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Recensioni

Recensione Kingdom Come: Deliverance (PS4)

Una delle release più attese di questo Febbraio era senza ombra di dubbio Kingdom Come: Deliverance. Sin dalla sua presentazione ufficiale, il gioco di Warhorse Studios aveva catturato l’attenzione di una fetta ben specifica dei gamer: quella più esigente ed attenta al dettaglio. Il titolo aveva tutta l’aria di vantare un’esperienza di gioco molto diversa dagli altri tripla A che lo hanno preceduto, per tutto un insieme di ragioni. Erano in molti a vedere qualcosa di speciale in Kingdom Come: Deliverance, ed in molti volevano assaporare cosa significasse vivere nel medioevo in panni tutt’altro che aristocratici. Inutile quindi nascondere che il gioco è arrivato sul mercato con aspettative altissime. Sarà riuscito a soddisfarle tutte? Cercheremo di darvi una risposta nella nostra recensione.

Alla scoperta del Medioevo con Kingdom Come: Deliverance

La guerra ed i suoi orrori non cambiano mai.

Prima di partire con le nostre considerazioni, è importante chiarire un punto: Kingdom Come: Deliverance non è un gioco come tutti gli altri. Come gli appassionati sicuramente sapranno, il titolo può vantare una storia quasi unica nel suo genere, e soprattutto a lieto fine. Il progetto è stato ideato dalle menti di Warhorse Studios, un piccolo sviluppatore della Repubblica Ceca. Inizialmente scartato dai vari e potenziali publisher, il gioco ha potuto vedere la luce attraverso il crowdfunding, riuscendo a suscitare l’entusiasmo di oltre 30.000 backer e raccogliendo oltre 2 milioni di sterline. Da quel momento, il progetto è entrato nel pieno del suo sviluppo, potendo contare su una community fedele ed appassionata come non mai.

Come è facile intuire, Kingdom Come: Deliverance si è sin da subito presentato come un gioco unico nel suo genere. Ci troviamo nel 1403, Carlo IV, re della Boemia, è da poco morto, ed il suo successore, il figlio Venceslao IV, sembra essere più attratto dalla caccia e dalle belle donne che non dai tediosi affari di Stato. Proprio per questa ragione, la nobiltà si rivolge al suo fratellastro Sigismondo, Re dell’Ungheria e della Croazia, al fine di porre una soluzione al problema. Il risultato è dei più disastrosi: Sigismondo prende il re in ostaggio, per obbligarlo ad abdicare, ed invade la Boemia con le sue milizie. È proprio in questo contesto che la trama di gioco ha inizio. Vestiremo i panni di Henry, il giovane figlio di un fabbro che si troverà ad affrontare le conseguenze di un conflitto tanto inaspettato quanto cruento, comprendendo che la miglior compagnia che un uomo possa desiderare è quella della propria spada.

Un tuffo nel passato tra cavalieri e banditi

Una buona colazione potrebbe letteralmente salvarvi la vita.

I primi momenti di gioco saranno spesi per familiarizzare con Skalica, la nostra città natale. Il piccolo borgo rispecchia appieno ciò che un vero appassionato del medioevo vorrebbe vedere: castelli, palizzate, locande affollate e rumorose e, soprattutto, tanti campi verdi quasi sconfinati. Sbrigando le commissioni che i vari NPC ci assegneranno, sarà possibile prendere confidenza con le varie meccaniche di gioco, su cui ci dilungheremo in seguito. Nonostante la città in questione sia piccola, è possibile notare la cura posta da Warhorse Studios nella sua realizzazione.

Una volta abbandonate le mura di Skalica, ci rendiamo conto del maestoso lavoro dello studio ceco. La mappa di gioco di Kingdom Come: Deliverance è enorme e tutta da scoprire, sia a piedi che in groppa al nostro cavallo, che si rivelerà spesso un alleato fondamentale. Va da sé che il mondo di gioco è stato riempito a dovere. Le città, come è ovvio, non sono tante, e sono collegate da lunghissimi sentieri circondati da boschi fitti e all’apparenza sconfinati, intervallati solo da case, fattorie e piccoli insediamenti.

La voce Codex del menu principale è pensata per chi volesse approfondire il periodo storico.

La cura del dettaglio è a dir poco impressionante. Le cutscene introduttive, le uniformi e le armature dei vari soldati in cui ci imbatteremo, i dialoghi, lo stesso menu di gioco. Tutto ciò che ruota attorno a Kingdom Come: Deliverance trasuda puro Medioevo, con un gusto che raramente abbiamo visto altrove. Se siete dei nostalgici delle “lezioni di storia” presenti in Assassin’s Creed, vi basterà andare nella sezione “Codex” del menu principale per trovare tutti i cenni ed i riferimenti storici di cui avete bisogno.

