Chi ha paura del buio? La risposta di Gattai Games si traduce in un esperimento ludico che mette il giocatore in dialogo con l’oscurità che lo circonda.
Articolo a cura di Simone Alvaro “Guybrush89” Segatori
Nato come progetto sperimentale di alcuni studenti di Singapore, Stifled attira immediatamente l’attenzione di Sony che lo supporta e lo trasforma in un gioco per Playstation VR. Il motivo di tanto interesse è chiaro sin da subito: Stifled prende vita da una meccanica geniale che prevede l’uso della voce per orientarsi in un ambiente completamente oscuro.
Simile allo stridio di un pipistrello, la voce del giocatore dà forma all’ambiente circostante e a tutti gli elementi di gameplay nascosti nel buio. A seconda dell’intensità di input la voce estende il suo raggio d’azione, proprio come quello di un radar, e permette di visualizzare sezioni di gameplay ancora più distanti. L’ambiente circostante non è l’unico a reagire al suono della nostra voce perché l’oscurità cela strane creature che sono in grado di trovarci proprio attraverso i suoni. Con l’ausilio di qualche pietra è però possibile distrarre questi mostri il tempo necessario ad uscire dal loro raggio d’azione e mettersi in salvo nella zona successiva. Purtroppo non è possibile combattere in alcun modo e tutto quello che dovremo fare è scappare.
UN VIAGGIO STRANO
Un sogno. Un incubo. Qualcosa di spaventoso e a tratti grottesco. Una ricerca. Il dolore di una perdita. La storia di Stifled è strana, fin troppo e sin dal primo momento. Il protagonista si risveglia, presumibilmente a casa sua, mettendosi alla ricerca della moglie o del suo ricordo. La donna, quasi come fosse evanescente, scompare e riappare tra le stanze, ingannando le percezioni dell’uomo finché quest’ultimo non si ritrova in un mondo fatto d’ombra dove l’unico modo per interagire con lo spazio è il suono della sua voce.
Una metafora spezzata, potremmo riassumere così la narrazione di Stifled. Un racconto in cui vengono suggerite al giocatore molte idee sulla possibile trama ma che poi non riescono a raggiungere una conclusione vera e propria. Si fatica a stare dietro ai concetti e il risultato è un mix di situazioni assurde e mai pienamente motivate. Anche il fatto di farsi strada con il solo suono della voce non viene mai giustificato narrativamente, tutte mancanze che avrebbero giovato parecchio all’economia del gioco.
UN GRIDO NEL BUIO
Stifled è progettato per funzionare su Playstation VR e dobbiamo ammettere che la sensazione di immersione ci ha soddisfatto abbastanza ma attenzione: se soffrite di motion sickness questo gioco potrebbe causarvi problemi già durante i primi minuti. La realizzazione tecnica non offre una grafica particolarmente curata ma abbiamo apprezzato le fasi al buio in cui la voce disegna scenari simili al gesso su una lavagna. Utilizzare la voce è interessante e parlare da VR risulta estremamente comodo. Alla lunga però diventa stancante anche perché il gioco non stimola in alcun modo ad usare la voce in maniera creativa e dopo i primi minuti vi ritroverete a preferire il caro vecchio controller. Premendo R2 il protagonista sfoggerà il suo repertorio di frasi, totalmente doppiate in italiano, che però si riduce ad un paio di domande ripetute per tutta l’avventura.
COMMENTO FINALE
Se la particolare gestione di suono e spazio del gioco fosse la base di una meccanica più ampia e approfondita a quest’ora saremmo ancora con il visore in testa a cercare di farci strada nell’oscurità con urla e schiamazzi. Il problema è che quella descritta è l’unica meccanica presente nel gioco e superata la prima mezz’ora di novità e stupore, tende a sfiancare il gameplay rendendolo estremamente ripetitivo e noioso. Il titolo di Gattai Games infatti non riesce a lasciare l’aula studentesca in cui è stato progettato e tutto il suo potenziale viene oscurato da uno sviluppo, creativo e tecnico, acerbo e ancora troppo sperimentale. Una bozza con grandi aspirazioni, ma pur sempre una bozza.