World to the West – Recensione

Recensione di Gianluca “Dottor Killex” Arena

In un mercato sempre più standardizzato, dove i blockbuster si susseguono senza nemmeno dare ai giocatori il tempo di giocarli tutti, spesso sta ai team di sviluppo indipendenti prendersi il rischio di sperimentare, di provare a proporre qualcosa di nuovo a livello contenutistico e/o stilistico.
Teslagrad, uscito su praticamente tutte le piattaforme di gioco a cavallo tra la scorsa e l’attuale generazione, non era un titolo perfetto, ma aveva sufficienti frecce al suo arco per distinguersi dalla massa, offrendo argomenti convincenti soprattutto agli amanti dei puzzle platform. Oggi arriva World to the West, seguito “indiretto” di quel titolo, sempre ad opera dei Rain Games.
Noi lo abbiamo recensito per voi in versione PS4.

Giocare con la corrente

Sebbene in World to the West tornino molti dei temi trattati in Teslagrad, dalla passione per l’energia elettrica dei protagonisti alla perdita dei cari, il titolo è perfettamente fruibile anche da quanti non abbiano giocato il predecessore, per due ragioni: una è rappresentata dallo scarso impatto della trama sul gameplay, con le vicende che servono, più che altro, a spingere il giocatore ad esplorare, sperimentare e divertirsi per il mondo di gioco, e l’altra dal fatto che gli sceneggiatori norvegesi hanno optato per una serie di rimandi molto sottili al primo titolo.
Grazie a questa scelta, chi ha completato il precedente lavoro dello studio indipendente con sede a Bergen coglierà riferimenti, parentele e citazioni più o meno velate, senza che i neofiti si sentano in alcun modo lasciati indietro.
Al centro della storia c’è Lumina, teslamante che viene catapultata in un mondo di cui non conosce nulla dopo un’incauta perlustrazione di una macchina del tempo: fortunatamente, al suo arrivo, ella incontrerà sulla sua strada non solo una serie di indizi lasciati da suo nonno e dal suo team, ma anche tre improbabili (ma impagabili) compagni di viaggio, nelle persone di Knaus, Teri e Lord Clonington.
Il primo è un orfanello dal cervello fino, cui hanno raccontato di essere sulla Luna pur di costringerlo (in compagnia di tanti altri orfani come lui) a scavare nelle miniere in cambio di un tozzo di pane, mentre la seconda è una giovane donna indipendente e sicura di sé, cacciatrice di tesori e, apparentemente, anche di guai, tanto che toccherà a Lumina tirarla fuori da una gabbia dopo qualche ora di gioco.
Last but not least, Lord Clonington sbarca al locale porto senza un obiettivo ben preciso, se non quello di aumentare la sua fama e prendere a cazzotti (cit.) qualcosa di grosso: anch’egli, nemmeno a dirlo, finirà per lottare per una causa assai più nobile.
Questo scalcagnato team accompagnerà il giocatore lungo la dozzina di ore necessarie per arrivare in fondo alla storia e, complice la sottotitolazione italiana, l’intreccio, per quanto semplice e molto leggero, riesce a strappare qualche sorriso e a spingere ad avanzare lungo la questline principale.
Come molti suoi congeneri, però, World to the West non si reggerebbe sulle sue gambe se dovesse affidarsi alla sola narrativa: fortunatamente c’è anche un gameplay vario e divertente a completare il pacchetto.
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A ognuno la sua

