Legrand Legacy nasce come una letterina d’amore, una di quelle scritte a penna e imbustate con dolcezza in una domenica pomeriggio; letterina destinata ad un pubblico ben preciso: tutti gli appassionati del JPRG vecchia scuola.
E’ innegabile infatti dire come il gioco di ruolo giapponese, specie nella sua accezione più classica, nel corso degli ultimi tempi non stia passando un bellissimo periodo. I tentativi di rianimazione non sempre sono andati a buon fine, saghe storiche come Final Fantasy sono finite per diventare divisive a causa delle strade percorse in nome dell’innovazione mentre altri hanno finito per riproporre lo stesso videogioco più o più volte nella speranza di sbarcare il lunario.
I ragazzi di Semisoft, spinti da un’ amore incommensurabile e da una campagna kickstarter da 45000£, hanno provato a chiudere il buco presente nei nostri cuori con un titolo tutto sommato niente male.
Legrand Legacy non si fa problemi ad omaggiare a più riprese la golden age dei giochi di ruolo giapponesi.
Tutte le caratteristiche che hanno reso famosa la saga squaresoft durante gli anni novanta ci sono: sfondi pre-renderizzati ? Check ✓; Personaggi dall’estetica anime ? Check ✓; Combattimenti a turni ? Check ✓!
Anche la trama suona jrpg sin dal primo vagito: una volta selezionata l’opzione di new game ci si presenterà davanti un filmato in un’ apprezzabile Computer Graphic con il nostro protagonista Finn mentre viene deportato verso una gigantesca arena circolare.
Qui si ritroverà a combattere un enorme figuro chiaramente troppo cresciuto per lui; nonostante l’iniziale svantaggio la situazione verrà risolta dall’utilizzo di un misterioso potere di cui il nostro protagonista non sa molto.
Chiunque abbia letto questo incipit sa già benissimo dove tutto andrà a parare: un manipolo di eroi si ritrova invischiato in una faccenda più grande di loro con il destino del mondo nelle proprie mani e blablabla.
Purtroppo la trama, già sofferente una certa non-originalità, viene portata avanti da una sequela di personaggi non esattamente spettacolare.
Finn ad esempio si ridurrà ben presto ad essere un noioso eroe senza (troppa) spina dorsale incapace di intavolare discorsi memorabili; Aria, la protagonista femminile, finirà per richiamare in più episodi la tsundere classica dell’animazione giapponese e così via.
Fortunatamente, nonostante queste premesse non esattamente meravigliose, il titolo si difende piuttosto bene.
Il gameplay del titolo, come nel migliore dei giochi di ruolo giapponesi, è spezzato tra esplorazione e combattimenti a turni.
Il primo elemento è estremamente canonico e consiste nel portare a passeggio il nostro eroe negli ambienti incredibili di cui è composto il titolo.
L’esperienza della navigazione è tale e quale a ciò a cui eravamo stati abituati nel corso degli anni novanta: un tasto per mostrare dove i principali snodi tra le ambientazioni e la propria posizione, un tasto per aprire gli eventuali scrigni o interagire con il resto del mondo ed un tasto per aprire il menù. Il tutto condito con gli immancabili save points che, fortunatamente, non sono l’unico modo per salvare la propria partita.
Purtroppo il nostro manipolo di eroi verrà ostacolato di continuo da una fauna non certo ospitale sempre presente su schermo, un po’ come succedeva nel buon vecchio Chrono Trigger.
Entrare in contatto con il nemico inizierà automaticamente una battaglia; se si riesce ad aggirare il nemico e a toccarlo mentre non ci vede sarà possibile iniziare la battaglia con un consistente bonus alla turnazione.
Le battaglie andranno svolte selezionando da un apposito menù, turno per turno, comandi di varia natura: è possibile attaccare con la propria arma, difendersi dal successivo attacco nemico o utilizzare delle abilità chiamate “grimori“.