Dal punto di vista stilistico, non c’è che da togliersi il cappello. Warhorse Studios ha realizzato un lavoro impeccabile.

Un gameplay articolato e stratificato

Districarvi nel sistema di gioco non sarà semplice, almeno nell’immediato.

È assai probabile che molti di voi siano rimasti colpiti dai trailer di gioco in cui veniva mostrato il combattimento con la spada. Ebbene, sappiate che i duelli rappresenteranno soltanto una parte di ciò che vivrete. Kingdom Come: Deliverance, sotto questo aspetto, è uno degli RPG più complessi ed articolati che ci sia mai capitato di giocare. Se credevate di avere tra le mani uno Skyrim o un The Witcher 3 in salsa medievale, fatevelo dire: avete preso un grandissimo abbaglio. Se indubbiamente i due giochi sono di ispirazione a qualsiasi esperienza ruolistica, KDC riesce a proporre un gameplay a sé stante.

Le opzioni di dialogo, ad esempio, ricordano quanto visto nelle due opere precedentemente menzionate, ma con degli elementi di originalità. Nel momento in cui dovremo far valere le nostre ragioni, potremo scegliere tra diverse opzioni. Qualora avessimo già un’ottima reputazione, potremo semplicemente affidarci all’eloquenza. Nel caso in cui avessimo a che fare con dei soldati o dei contadini, potremmo far valere il nostro lato aristocratico (a patto di essere vestiti in maniera consona). In ultima battuta, rimane sempre percorribile le cara e vecchie vie dell’intimidazione o della corruzione. A determinare il successo o il fallimento della nostra scelta non saranno tanto le nostre statistiche, quanto le caratteristiche del nostro interlocutore.

Per quanto riguarda il sistema di progressione, è impossibile non notare l’influenza di The Elder Scrolls. Accanto al livello principale, che progredirà man mano che andremo avanti nel gioco, possiamo trovare tutta una serie di talenti secondari, come l’erboristeria, il furto, la manutenzione, che potranno essere sviluppati soltanto compiendo determinate azioni. Per migliorare le vostre abilità di borseggiatore dovrete derubare quante più persone possibile. Stesso dicasi per i talenti di scassinatore, di erborista, e via dicendo.

Un’esperienza di gioco all’insegna del realismo

Il gioco può vantare alcuni panorami splendidamente realizzati.

Se credevate di aver messo le mani sull’ennesimo gioco di ruolo fantasy, ancora una volta siete fuori strada. Kingdom Come: Deliverance è quanto di più realistico si sia visto da anni a questa parte. Per mantenere Henry in perfetta forma, dovrete mangiare e dormire con regolarità, dando sempre un occhio alla freschezza degli alimenti. Lo scorrere del tempo è reso alla perfezione, così come la fatica di percorrere i chilometri tra una città ed un’altra ed il senso di impotenza nel trovarsi davanti un soldato in armatura pesante. La più semplice delle ferite potrebbe diventare un serio problema, se non medicata tempestivamente. Il nostro protagonista è analfabeta, e le stesse righe dei libri rappresenteranno per lui un ostacolo non da poco.

Proprio questa ricerca del realismo a tutti i costi rappresenta, pur nella sua coerenza narrativa, un ostacolo che mina l’esperienza di gioco. Senza ombra di dubbio Kingdom Come: Deliverance riesce ad essere originale come pochi altri titoli. Ma la sua originalità fa spesso il pari con un senso di frustrazione e disorientamento costanti. Apprendere le varie abilità sarà un processo molto lento, che renderà a sua volta lento il gameplay. Il tutorial vi presenterà solo una minima parte dei comandi, che dovrete approfondire spesso andando a tentativi. Un salto da un’altezza un pelino troppo elevata potrà farvi sanguinare e morire nel giro di poco tempo. Lo stesso combat system, a metà strada tra quanto visto in For Honor e Conan Exiles, garantisce una buona libertà d’azione, potendo sferrare tre tipi diversi di attacchi da almeno 5 direzioni diversi, ma è al tempo stesso non immediato da padroneggiare.

Una realizzazione tecnica altalenante

Un’esperienza di gioco bella e spigolosa.

