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Recensioni

Recensione Phoenix Wright: Ace Attorney Trilogy

Era il 2007, ed ero al Lucca Comics quando per la prima volta vidi passare un buffo figuro tutto vestito di blu con un cartello che recitava in caratteri rossi Objection!: finalmente l’avvocato porcospino cominciava a conquistare anche l’Italia grazie alla sua inequivocabile catchphrase. Phoenix Wright: Ace Attorney Trilogy ha l’obiettivo di riportare alla memoria di chi, come chi vi scrive, l’ha già giocato e spolpato ai tempi e farlo conoscere a chi non ne han ancora avuto la possibilità. Andiamo a scoprire più nel dettaglio cosa ci riserva questa collezione dei primi 3 capitoli della saga.

Phoenix Wright: tra obbiezioni e indagini

Il caro vecchio Phoenix Wright è esattamente come ce lo ricordiamo dalla versione DS. In ognuno degli episodi si parte sempre in medias res, catapultati subito in un processo o sulla scena del crimine (anche se, per fortuna, non pare esserci un legame indissolubile tra omicidi e il nostro protagonista come un altro detective marmocchio di nostra conoscenza…). Entreremo a contatto con le persone coinvolte nei fatti e cominceremo così ad esplorare il circondario alla disperata ricerca di prove che ci permettano di portare a galla la verità e sopraffare il procuratore di turno, disposto a tutto pur di incriminare il nostro imputato.

Questa Visual Novel si divide in due parti nettamente distinte tra di loro. Nelle parti di esplorazioni appare subito chiaro come l’ottimizzazione per PC sia stata fatta in maniera abbastanza frettolosa e ci si trovi davanti a nulla più che il porting della versione mobile uscita nel 2014 (a sua volta porting della versione 3DS uscita l’anno precedente, a sua volta porting della versione DS… A sua volta remake della versione GBA). Per analizzare gli oggetti presenti su schermo dovremo faticosamente trascinare con il mouse l’iconcina con la lente di ingrandimento sopra di essi. È possibile anche semplicemente doppiocliccare sopra ciò che si vuole osservare ma questo non permetterà al giocatore di sapere in precedenza se si trova di fronte a qualche elemento analizzabile o meno. Volendo è possibile anche muovere il cursore con la tastiera, il ché vi darà la stessa sensazione, se mai l’avete provata, di giocare a Point Blank usando il controller perché il vostro amico di turno aveva una sola G-Con.

Una volta terminata questa fase esplorativa potremo, finalmente, entrare nel clue dell’esperienza che ha conquistato nel corso degli anni così tanti fan: il processo.

Un “normale” processo…

Così come in titoli simili (Danganronpa prende infatti ispirazione a mani basse dal titolo Capcom), piuttosto che sul realismo Phoenix Wright punta tutto sul divertimento e una esperienza molto più arcade e videogiocosa. Non dovremo fortunatamente avere a che fare con tutta la macchinosità dei veri processi: una volta ascoltata la testimonianza, potremo decidere se insistere su specifiche frasi per avere più dettagli o se presentare delle prove per confutare o contraddire ciò che il testimone ha appena deposto: sarà in questo caso che potremo quindi sentirci finalmente un vero e proprio avvocato sentendo la parola OBJECTION rimbombare dalle nostre casse. Purtroppo in questa versione non avrete la possibilità di utilizzare il microfono del vostro dispositivo per urlare a squarciagola Objection con tono deciso e inquisitorio, ma siamo sicuri che questa piccola mancanza non andrà ad incidere particolarmente sulla vostra immersione.

Questo ciclo di alternanza tra investigazione e processi potrà durare fino a 3 volte in quanto, secondo alcune nuove leggi promulgate sul suolo nipponico a detta del gioco, per evitare il prolungamento ad oltranza dei processi si è deciso di farli durare non più di 3 giorni. Al di là degli ovvi dubbi di costituzionalità che possano sollevarsi, questo permette un giusto bilanciamento tra le necessità di trama e permettere al giocatore di appassionarsi ai vari personaggi coinvolti di volta in volta, senza andare ad inficiare l’esperienza con capitoli infiniti con il tedio che avanza inesorabile. C’è da dire che, nonostante questo, vi sono comunque occasioni in cui questo capiterà e ci chiederemo quanto ancora la persona che ci troviamo di fronte abbia intenzione di negare l’ovvio e confessare il suo crimine…

…Con dei non troppo normali imputati

I più o meno loschi figuri che incontreremo nel corso dell’avventura in Phoenix Wright sono sicuramente ciò che davvero rende unica l’esperienza. Ci troveremo di fronte dall’impacciato ragazzino innamorato della propria ragazza a vecchine arzille che cercheranno di fare colpo su di noi ad ogni occasione, di volta in volta con un travestimento diverso, a procuratori dotati di frusta all’interno del tribunale, passando per finti cowboy giapponesi intenti a far finta di bere alcol dalla propria fiaschetta, senza dimenticare che a supportarci nella nostra avventura sia una medium dai vestiti degni di una armatura di altissimo livello in un J-RPG.

