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Recensioni

The Wardrobe: Rabbia, amicizia e scheletri nell’armadio

The Wardrobe è un puntaeclicca di recente pubblicazione che ho avuto occasione di giocare questo Natale insieme alla mia ragazza; sua sorella ha pensato di regalarglielo e noi lo abbiamo letteralmente squagliato durante le vacanze appena trascorse.

La cosa che mi ha subito colpito del titolo è stato il suo essere un prodotto genuinamente italiano. Non immaginavo affatto che esistessero case di produzione nostrane, in questo caso la Cinic, che si cimentassero nella realizzazione di videogiochi dalla metodologia “cosi antica”, e questo è stato per me motivo di Sorpresa.

La seconda cosa che mi ha molto colpito è stato il modo in cui si è deciso di impostare il tema del gioco in modo cinico e scanzonato, riuscendo a strappare più di un sorriso al giocatore che ci si avvicina; è palese come “Night of Roasted Moths” e l’ironia del suo protagonista Tony Tough abbiano fatto scuola per questi ragazzi. Se siete perplessi dai nomi che ho appena snocciolato, beh, mi limiterò a dirvi che si tratta del titolo di un altro puntaeclicca che giocai ormai più di dieci anni fa con quella che all’epoca era la mia ragazza (curioso come giochi a questo genere di videogame sempre e solo con le mie ragazze).

La terza cosa che mi ha sorpreso è la quantità di citazioni presenti nel corso dell’avventura. Il gioco ne è letteralmente zeppo e tutte si rifanno, sempre e comunque, a qualunque cosa possa essere anche solo lontanamente assimilabile alla sottocultura Nerd. Tornerò però su questo punto più avanti.

La quarta cosa che mi è rimasta impressa è la difficoltà. Ragazzi è difficile che io non riesca a risolvere un enigma e qui, mi duole ammetterlo, ho avuto difficoltà. Difficoltà che non mi sono affatto piaciute ma su cui avrò modo di tornare fra poco. Credo infatti di star correndo troppo, dato che nemmeno vi ho detto di cosa parla questo titolo e già sono alla fine del mio discorso e del perché associ irrimediabilmente questo titolo alla Rabbia piuttosto che alla Sorpresa, quindi REWIND.

The Wardrobe racconta la storia di due cari amici: Ronald e Skinny.
Le prime immagini – splendide immagini, davvero – sono dedicate a spiegarci l’antefatto, ovverosia perché sulla copertina in qualità di protagonista vi sia uno scheletro. Questo è Skinny, morto durante una scampagnata con il suo compagno Ronald a causa di una non diagnosticata allergia alla prugne offerte da quest’ultimo, ora costretto a vivere di nascosto all’interno dell’armadio del suo amico in qualità di scheletro. Da qui il titolo del gioco.

Skinny è da tempo cosciente del pericolo che incombe su Ronald ma, per un motivo o per un altro, non ha mai voluto/potuto metterlo a parte: se infatti entro 5 anni dalla sua morte Skinny non costringerà Ronald a “rivelare” i suoi crimini – l’averlo ucciso – l’anima dell’amico fraterno sarà irrimediabilmente ed eternamente dannata. Si, lo so, è un grande classico ma The Wardrobe ha saputo declinare in modo differente questo cliché: Ronald non ha infatti alcuna colpa, dato l’allergia che ha causato la morte dell’amico era sconosciuta a chiunque, e Skinny vuole evitare con tutte le sue forse che il suo bestfriend sia vittima di tale triste destino.

Che bello: finalmente al centro di un gioco viene posto l’amore fraterno fra amici, il leitmotiv più interessante che percepisco da diverso tempo in una avventura grafica che finalmente oggi pone la lente d’ingrandimento su quel qualcosa che stroppo spesso si da per scontata: il valore di una amicizia.
Ammirevole mia cara Cinic, ammirevole! Ben fatto.

 

Ma allora, se The Wardrobe mi è piaciuto cosi tanto perché se mi viene in mente mi arrabbio cosi tanto da sentirmi costretto a porlo nella sezione Rabbia delle mie emozioni piuttosto che in quello della Sorpresa? Presto detto.

Come accennavo su ho percepito due note veramente negative nel gioco. Una è puramente un mio gusto estetico e quindi può essere condivisibile o meno, l’altro invece è un difetto che non può non essere evidenziato per un tipo di gioco come questo: il punta e clicca.

