Vi ricordate quel luogo con le insegne luminose, pieno di strani cabinati con pulsanti colorati e levette cigolanti? Quando ero bambino la sala giochi era un posto magico, uno spazio dove la scritta “insert coin” era capace di trasportarmi in un altro mondo, alla modica cifra di qualche gettone. C’era chi spendeva i suoi per perdersi in labirinti con spettri e palline, chi li usava come proiettili per ricaricare pistole rosa e blu e chi invece girava tra i coin-op con il gettone in mano pronto a gridare “Here comes a new challenger!”. Era un luogo in cui ci voleva tempo per imparare a giocare, sudando su ogni gettone, fino ad assimilare ogni mossa, fino a diventare campioni. Cuphead è nato lì, su quella distesa di moquette e gomme da masticare, tra il rumore delle macchinette cambia gettoni e la musica dei bumper, tra le imprecazioni della maggior parte dei giocatori e la soddisfazione di quei pochi che invece ce l’avevano fatta, inserendo un marchio di tre lettere in cima a torri di avversari sconfitti. Abbiamo provato a lungo l’opera prima dei fratelli Moldenhauer e ci siamo sentiti nuovamente quei bambini con le tasche piene di gettoni!
recensione a cura di Simone Alvaro “Guybrush89” Segatori
La generazione Arcade. È da lì che viene il platform run and gun di Jared e Chad Moldenhauer, due fratelli che con gli altri componenti di STUDIO MDHR ci hanno fatto penare per poter mettere le mani sul loro lavoro. Cuphead è stato annunciato più di tre anni fa e ogni volta che era vicino all’uscita veniva rimandato, modificato, ricalibrato e quando ormai pensavamo all’ennesimo rinvio eccolo finalmente arrivare pronto a togliere i veli su uno dei titoli indie più attesi degli ultimi anni.
La storia si riassume tutta nel sottotitolo “Don’t Deal with the Devil”: Cuphead e Mughead finiscono per perdere la loro anima in una scommessa con il diavolo il quale, in un eccesso di magnanimità o di furbizia, decide di lasciargliela se i due gli porteranno indietro l’anima di alcuni suoi vecchi debitori. Da qui parte l’avventura dei due piccoli eroi nell’universo di Inkwell che potremo esplorare tramite una mappa e che serve al giocatore da grande hub per selezionare i livelli da affrontare, acquistare i potenziamenti e parlare con gli NPC. Inizialmente si potrà accedere solo ad alcune aree della mappa ma superando le sfide proposte dal gioco verranno aggiunti dei ponti e delle scale per poter visitare ogni zona. Interessante anche la possibilità di raggiungere le nuove aree sfruttando delle scorciatoie nascoste dagli elementi della mappa ma che possono essere trovate seguendo le indicazioni di alcuni NPC.
Cuphead è un platform bidimensionale, diverso e scomposto. Non ci sono livelli da superare al cui termine vi attende il boss finale, i livelli stessi sono il boss finale, tutti selezionabili dalla mappa. Questo vuol dire che il gioco è rappresentato da una continua boss rush? Si e no, perché sempre dalla mappa sarà possibile affrontare delle fasi platform chiamate Run and Gun in cui completare un vero e proprio livello popolato da tantissimi nemici e da monete da raccogliere. Saranno queste infatti il vero obiettivo del Run and Gun, delle grosse monete d’oro che serviranno a comprare i potenziamenti dal carretto del rivenditore disponibile in diverse zone della mappa principale. Ogni Run and Gun è ben congeniato, presenta meccaniche differenti ed esplora tutte le potenzialità che questo genere videoludico può offrire. Si va dalle classiche piattaforme mobili a quelle attivabili tramite pulsante, dai precipizi alle passerelle rimbalzanti fino ad arrivare a corridoi affollati da un traffico di macchinine giocattolo da evitare invertendo la gravità (e i comandi) del personaggio. Il tutto condito da nemici progettati appositamente per funzionare in combo l’uno con l’altro e mettere in serie difficoltà il giocatore, come un tappetto rimbalzante in grado di far saltare più in alto il giocatore ma anche di farlo andare incontro a palloncini esplosivi. Oltretutto il tappetto rincorre il giocatore costringendo quest’ultimo a studiare il momento opportuno per farne uso oppure evitarlo.