 

L’umorismo, insomma, non viene mai a mancare e viene supportato dalle animazioni estremamente over the top dei vari personaggi, che mostreranno di volta in volta le loro espressioni migliori. Questo, unito alla bizzarria di alcune situazioni che ci si presenteranno davanti e il continuo richiamo a giochi di parole e allusioni di ogni tipo contribuiscono a rendere più piacevole un gioco che, se eliminiamo il sostrato di ilarità e assurdità che lo permane, cerca comunque di mettere in luce problematiche molto serie della società nipponica e, in particolare, il malfunzionamento della macchina giudiziaria, che anche nella realtà pare essere stata costruita per ottenere a tutti i costi l’incriminazione dell’imputato per mantenere più basse possibili le percentuali di criminalità all’interno del paese. L’aggressività dei procuratori, infatti, unita alla buffa goffaggine dell’amato Detective Gumshoe, fuor di metafora vuole portare il giocatore a ragionare su cosa comporti un sistema di tipo giustizialista pronto a puntare il dito immediatamente senza una previa accurata indagine.

Qualche obiezione sul porting

A livello di porting, non aspettatevi meraviglie dal punto di vista tecnico o succose novità rispetto alle versione precedenti. Così come nella versione mobile, la grafica pixellosa che caratterizzava i Phoenix Wright per GBA/DS è stata sostituita da uno stile più morbido e arrotondato, perdendo a nostro avviso un po’ del fascino originale e accostandolo ad uno stile più classico da VN nipponica. Di esse presenta anche un altro problema fondamentale, ovvero la presenza limitata di slot di salvataggio. Phoenix Wright: Ace Attorney Trilogy fornisce al giocatore un totale di 10 salvataggi in tutto, in comune tra tutti e 3 gli episodi. Per quanto si tratti comunque di una miglioria rispetto all’unico presente nella versione originale, si tratta comunque di una limitazione che non trova una risposta logica.

Per quanto riguarda altre opzioni, ci troviamo di fronte a delle scelte comunque molto limitate: potremo decidere se attivare o meno la vibrazione del nostro controller in caso decideremo di utilizzarne uno per giocare o di disabilitare quel fastidioso tremolio dello schermo. Come già accennato in precedenza, vi è un piccolo problema di configurazione dei tasti che non permetterà al giocatore di giocare utilizzando unicamente il mouse ma dovrà per forza di cose utilizzare anche la propria tastiera, in quanto non è possibile riconfigurare tasti del mouse.

Il gioco, infine, non presenta al suo interno la vecchia localizzazione italiana fatta uscire ai tempi. Per quanto questo possa essere un ostacolo per alcuni, fidatevi che non vi perdete assolutamente nulla: mentre infatti il lavoro effettuato sulla localizzazione inglese è stato sopraffino, riuscendo a trasmettere lo spirito e l’ilarità del testo originale in una lingua completamente differente, la versione italiana si trattava di una pura e semplice traduzione della versione inglese, rovinando gran parte dei giochi di parole senza prodigarsi di localizzarla in maniera adeguata. Abbiamo invece apprezzato moltissimo l’aver inserito la possibilità di assaporare il gioco in lingua giapponese, anche se non è possibile cambiare da una lingua all’altra nel corso dell’avventura e saremo costretti ad uscire nel menu principale.

In conclusione

Phoenix Wright: Ace Attorney Trilogy non presenta molte novità rilevanti rispetto alle versioni uscite in precedenza. Se non avete mai giocato a nessuno dei titoli questo è sicuramente il punto migliore da cui partire, in quanto la versione più accessibile e più facile da recuperare. Chi vi scrive ha amato alla follia i giochi all’uscita e se la sentirebbe di consigliarli a chiunque sia alla ricerca di un gioco investigativo che sappia non prendersi completamente sul serio e sappia strapparvi anche qualche risata. Il porting per PC presenta qualche problematica ma nulla che vada ad inficiare particolarmente l’esperienza. Armatevi di badge da avvocato, aria nei polmoni e OBJECTION!

Il gioco è stato provato per voi in versione PC, Steam.

 

This post was published on 18 Aprile 2019 14:24

Sebastiano Pezzile

Veneziano di provincia, nato e cresciuto a pane e sale giochi, tra una partita a Metal Slug e una sudata sul DDR. Appassionato di Esports e tutto ciò che concerne la competizioni nei videogiochi. Nel tempo libero speedrunna giochi ormai dimenticati, si fa ammazzare di botte su Tekken e gioca quei giochini indipendenti sperimentali che piacciono gli hipster come lui.

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