Ah, come non amare i librigioco: in questa recensione di Fra Tenebra e Abisso: la Megera ci tufferemo insieme nell’esperienza dei librogame, un passatempo elegante, per tempi più civilizzati. Chi ha riconosciuto la citazione lo scriva pure nei commenti, e vincerà l’eterno rispetto di chi scrive.
Detto questo, passiamo a vedere i punti positivi e quelli negativi del secondo capitolo della serie di Fra Tenebra e Abisso, prima di tirare le nostre somme.
Un librogame è una sorta di racconto a bivi: un po’ come quelli pubblicati taaaanti anni fa su Topolino, ma qui si muore spesso. E dico davvero: molto spesso. Come sempre il libero arbitrio può essere una fregatura: basta scegliere un percorso diverso per proseguire indenni o fare una brutta fine. Questo fattore aggiunge una rigiocabilità (o ri-leggibilità?) che, di norma, i comuni libri non hanno.
Fra Tenebra e Abisso: la Megera, inoltre, è un librogioco tutto italiano: è stato infatti realizzato dallo sviluppatore torinese TEAsoft, e sul Play Store sta andando alla grande.
La Megera va letto con la voce di Christopher Lee. No, non con la vostra, né con la mia. Silenziate le notifiche, abbassate le luci, e immaginate che la storia venga narrata da Saruman o del Conte Dooku, la cui voce italiana è quella di Omero Antonutti (tranne che in Star Wars Episodio II: L’attacco dei cloni).
Le parole scorrono calde e morbide, asciutte e avvolgenti: come velluto, appunto.
A differenza di molti giochi per smartphone, infatti, non solo il testo è assolutamente privo di refusi, ma anche la sintassi e lo stile sono quelli di un romanzo, più che di un gioco mobile.
Non è stato curato soltanto il testo: anche il comparto grafico è di altissima qualità. Con pochi tratti e due o tre colori, le immagini riescono a comunicare l’angoscia, il pericolo e lo sforzo eroico del protagonista, senza mai scadere nel già visto, già sentito.
Questo aspetto, purtroppo, è un po’ penalizzato a causa del mezzo scelto: lo schermo di uno smartphone non è esattamente il massimo per poter apprezzare pienamente questo titolo. Sarebbe meglio optare per un tablet o, ancora meglio, giocarlo su un PC con BlueStacks.
Ancor più che nel titolo precedente, in Fra Tenebra e Abisso: la Megera le scelte contano. La mortalità è nettamente più alta rispetto a Il Marchio, e la scelta del percorso migliore a volte è contro-intuitiva e tutt’altro che scontata.
Questo significa che ci si può anche perdere. Ed è capitato.
Avere carta e penna a portata di mano sicuramente non guasta, anche perché in alcuni punti sembra quasi di sentire la voce di un Master serio e arcigno, semi-nascosto dietro il suo schermo nero, bianco e rosso.
Quando si scrive di antiche e spesso intangibili entità del Caos, è piuttosto difficile non fare riferimenti al Solitario di Providence. Quando però si leggono frasi come «nemesi dei veglianti», «oltre le lune di Ygg» e «il caos primevo regna di nuovo sui cuori del dormiente», allora l’omaggio a H. P. Lovecraft è palese e voluto. Tanto di cappello.
Come in ogni opera umana, non ci sono soltanto aspetti positivi.
Nelle mie due esperienze di gioco su Fra Tenebra e Abisso: la Megera, ho riscontrato un paio di aspetti che hanno un po’ danneggiato il seppur alto livello qualitativo dell’avventura.
Partiamo dal meno grave dei due.
In alcuni punti la grande libertà di scelta può essere un’arma a doppio taglio: in particolare quando ci troviamo ad affrontare un ponte -prima- e una fuga disperata -poi-, il gioco può risultare dispersivo, ed è facile smarrirsi e dover girare più e più volte tra gli stessi capitoli.
La sequenza della fuga, soprattutto, è ripetitiva e frustrante; non essendoci malus o comunque rinforzi negativi in occasione della morte, si tratta solo di provare più e più volte fino ad arrivare al successo, senza in realtà rischiare nulla, e senza sentirsi coinvolti più di tanto.
Anche in quel caso direi che con carta e penna, o con un qualunque altro metodo per prendere appunti, si elimina in gran parte il problema.
Le dolenti note. Capisco perfettamente che la pubblicità sia necessaria per supportare un gioco che all’utente non costa nulla, e so benissimo che questo capitolo offre anche una modalità premium, priva di pubblicità.
Non ho niente in contrario a una barra con pubblicità scorrevoli, in alto o in basso sullo schermo, che mostri pubblicità durante tutta l’esperienza di gioco; infatti questa è presente, e non dà fastidio. Il problema, invece, è che la narrazione viene frequentemente interrotta da pubblicità a tutto schermo, ogni circa quattro o cinque pagine, a cui bisogna sommare anche la richiesta di acquistare la versione Premium dell’app, che compare ogni tanto.
L’immersione va un po’ a farsi friggere, e mentre l’immersività -appunto- era uno dei principali punti di forza del primo capitolo, in La Megera non si riesce a concentrarsi e a far scattare la sospensione dell’incredulità: per gran parte delle pagine si è coscienti di avere uno smartphone in mano e di leggere su uno schermo.
Fra Tenebra e Abisso: la Megera è un gioco che va assolutamente provato una, due o magari tre volte. Questo librogioco gratuito offre un’esperienza molto simile a quella di una sessione di gioco di ruolo vecchio stile, con alcuni ovvi vantaggi: puoi giocare quando vuoi, dove vuoi, senza aver bisogno di un intero gruppo.
Nonostante il piccolo intoppo legato alle frequenti pubblicità a tutto schermo, si riesce a immedesimarsi nel protagonista, sebbene in misura appena appena minore rispetto a Fra Tenebra e Abisso: Il Marchio, che resta un capolavoro, di cui trovi qui la nostra recensione.
E non dimentichiamoci della nera ciliegina sulla torta: Ciakko è sempre più prezioso.
In attesa del terzo capitolo della serie, non resta che giocare di nuovo a Fra Tenebra e Abisso: la Megera, possibilmente acquistando la versione Premium senza pubblicità, o magari ripartire dal primo capitolo, compiendo stavolta scelte diverse. Che contano. E vengono conservate da un capitolo all’altro. Nel bene e nel male.
This post was published on 20 Ottobre 2018 12:00
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