Kingdom Come: Deliverance si avvale delle prestazione del CryEngine, uno dei motori grafici più spettacolari ed “esosi” presenti sul mercato. Inutile dire che certi colpi d’occhio saranno a dir poco mozzafiato. Le enormi vallate verdi, le fitte foreste, i torrenti, il tramonto visto dai sentieri, in groppa al vostro destriero. Nelle fasi all’aria aperta, il CryEngine da il meglio di sé, con un sistema di illuminazione magistrale. Non si può dire altrettanto nelle sezioni al chiuso, che risultano essere un po’ troppo spente.

Dal punto di vista delle animazioni facciali, si poteva decisamente fare qualcosa in più. La quasi totalità dei personaggi, tra cui anche il nostro Henry, hanno un’espressività decisamente limitata, spesso non riuscendo a comunicare efficacemente le loro emozioni.

I tempi di caricamento, inoltre, sono tra i più lunghi mai visti. Più lunghi di quelli di The Witcher 3, paragonabili forse a quelli di GTA V su old gen, con la grande differenza che ce li ritroveremo spesso anche in alcune opzioni di dialogo. Aggiungeteci un sistema di comandi non sempre reattivo, i sistemi di scassinamento e di borseggio più complessi che abbiate mai provato, una cavalcatura ai limiti dell’incontrollabilità e spesso capace di incagliarsi nelle siepi, un sistema di salvataggio “alla vecchia maniera”, e comprenderete quanto, sotto certi aspetti, Warhorse abbia ancora del lavoro da fare.

Infine se vi troverete in difficoltà abbiamo diverse guide e soluzioni per voi come per i combattimenti, le interazioni con gli npc e per le quest e il mondo di gioco.

Giudizio finale

Volendo tirare le somme, Kingdom Come: Deliverance non è decisamente un gioco per le masse. Nonostante una cura per il dettaglio quasi maniacale, per godervi il gioco necessiterete di un requisito fondamentale: la pazienza. Vi servirà veramente tanta, per padroneggiare le meccaniche, per evitare di commettere il più piccolo degli errori, per comprendere come ottenere nuove abilità, per attendere i continui e spesso mastodontici tempi di caricamento, e via discorrendo. Se riuscirete a non farvi scoraggiare da questi aspetti, da un framerate ballerino, e da alcune animazioni facciali non indimenticabili, Kingdom Come: Deliverance saprà un’esperienza di gioco decisamente unica nel suo genere. Il Medioevo non è mai stato più reale di così e, d’altra parte, non si diventa mica cavalieri in un giorno solo!

Si ringrazia sentitamente Warhorse Studios per aver fornito la copia necessaria per la recensione.

This post was published on 16 Febbraio 2018 11:10

Claudio Albero

Nasce a Torre del Greco, una piccola metropoli alle falde del Vesuvio, nei favolosi anni ’80, che già però non avevano più niente di favoloso. Provano ad educarlo con Beatles e musica classica sin dalla più tenera età, ma lui, di tutta risposta, si appassiona all’ heavy metal ed ai videogame , spendendo un piccolo patrimonio in sala giochi, quando queste due parole erano ancora slegate dalle slot machine. Dopo aver mosso i primi passi su Sega Master System II con Alex Kidd, il Super Mario con le orecchie a sventola, si innamora dei platform, degli action/adventure e degli RPG, con particolare attenzione alla saga di Final Fantasy. Inguaribile sognatore con le radici saldamente ancorate nel passato, scopre la sua passione per la scrittura quasi per caso, in uno dei tanti pomeriggi passati tra i corridoi della Facoltà di Giurisprudenza di Napoli, dove si laureerà giusto qualche anno dopo, con una tesi in Diritto d’Autore basata sull’opera multimediale. Dopo aver scritto di attualità e musica su Lacooltura.it , Road TV Italia e Federico TV , approda sui lidi di Player.it , in cui comincia sin da subito ad apprendere e fare domande, guadagnandosi rapidamente il titolo di “ redattore rompiscatole del mese ”. Nonostante sia legatissimo alla grande famiglia di Player, non sono rare alcune sue incursioni su portali come Gameplay Café e Spazio Rock . Musica, videogame, concerti, boardgame, modellismo, fumetti, cinema e serie tv: tanti hobby diversi tra loro, ma collegati da un fil rouge che li unisce tutti: il divertimento . È proprio questo che cerca in un videogame, è proprio questo sentimento che muove le sue dita, ed è sempre il divertimento la sensazione che cerca di infondere nei suoi articoli. Al di fuori del mondo del gaming, indossa giacca e cravatta per mimetizzarsi nel mondo degli avvocati, esercitando la professione forense, con lo scopo di conoscere a fondo le “ regole del gioco ”, nonché di minacciare di far causa a chiunque al minimo pretesto.

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