Recensione di Gianluca “DottorKillex Arena”
Sebbene in occidente non abbia goduto del successo riscosso in patria, spalmato su tre capitoli, uno dei quali mai giunto da noi, la serie di Valkyria Chronicles rappresenta una delle proprietà intellettuali più interessanti di casa Sega, capace di risvegliare l’entusiasmo per un genere, quello degli strategici a turni, che le masse hanno sempre ignorato, soprattutto in ambito console.
Valkyria Revolution, però, non può essere ascritto alla categoria succitata, perché rappresenta un esperimento molto più action all’interno del franchise.
Noi lo abbiamo portato a termine per voi e siamo pronti a raccontarvi della nostra esperienza di gioco.
Invece di affrontare un tema spinoso come quello della guerra dal punto di vista di chi è costretto a combatterla, lasciando amici e spesso la propria stessa vita sul campo di battaglia, Valkyria Revolution si pone domande differenti, esplorando a fondo il motto “il fine giustifica i mezzi” e dipingendo, in maniera credibile e ben orchestrata, un affresco di poteri, sentimenti e tipologie umane di grande spessore.
Nei panni di uno di coloro che sono passati alla storia come i “cinque traditori”, figure segnate per sempre dall’infamia e dallo stigma dell’alto tradimento, il giocatore dovrà portare a termine la più difficile delle vendette, abbattendo il borioso sovrano di Ruz, impero principe dell’Europa centrale immaginata dal team di sviluppo.
Per farlo, avrà dalla sua la sola forza dell’esercito di liberazione di Jutland, piccolo stato del sud est del continente, la cui economia è stata ridotta ai minimi termini dalle pesanti sanzioni imposte proprio da Ruz.
I sentimenti di cinque giovani orfani, privati del poco che era rimasto loro già in tenerà età, e quelli di una nazione oppressa da un regime profondamente ingiusto sembrano coincidere, dando al giocatore l’illusione, soprattutto durante le prime ore di gioco, di essere al comando di forze di liberazione, nel più classico ruolo dell’eroe che combatte l’impero malvagio.
Con il passare delle ore, però, le reali intenzioni di Amleth e dei suoi compagni di congiura emergono lentamente, portando la narrativa ad un livello decisamente più alto e introducendo una notevole gamma di tonalità di grigio all’interno dello spettro del titolo.
Nonostante una certa sovraesposizione, figlia anche del mai sopito eccesso di verbosità di moltissimi titoli contemporanei giapponesi, i dialoghi, i personaggi e l’ambientazione che compongono l’arco narrativo di Valkyria Revolution riescono a coinvolgere il giocatore e a contestualizzarne ogni azione, creando, inevitabilmente, sentimenti di odio, amore e repulsione per i protagonisti e per le loro motivazioni.
Di certo, insieme alla colonna sonora, il plot dietro l’ultima fatica Sega rappresenta l’aspetto migliore della produzione, pur discostandosi sensibilmente da quanto il franchise aveva mostrato sin qui: la retorica antimilitarista lascia spazio ad uno dei dilemmi più antichi dell’uomo, le perdite sul campo di battaglia sono spesso considerate “sopportabili” e il gruppo di eroi (antieroi?) non si fa scrupolo a sacrificare diverse migliaia di soldati per raggiungere i suoi scopi.
Mai come in questo caso, le aspettative con cui ci si accosterà a Valkyria Revolution faranno la differenza tra una piacevole sorpresa ed una grossa delusione: con questo capitolo, infatti, Sega ha deciso di cambiare le carte in tavola, proponendo un gameplay decisamente più votato all’azione che alla strategia.
Questa decisione potrebbe comportare due reazioni differenti nel pubblico: gli amanti della serie, abituati ad un gameplay ragionato, profondo, che dava molto importanza alla gestione delle truppe e ad un’attenta pianificazione delle forze sul campo di battaglia, potrebbero rimanere spaesati dinanzi ai cambiamenti apportati dal team di sviluppo.
Qui il giocatore è infatti al comando diretto di un party di quattro personaggi da scegliere da un gruppo più nutrito, ognuno dei quali appartiene ad una delle classi del gioco, una delle poche feature ripresa dai predecessori: non solo sarà possibile passare da un personaggio all’altro al semplice tocco della croce direzionale, così da sfruttare le abilità di tutti i personaggi o rianimare un compagno caduto, ma si avrà anche il controllo diretto sul personaggio scelto, con la possibilità di portare gli attacchi in tempo reale, come in un qualsiasi gioco d’azione.