Il cuore del gioco però sono i combattimenti con i boss, separati dal Run e Gun (che potrebbe essere il livello vero e proprio), e fruibili come un livello a parte. Le boss battle sono delle esperienze uniche, tutte diverse, estremamente strategiche, meravigliose da vedere e divise in fasi che a volte cambiano lo stesso gameplay da run and gun, a sparatutto, a corsa ad ostacoli, portando i due piccoli eroi anche a bordo di alcuni aeroplani. Il gioco permette di affrontare i Boss a due livelli di difficoltà: il “Regular”, lo scontro classico che vede il boss raggiungere tutte le sue fasi di trasformazione, e il “Simple”, uno scontro più semplice rispetto a quello Regular ma che permette di raggiungere con più facilità le fasi successive del boss e di perfezionarsi su queste. La difficoltà Simple però presenta un avversario menomato di alcune delle sue fasi di trasformazione e non permette di ottenere il contratto necessario da riportare al diavolo, va quindi considerata solo come una sorta di modalità per fare pratica. Non ci soffermeremo sul dettaglio nelle meccaniche di ogni boss battle, anche perché ci vorrebbe una guida strategica a parte, sappiate solo che ogni boss ha più trasformazioni o fasi che verranno scandite alla fine dell‘incontro da un piccolo diagramma con delle bandierine che mostra la fase in cui siete arrivati e quanto mancava alla fase successiva. In questo modo avrete la possibilità di regolarvi, di dosare le vostre vite ma soprattutto le Super Mosse. A fine missione inoltre vi verrà mostrato un resoconto con un voto che riporta le vite perse, i Parry effettuati e le Super che avete eseguito.
Pur essendo solo delle tazzine con braccia e gambe, Cuphead e Mughead sono dei letali combattenti. I due eroi potranno saltare, scivolare (in aria e a terra), sparare ed eseguire il Parry. Questa è una abilità di base dei personaggi e permette di distruggere alcuni proiettili o componenti avversarie di colore rosa (oltre a riportare in vita l’anima del secondo giocatore in coperativa). Per attivare il Parry bisognerà saltare addosso a questi elementi rosa e premere di nuovo salto al contatto. Il personaggio schizzerà nuovamente in aria eseguendo un doppio salto e ricaricando la barra della super mossa. Ogni personaggio avrà a disposizione un indicatore composto da alcune carte da gioco, cinque in totale, che mostrano i super colpi disponibili. L’arsenale dei due eroi potrà essere ampliato dai negozi carrozzoni sparsi per la mappa. È possibile acquistare diversi tipi di sparo che cambiano per colore, forza, gittata e conformazione: c’è il fascio di luce classico che attraversa lo schermo da parte a parte, quello che va caricato, quello che si sdoppia in tre ma finisce qualche passo dopo il personaggio, quello pesante in stile bombe a grappolo oppure uno a forma di boomerang che rimbalza senza controllo in tutto lo scenario. I personaggi potranno equipaggiare fino a due tipi di colpo, intercambiabile in qualsiasi momento del gioco, caratteristica che rende fondamentale lo studio dei boss per capire con quali proiettili affrontarli al meglio. A seconda del tipo di sparo selezionato cambiano anche i super colpi presentando una versione potenziata del proiettile di base. Utilizzando invece tutte e 5 le carte in una sola volta sarà possibile sferrare un mega attacco capace di ridurre di quasi mezza fase la durata dei boss. Questo attacco non può essere comprato ma va conquistato all’interno di alcuni Mausolei, accessibili sempre dalla mappa, e in cui affrontare un minigioco che vede il giocatore difendere un’urna cineraria dall’attacco di fantasmi inferociti e che possono essere distrutti solo con il Parry. Può non essere facile riuscire a saltare al momento giusto attivando il Parry ed ecco quindi che il negozio vi mette a disposizione alcuni potenziamenti per le vostre abilità come una vita extra, oltre alle tre disponibili, o il caricatore veloce per le Super oppure il Parry automatico, equipaggiabili però uno alla volta.
Il gameplay del gioco è ricco e frenetico, non fornisce tregua tenendo sempre il giocatore sul chi vive. Una volta scoperto come superare le meccaniche dei boss sarà però possibile sconfiggerli in pochi minuti, superando buona parte dell’avventura bloccati solo dalla grande difficoltà che caratterizza il gioco piuttosto che da vere e proprie cose da fare. Al di fuori di quanto descritto infatti il titolo non ha molto altro da offrire e la grande mappa ricca di NPC ci è sembrata un’occasione mancata per poter fare qualcosa in più oltre a qualche semplice scambio di battute.