Ve li ricordate tutti quei giochi di Monkey Island, Indiana Jones, Broken Sword, etc.? Bene. Tutte hanno una premessa “usare tutto con tutto non è un buon modo di completare una avventura grafica” (grazie Tony Tought per questa sublime affermazione, ne ho fatto tesoro come vedi). Ecco, The Wardrobe purtroppo costringe a questo, usare tutto con tutto per andare avanti o peggio… cimentarsi nella ricerca di una soluzione su internet.

Follia allo stato puro. Se infatti nella prima parte del gioco – dedicata a far caricare il proprio armadio sul furgone che sta operando il trasloco di casa di Ronald – tutto sommato questa massima è rispettata e si mescola bene con citazioni di altri prodotti, leggasi l’enorme vagabondo addormentato che ci ostruisce l’uscita e che dovremmo svegliare per farlo andare via (sento dire Snorlax li, in fondo alla sala: si, avete ragione), è incomprensibile come e perché nella seconda parte del gioco – far portare sempre l’armadio nella nuova abitazione di Ronald, dopo che questo è stato cestinato nella discarica – tutto ciò scompaia.

Ci troveremo quindi davanti indovinelli che devono essere risolti in modo che definire “creativo” è riduttivo, minando notevolmente il divertimento del giocatore che si troverà più volte costretto a chiedersi “ma perché diavolo dovrebbe funzionare una cosa simile?” Non mi dilungherò su questi indizi casomai voi vogliate giocarlo – odio gli spoiler – ma sono certo che anche voi ad un certo punto vi troverete costretti a porvi la domanda “è giusto che io consulti una guida per finire questo titolo?

Sono certo che non era intenzione della Cinic sbilanciarsi cosi tanto verso una direzione simile pur aumentare la difficoltà del gioco ma davvero non trovo alcuna spiegazione a questo. Ecco quindi da dove nasce la mia Rabbia e la mia frustrazione, da
A) non essere in grado di comprendere la sottigliezza dell’indovinello di turno.
B) essere costretto a ricorrere ad una guida per sapere come finisce il gioco.

Fortunatamente ci pensa il finale a risollevare lo spirito, mostrandoci uno dei miglior Happy Ending degli ultimi tempi, talmente forte da far commuovere anche uno come me.

In conclusione considero The Wardrobe un ottimo prodotto ma che purtroppo ha mancato l’occasione di essere coerente con se stesso – l’essere una avventura grafica – soffermandosi forse fin troppo sul citazionismo, a volte a dir poco esasperante. L’orgia di riferimenti in cui vi troverete a navigare, se inizialmente può risultare divertente ed invitare un giocatore a tentare di scoprirle tutte, alla lunga stanca e pone un interrogativo non da poco che recita grossomodo cosi “era davvero necessario mettere ANCHE questo qui?“. Se queste, infatti, hanno un risvolto nell’avvicendarsi della storia come quella dedicata a Stanlio&Olio e del vagabondo su citato, in altre non trovano luogo o addirittura risultano fastidiose: esempio di quest’ultimo caso è l’insistenza con cui il coniglio di Donnie Darko ci comunicherà quanto tempo manca alla fine del mondo ogni volta che entreremo nella casa della festa di Halloween.
Divertente la prima, simpatica la seconda e la terza, fastidiosissima dalla 30esima volta in poi.

Quindi caro amico, te lo dico da amico, se vuoi avvicinarti a The Wardrobe, che è si uno spettacolo per gli occhi e si divertente ed è si bello da giocare e da scoprire, mettiti l’anima in pace e sappi fin da subito che potresti trovarlo frustrante in alcuni suoi passaggi.

This post was published on 21 Gennaio 2018 17:09

Andrea De Bellis

Appassionato da sempre di gioco di ruolo, intervallo per anni la mia vita tra questi, lo studio e il lavoro. Dopo un periodo da giornalista professionista decido di laurearmi in storia, mia altra grande passione. Da qui il passo alla scrittura è breve. Comprendendo come l'intrattenimento non possa essere in alcun modo scisso dal provare emozioni, mi propongo quale recensore emozionale per Player.it, ideando e curando nel frattempo le rubriche "Italy&Videogames", "Interviste Impossibili", "LARP: A Night With...", "Autori di Ruolo: D12 domande a..." e "Spade di Gomma", scrivendo il romanzo "Il diario del dott. Flammini" e ideando e lanciando le rubriche "Venerdì Oldies" e "Recensioni Emozionali", sostenendo sempre quanto sia più interessante parlare di "cosa suscita un titolo quando lo si gioca" piuttosto che l'evergreen "cosa è e come come funziona questo gioco". Il gioco è intrattenimento, l'intrattenimento è emozione, l'emozione è vita.

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