La scomparsa dei turni e il generale impoverimento dell’aspetto strategico sono evidenti già dopo una manciata di battaglie, dalle quali si evince chiaramente come il gameplay sia più accostabile ad un RPG hack’n’slash, o ad un musou, che non ad uno strategico, con tutto ciò che ne consegue.
Approcciare questo titolo, allora, si dimostra molto più semplice di quanto non fosse per tutti gli episodi precedenti del franchise, anche grazie all’annacquamento del livello di difficoltà, ed è proprio questo che, tornando al discorso iniziale, potrebbe far gola ai neofiti e a quanti preferiscono un po’ di button mashing rispetto ad una lunga valutazione delle statistiche di ogni soldato.
Da parte nostra, riteniamo che non fosse necessario alcun cambio di rotta per la serie e che, se proprio si fosse dovuto cambiare genere per questo capitolo, si sarebbe potuto optare per un genere che incontra maggiormente i gusti delle masse: così, con un gameplay che aggiunge sottili venature strategiche a quella che è, a tutti gli effetti, una struttura generale da musou, si finirà con lo scontentare, probabilmente, una larga fetta di appassionati.
Il map design, la complessità delle boss battle, l’importanza del micromanagement delle truppe, tutti elementi fondanti del franchise fin qui, hanno perso peso in maniera evidente, lasciando il campo ad un combat system mediamente più elaborato dei titoli di azione puri ma comunque troppo poco approfondito per non sfigurare in un gioco di ruolo che voglia chiamarsi tale.
Se preso per quello che è, oppure senza alcuna conoscenza pregressa della serie a cui appartiene, comunque, Valkyria Revolution non sfigura, riuscendo ad offrire un’esperienza in linea con quella di molti action game in terza persona disponibili sul mercato, condita, come già detto, da una sezione narrativa molto valida e, come vedremo nel prossimo paragrafo, da un accompagnamento musicale di elevata qualità.
L’aspetto visivo della produzione è figlio di una versante tecnico appena sufficiente ma anche, fortunatamente, di una direzione artistica di ottima qualità, sebbene, a nostro avviso, un po’ più forzata di quella che ha caratterizzato i primi due episodi.
A voler fare le pulci alla conta poligonale, alle animazioni dei personaggi, all’intelligenza artificiale dei nemici, si otterrebbero risultati poco lusinghieri, non all’altezza né del livello qualitativo espresso fin qui dal franchise né delle migliori produzioni Sega, come la serie Yakuza, ad esempio.
Non che i primi due capitoli fossero capolavori di tecnica, beninteso, ma sfruttavano adeguatamente la potenza computazionale di PS3 e PlaystationPortable, rispettivamente, molto di più di quanto Valkyria Revolution non faccia con quello, infinitamente superiore, di PS4.
In compenso, come detto, la direzione artistica, aiutata dall’azzeccata scelta di ambientare le vicende in una versione fittizia dell’Europa del XIX secolo, aiuta a sopperire alle mancanze tecniche, e, complice il massiccio utilizzo di un filtro “in stile libro”, dona un aspetto decisamente unico alla produzione, riuscendo a renderla immediatamente identificabile all’interno della vastissima libreria di titoli dell’ammiraglia Sony.
Di quanti altri giochi possiamo dire lo stesso?
Menzione finale, obbligatoria, per la colonna sonora, probabilmente il punto più alto toccato dal prodotto: primo lavoro da solista del maestro Yasunori Mitsuda dopo quasi dieci anni, con la preziosa collaborazione della Tokyo Symphony Orchestra, essa vi accompagnerà durante la trentina scarsa di ore necessarie a giungere ai titoli di coda con grazia e leggiadria, donando ancora più enfasi a vicende ben scritte e altrettanto ben raccontate.
Semplificato in ogni sua parte, privato della profondità strategica che aveva decretato il successo (quantomeno di critica) dei primi due episodi, Valkyria Revolution riesce comunque a ritagliarsi una nicchia grazie ad una trama dai toni decisamente maturi e ad una colonna sonora d’eccezione, ma non rappresenta, per il franchise, un passo in avanti.
Passare da un genere poco apprezzato dalle masse ad un altro che in occidente ha sempre faticato a sfondare (ci riferiamo, ovviamente, agli strategici a turni ed ai musou) non ci è sembrata una mossa particolarmente lungimirante da parte di Sega.
Speriamo quindi, nonostante il discreto risultato finale, che la saga torni su binari ad essa più congeniali, recuperando i punti di forza del brand che, certamente, non sono insiti nell’azione sfrenata e nel button mashing.
This post was published on 27 Giugno 2017 11:47
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