa di più.

Il gioco inizia quasi come un walking simulator, bello da vedere ma molto meno da giocare. Tutto quello che richiedono i primi capitoli è l’esplorazione delle location e scappare da una parte all’altra nascondendosi nell’erba alta per non farsi vedere dalle guardie che possono essere distratte dalla fionda di Amicia. In molte fasi del gioco ci saranno infatti degli oggetti luccicanti che possono essere colpiti con i sassi per attirare altrove l’attenzione delle guardie. Semplici fasi stealth in cui proteggere il piccolo Hugo che spesso va lasciato ad attendere nell’erba alta per liberare la zona dai nemici. Attenzione però, perchè allontanarsi troppo dal bambino significa lasciarlo solo di fronte alla paura, cosa che scatenerà le urla del piccolo e richiamerà gli avversari su di voi.

Una volta padroneggiate queste fasi stealth, cosa che non richiede molto tempo, pensavo ormai di aver fatto tutto e invece, oltre al nascondersi, è arrivata la seconda meccanica principale del gioco: la sopravvivenza alla peste. In molte aree del gioco infatti per sopravvivere bisogna superare colonie di topi inferocite e appestate che divorano tutto quello che hanno intorno. Per farlo ho dovuto ogni volta trovare il modo di “accendere la luce” passando dalla fiaccola, al braciere, all’incendio di un pagliaio fino ad arrivare a vere e proprie lanterne rotanti. Questi fasci di luce possono essere usati per guidare le orde fameliche di roditori in determinate direzioni, in modo da liberare il cammino oppure usarli come arma contro le guardie.

Una possibile cura: Il gameplay che non ti aspetti

Bene, a questo punto pensavo ormai di aver visto tutto e invece il gioco mi ha stupito ancora continuando ad aggiungere varietà alle situazioni senza mai allontanarsi troppo dalle due meccaniche centrali: sfuggi alle guardie e sopravvivi alla peste. Pian piano sono arrivati gli enigmi, semplici puzzle ambientali, ma che spesso hanno richiesto la cooperazione degli altri compagni, ognuno con la sua specifica abilità come ad esempio la possibilità di scassinare le serrature con Melie o la forza di Rodric per abbattere porte e guardie.

Inoltre, se inizialmente la fionda di Amicia riveste un ruolo quasi marginale, più avanti diventerà un vero strumento a 360 gradi capace di fornire diversi vantaggi grazie all’ausilio dell’alchimia. Nel corso del gioco Amicia sbloccherà dei proiettili speciali che andranno ad impattare proprio sul modo di vivere diverse situazioni del gameplay. Alcuni proiettili serviranno ad accendere il fuoco a distanza, altri faranno addormentare le guardie e altri ancora genereranno prurito in modo che i nemici con l’elmo lo sfilino esponendosi alle sassate letali della fionda. Ce ne saranno anche alcuni in grado di attirare i topi famelici nel punto d’impatto, pensate cosa significa per una guardia riceverne uno in faccia…Argh!

In questo modo una situazione che nei primi capitoli ero abituato ad affrontare solo in un certo modo nei capitoli successivi ha acquistato sfaccettature, varietà e strategia. Facendomi scegliere il modo migliore per affrontare una determinata porzione di gameplay, passando dallo stealth più totale fino alla strage a colpi di fionda. Per fabbricare proiettili però c’è bisogno di diversi materiali come filo, alcool e polveri varie. Sono presenti, infatti, anche delle fasi di crafting, non troppo sviluppate, ma che grazie ad alcuni banchi da lavoro sparsi nel gioco permetteranno di potenziare la fionda e le sacche di oggetti che Amicia porta sempre con se.

A coronare il tutto anche la raccolta degli immancabili collezionabili che qui si dividono in interessanti Curiosità sull’epoca e sui metodi di diffusione della peste, in fiori che Hugo metterà nel suo Erbario e in Doni, che invece parlano del passato di alcuni personaggi.

Commento finale

La storia dei De Rune è appassionante, ricca di misteri e segreti, proprio come il mondo che gli fa da cornice. Asobo Studio ha creato un action adventure “light” e che, nonostante qualche piccola magagna tecnica e un gameplay leggermente ripetitivo, ricorda titoli del livello di Uncharted con situazioni sempre variegate ed ambienti più vivi che mai. A Plague Tale: Innocence appassiona quasi quanto una serie tv e porta ad innamorarsi dei suoi personaggi ben delineati e della splendida oscurità del suo mondo. Giunto a questo punto non mi resta che salutarti viandante e ringraziarti per aver ascoltato le mie parole. Se sceglierai di scoprire la storia dei De Rune sono sicuro che non rimarrai insoddisfatto da quello che ti ho raccontato.

This post was published on 14 Maggio 2019 0:02

Simone Alvaro "Guybrush89" Segatori

Ritrovato in tenera età su una spiaggia pixelata le sue prime parole sono state "Voglio fare il pirata!" In mancanza di un vero galeone è partito all'arrembaggio del mare della rete depredando le conoscenze di ogni isola su cui è approdato: Ha scritto per Games, VGN, Adventure's Planet, Badgames, FlopTV, Cinefilia Ritrovata, Ridble e creato qualche video per la ciurma di Game Series Network. Nel mentre la taglia sulla sua testa è aumentata e dopo che l'Università di Viterbo lo ha ritenuto un pericoloso "Capitano della Comunicazione", l'Alma Mater Studiorum di Bologna lo ha classificato come "Minaccia Pirata esperta di Cinema, Televisione e Produzione Multimediale". Per circa un anno è quindi rimasto nascosto nella Cineteca di Bologna, gestendo dall'ombra l'Archivio Videoludico e organizzando anche un ritrovo piratesco conosciuto come Svilupparty. Dopo qualche tempo passato in mare tra cinema, fumetti, serie tv, libri, aspirapolvere e videogiochi, senza mai una vera casa, mette l'ancora alla fonda nella baia videoludica di Player.it, dove passa le giornate in compagnia di scimmie, balene e altri animali. Va spesso ad ubriacarsi nella taverna di Tom's Hardware, inoltre va all'arrembaggio di libri e fumetti su Frasix, di gadget e serie TV su Nospoiler e Cinematographe e svolge ricerche su antichi manufatti per conto di Ivipro. Il richiamo dell'oceano però lo trascina continuamente tra le onde e anche se non sa dove lo porterà il vento quello che conta davvero è il viaggio.

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