Ogni qualvolta si esegue un azione comparirà su schermo un cerchio con un’ area evidenziata; colpendo l’area evidenziata con il tasto segnalato all’interno del cerchio si otterranno bonus come attacchi critici o difese impenetrabili. Questa meccanica, sebbene non originalissima (*coff coff* Il Judgement Ring di Shadow Hearts *coff coff*) funziona bene e regala ai riflessi del giocatore tanta importanza quanta alla preparazione strategica.
Abbattere i nemici però non vuol dire soltanto attaccare ripetutamente, anzi viene posta molta attenzione sulle affinità elementali che regolano il mondo di Legrand Legacy; utilizzare nel modo corretto le debolezze di ogni avversario è sicuramente la metodologia migliore.
Oltre ai nostri nemici però avremo anche a che fare con l’ambiente a noi circostante: ogni tipologia di ambiente avrà con se una meccanica che influenzerà in un modo o nell’altro i nostri personaggi durante l’esplorazione dei dungeon.
Per fare il più banale tra gli esempi: il deserto con la sua arsura infernale farà scendere ogni tot tempo gli health points dei nostri personaggi rendendo necessarie cure più frequenti.
Purtroppo alle volte queste meccaniche ambientali unite a nemici agguerriti e ad un respawn rate di questi ultimi,alle volte, troppo elevato rendono stupidamente frustrante il titolo obbligando il giocatore ad un’ avanzamento lento e poco fluido che viene ulteriormente funestato da un’ economia in-game decisamente poco permissiva.
I mostri del titolo alla morte non droppano soldi ma loot generici che vanno venduti o utilizzati come materiali per il crafting. Questo obbligherà il giocatore a scegliere con grande cura cosa vendere per comprare delle pozioni e cosa mantenere per migliorare la propria condizione in battaglia. Il tutto, a causa del già citato bilanciamento, rende difficile un’ avanzata fluida e divertente dall’inizio alla fine.
Da segnalare inoltre la presenza di una particolare modalità di battaglia che ricorda molto da vicino le battaglie campali del buon vecchio Suikoden II in cui due schieramenti cozzano tra loro con in un ottica da SRPG.
Dove Legrand Legacy splende di luce propria è il comparto tecnico: il titolo è una vera e propria meraviglia sia per le proprie pupille che per i propri timpani. Gli sfondi che caratterizzano la nostra avventura sono di qualità eccelsa e richiamano in più occasioni gli splendidi lavori che hanno caratterizzato titoli come Chrono Cross o Final Fantasy IX.
I modelli poligonali dei nostri personaggi, nonostante non brillino per qualità o per numero di poligoni, si amalgamano correttamente con il resto del mondo di gioco creando lo stesso feeling visivo dei titoli ps1 tanto amati dal team.
Altrettante belle parole si possono dire sul comparto musicale che caratterizza il titolo: la colonna sonora, ampiamente ispirata ai lavori di pezzi da novanta come Nobuo Uematsu o Yasunori Mitsuda, presenta un’ ampia selezione di temi ariosi ed orchestrali con melodie memorabili e strumentazioni variegate.
Un ascolto che probabilmente entrerà nelle playlist degli appassionati del genere senza troppi problemi.
Ultimo grande punto a favore per Legrand Legacy: la longevità azzeccata.
La durata del titolo si attesta infatti sulle trenta/quaranta ore e, nonostante alcune sezioni un po’ trascinate, si conferma come durata corretta per un titolo che poteva tranquillamente essere dilungato oltre la soglia di sopportazione.
Legrand Legacy è un gioco pieno d’amore che guarda con gli occhi a cuoricino un’intero immaginario videoludico. Nel corso della decine di ore di gioco necessarie al completamente troverete piccoli richiami e situazioni che sembrano provenire da un’epoca ormai lontana. Dedicato a tutti gli appassionati ma in grado di far sorridere (ed arrabbiare) i neofiti.
Abbiamo recensito Legrand Legacy grazie ad una key di steam fornitaci da Semisoft.
This post was published on 15 Febbraio 2018 16:01
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