Il cardine del gameplay del prodotto è rappresentato dalla possibilità di passare da un personaggio all’altro, sfruttandone le abilità uniche per progredire nel mondo di gioco, che, forte di un level design di grande qualità, costringe a spremere le meningi ed utilizzare sempre il personaggio giusto al posto giusto.
La possibilità di cambiare membro del party in tempo reale è limitata durante la prima metà del gioco, quando, per esigenze narrative, i protagonisti a disposizione allo stesso momento saranno al massimo due, ma diviene poi libera nella seconda parte, quando il più ampio respiro e la maggiore complessità dei puzzle ambientali mettono in risalto i pregi di World to the West.
Ognuno dei personaggi a disposizione del giocatore consente un approccio totalmente differente agli enigmi proposti, ai nemici, alle fasi di platforming, mai troppo numerose: Lumina, che è poi la vera protagonista del titolo, rappresenta probabilmente il personaggio più versatile, capace di farsi valere tanto in battaglia, grazie alla sua bacchetta da teslamante, quanto nella risoluzione di puzzle legati alla corrente elettrica, con la capacità di teletrasportarsi per brevi tratti, ampliata poi ad avventura inoltrata.
Il piccolo Knaus ha in dotazione la sua pala, con cui può solo stordire i nemici per qualche istante, ma, in compenso, può scavare buche entro le quali nascondersi, rendendosi così invisibile ai predatori; in seguito, il ritrovamento della dinamite gli consentirà non solo di farsi valere anche in combattimento, ma anche di aprirsi varchi tra rocce ed altri ostacoli naturali.
Teri gode invece di un’abilità peculiare, probabilmente quella che più abbiamo apprezzato, ovvero quella di controllare la mente dei nemici: basta colpirli con la sciarpa in dotazione, la stessa che le consente di spostarsi e superare gap e crepacci, per controllare direttamente il mostro colpito, potendo così usufruire dei suoi poteri.
Ce ne sono di esplosivi, di estremamente forti, di capaci di spiccare balzi e raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili: il bestiario è abbastanza variegato, e consente diversi approcci al gameplay.
In ultimo, Lord Clonington è il classico carroarmato: a parte arrampicarsi su sporgenze sopraelevate, non possiede alcuna abilità particolare se non la sua forza brutale, che gli consente di caricare i nemici e di affrontarli a mani nude senza troppi problemi.
Combinando sapientemente le feature di ognuno dei quattro eroi, il giocatore dovrà farsi largo attraverso una mappa inizialmente avvolta nella nebbia, che progressivamente lascia il posto ad una grande varietà di location, sia sopra che sotto terra, con tanto di boss (mai troppo complicati, ad onor del vero) da affrontare.
La presenza di collezionabili sparsi nei luoghi più impensabili, di scorciatoie che accorciano sensibilmente la strada e di una buona fisica in-game, rendono l’esplorazione assai piacevole, aumentando la longevità del prodotto, al di là dell’obiettivo corrente, sempre visualizzato a schermo per i giocatori meno inclini al “sightseeing” videoludico.

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Tavole a fumetti

Tanto quanto il suo predecessore, World to the West rappresenta un omaggio ad un modo di fare fumetti che, pur non scomparso, ha vissuto il suo picco di popolarità durante il secolo scorso, trainato dalla scuola francofona: da TinTin in giù, il character design dei prodotti di Rain Games richiama molto questa tipologia di opere, con risultati assi affascinanti ed abbastanza unici nel loro genere, quantomeno al giorno d’oggi.
Ciò non vuol dire, però, che i grafici norvegesi non ci abbiano messo del loro: il disegno della mappa generale, il bestiario e tanto altro sono figli dell’immaginazione del team di sviluppo, e concorrono a creare una cosmesi incantevole, a metà tra un fumetto d’autore e un libro di fiabe per bambini.
La vera star della scena, a nostro avviso, è però la delicatissima colonna sonora, che consta di una selezione di pezzi ritmati e orecchiabili, tutti a tema con le location visitate nel corso dell’avventura e tutti degni di nota.
Sin dai primissimi istanti di gioco ne siamo rimasti folgorati, e, progredendo lungo la storyline principale, la situazione è solo migliorata: la dimensione musicale del prodotto, opera del duo norvegese che risponde al nome di Bear & Cat, aggiunge spessore all’esperienza di gioco, e accarezza le orecchie dei giocatori, soprattutto di coloro che decideranno di munirsi di un paio di auricolari o cuffie di buona qualità, proprio come abbiamo fatto noi durante le ore di test.

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Commento finale

Con la sua mappa di gioco decisamente più estesa, quattro personaggi controllabili, uno stile artistico ancora più ricercato ed una colonna sonora da applausi, World to the West rappresenta un consistente passo in avanti per Rain Games dopo la buona esperienza di Teslagrad, a cui questo titolo rimane comunque collegato.
Se vi piacciono le avventure in tre dimensioni, la scuola fumettistica nord europea del secolo scorso, i giochi con mappe tentacolari e labirintiche, insomma, potreste aver trovato il prodotto che fa per voi.
Gli aspetti migliorabili ci sono, ma non scalfiscono la bontà dell’esperienza ludica né la sensazione di rilassatezza e spensieratezza che il gioco restituisce al termine di una grigia giornata di lavoro.