Il grande ritardo portato dal titolo negli anni è stato dovuto soprattutto alla cura maniacale che i fratelli Moldenhauer hanno riposto nella direzione artistica del gioco con oltre cento disegni diversi per animare ogni singolo personaggio. A meno che non siate amanti del fotorealismo estremo è impossibile non rimanere attratti dalla realizzazione grafica di Cuphead: un’esplosione di colore, disegno e animazione. Il titolo si rifà ai cartoni animati dei Fleischer Studios, che hanno donato al mondo dell’animazione personaggi come Braccio di Ferro, Betty Boop o Koko il Clown. I Cartoon di Fleischer, pur presentando facce simpatiche e buffe movenze, nascondevano spesso un’anima nera, uno spirito quasi inquietante che STUDIO MDHR sembra aver intrappolato tra i disegni della sua creazione. La caratterizzazione dei personaggi è incredibile e i loro movimenti fanno il verso a quelli di moltissimi personaggi della storia dell’animazione: Cuphead ad esempio si tira su i pantaloni prima di ogni scontro proprio come faceva Topolino quando affrontava Gambadilegno ma non è l’unico riferimento a Disney perchè molti dei boss animaleschi del gioco sembrano usciti dalla serie Silly Symphony e danzano a ritmo su motivetti d’orchestra mentre si trasformano o caricano i loro potenti attacchi. Le grafiche di fine livello sembrano invece ispirate dalle Merrie Melodies di Warner Bros e pare che da un momento all’altro possa saltar fuori Porky Pig gridando “que-que-que-questo è tutto gente!”. Cuphead non è solo il videogioco, ma anche il cartone animato di un’altra epoca, un calderone di animazione degli anni ‘30 che si appropria del linguaggio esponente della computer grafica, il videogioco, proprio come la computer grafica si è appropriata del cinema d’animazione.
Cuphead è figlio di quei videogiochi che non fanno più. Quelli che mettono la sfida al primo posto, che impongono al giocatore non solo di essere bravo ma di essere perfetto, punendo con una precisione millimetrica anche chi si lascia andare per un solo istante. La frenesia del titolo raggiunge livelli quasi frustranti. È possibile capire come superare una certa fase o come sopravvivere ad un attacco anche al primo colpo ma bisogna essere veloci, molto veloci, perché mentre si pensa “si ce l’ho fatta subito!” il nemico è già due mosse avanti pronto ad eliminarvi in un soffio. Morire in Cuphead è estremamente facile, vi assicuriamo che passerete più tempo morti che vivi. Cuphead è un titolo difficile, forse troppo, a tratti davvero ostico, a tratti eccessivo. È uno di quei titoli che fanno contente le ditte che producono controller perché più di una volta farete fatica a trattenervi dal lanciarlo contro la parete, o peggio, contro la tv. Sin dal suo annuncio l’idea di STUDIO MDHR era quella di creare un videogioco difficile, un titolo incapace di sventolare la bandiera “user friendly” che svetta nella stragrande maggioranza dei prodotti videoludici odierni. Ebbene ci sono riusciti, hanno creato un gioco che pur offrendo l’opportunità di combattere a difficoltà ridotta resta estremamente difficile, complesso, quasi impossibile. Se fosse un coin-op sarebbe uno di quei giochi in cui consumare tutti i gettoni contro il primo boss, quello che solo il giocatore più anziano della sala giochi, che era lì da quando avevano posato il primo cabinato di Pong, saprebbe come sconfiggere…e farebbe pure fatica.
Cuphead è un titolo che non permette distrazioni che va giocato, giocato e giocato, fino ad imparare ogni attacco nemico, fino a sapere come evitare ogni singola pallina luminosa. Arrivando ad anticipare gli avversari, a sparare dove stanno per apparire, a padroneggiare ogni singola idea del gameplay. Un titolo squisitamente realizzato che riporta alla mente un gusto per l’animazione ormai totalmente sostituito dalla computer grafica. Un gioco del genere però divide i videogiocatori, da una parte ci sono coloro che rimarrebbero delusi da un livello di difficoltà tanto marcato dall’altra invece c’è chi ne trarrebbe un’immensa soddisfazione. Nonostante ciò Cuphead è un titolo divertente, frenetico e magnificamente animato, non ci sentiamo di penalizzarlo per l’eccessiva difficoltà anzi, puntare quasi tutto sull’elevato livello di sfida ci è sembrata una scelta molto coraggiosa, visti i livelli di difficoltà offerti dai videogiochi odierni. Cuphead è un piccolo capolavoro di gameplay e di design, difficilmente accessibile a tutti, ma forse uno dei pochi videogiochi che riesce ancora a donare grandissime soddisfazioni!
This post was published on 29 Settembre 2017 12:11
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