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Dragon Quest Heroes II – Recensione

Recensione di Gianluca “DottorKillex” Arena
Al di là di ogni ragionevole dubbio, Omega Force è lo studio di sviluppo più prolifico degli ultimi dieci anni, tra episodi regolari delle loro serie, spin-off ed episodi apocrifi: e così, a meno di due mesi di distanza dal buon Toukiden 2, ecco arrivare su PS4 (versione da noi testata), Vita e PC Dragon Quest Heroes II, seguito diretto dell’omonimo titolo del 2015, che rappresentava l’incontro tra la storica saga di Dragon Quest, forse la più amata in assoluto in terra nipponica, e le arcinote dinamiche musou che hanno reso famoso il team di sviluppo giapponese.
Forte dei buoni riscontri di critica e pubblico del predecessore, Omega Force ha giocato sul sicuro, proponendo un sequel abbastanza conservativo ma non per questo immeritevole.

Profezie e regni in guerra

Come da tradizione per lo studio, la narrativa di Dragon Quest Heroes II non si risparmia, e anzi scade spesso nell’eccesso di verbosità che caratterizza tantissime produzioni nipponiche oggigiorno: il giocatore viene messo nei panni di due cugini, Lasaar, un ragazzo, e Theresa, una ragazza, che si trovano, loro malgrado, all’interno di un disegno assai più grande di loro.
Il mondo che fa da sfondo alle vicende, dopo secoli di pace seguiti alla stipula di un accordo di non belligeranza tra le sette potenze militari che lo compongono, piomba inaspettatamente nel bel mezzo di un conflitto, causato dal tradimento di uno dei membri dell’alleanza (il regno di Dunisia), che muove le proprie truppe contro il vicino reame di Kala.
Dopo aver respinto le forze nemiche, i due protagonisti, cui presto si aggiungeranno uno stuolo di facce note provenienti dai capitoli più famosi della saga di Dragon Quest, si troveranno a scavare nel sordido, alla ricerca dei motivi che hanno condotto Dunisia a rompere la tregua, per arrivare progressivamente ad una verità sconvolgente…ma che i giocatori più navigati intuiranno già a metà dell’avventura principale, completabile in una trentina di ore abbondanti.
Visto che né i musou che lastricano il curriculum di Omega Force né la saga di Dragon Quest sono passate alla storia per la complessità delle trame e la caratterizzazione dei personaggi, non c’è da stupirsi se l’intreccio fallisce nel tenere alta l’attenzione del giocatore, riuscendo quantomeno a motivare le varie scorribande in giro per il mondo di gioco e le boss fight, che rappresentano sicuramente il punto più alto della produzione.
Se ritmo e godibilità del racconto sono discutibili, ci è invece piaciuto molto lo stile con cui gli eventi vengono snocciolati, con un diffuso senso dell’umorismo e una serie di cutscene godibili e ben realizzate e personaggi animati degnamente, che fanno dimenticare per un attimo lo sviluppo cross gen del titolo e alcune difficoltà tecniche su cui ci soffermeremo più avanti nel corso della recensione.

Più libertà, ma stessa struttura

La struttura portante della produzione richiama quella del predecessore, e, a tratti, ci ha ricordato il già citato Toukiden 2: l’approccio di Omega Force alle dinamiche open world è cauto, innanzitutto perché le mappe di quel gioco come di questo non raggiungono dimensioni ragguardevoli, ma, soprattutto, perché è la densità ad essere scarsa.
La mappa liberamente esplorabile tra una missione principale e la seguente, infatti, in Dragon Quest Heroes II non riserva mai troppe sorprese, limitandosi ad offrire qualche scrigno celato nello scenario, oggetti sparsi ed una manciata di mini boss opzionali, utili a raggranellare risorse per potenziare l’equipaggiamento dei personaggi.
Come nel prequel, infatti, tornano anche le dinamiche più tipicamente da gioco di ruolo, con  la possibilità di equipaggiare un’arma e due pezzi di armatura, uno dei quali (l’accessorio) può essere personalizzato e rinforzato utilizzando gli oggetti lasciati sul terreno dai mostri sconfitti o rinvenuti in chissà quale angolo recondito del mondo di gioco.
Oltre a questo, la possibilità di salire di livello, accumulando punti esperienza dopo le varie missioni, e di cambiare la build di base del personaggio, scegliendo di specializzarlo nelle armi bianche, nella magia o negli attacchi sulla distanza (salvifici in certe circostanze), conferiscono piacevoli, ma mai troppo profonde, venature da RPG, che arricchiscono l’esperienza di gioco che altrimenti finirebbe col somigliare troppo alla sfilza di musou proposti da Omega Force negli anni.
Ad approfondire il gameplay arriva anche una terza tipologia di mostri, che si affianca a Sentinella ed Attivista, ovvero Sostituto, che consente di trasformarsi temporaneamente nel mostro di cui si è raccolta la moneta, e degli skill tree più strutturati, lungo i quali è possibile specializzare i personaggi in maniera differente; così facendo, peraltro, aumenta anche la varietà degli scontri visto che è possibile passare da uno dei quattro membri attivi del party all’altro con la semplice pressione di un tasto, avendo accesso istantaneamente a stili di combattimento assai diversi tra loro.
Per farla breve, insomma, tutto ciò che funzionava nel capitolo di due anni fa qui lo fa anche meglio, e, quando non esagera con il numero di nemici su schermo e con alcune, frustranti missioni di scorta, Dragon Quest Heroes II si eleva al di sopra dei suoi congeneri, rivelandosi un’esperienza divertente e frenetica, sebbene abbastanza bidimensionale.
Purtroppo, a ripresentarsi come una peperonata mangiata alle quattro del mattino, ci sono anche gli aspetti che meno avevano convinto del primo episodio: l’intelligenza artificiale rimane lacunosa, tanto per i nemici quanto per i compagni di squadra, con i primi che si affidano alla schiacciante superiorità numerica e i secondi che rimangono abbastanza passivi quando non controllati direttamente.
Da segnalare anche la ripetitività degli obiettivi principali, che inizia a farsi sentire durante la seconda metà dell’avventura e qualche inatteso picco di difficoltà, che porta a pensare che gli sviluppatori abbiano voluto allungare il brodo, costringendo al farming selvaggio nelle battute finali.
Siamo stati impossibilitati a provare il multiplayer (possibile sia in locale sia online per tutto il corso della storyline principale) perché i server di gioco non apriranno prima del prossimo 28 aprile, data di rilascio ufficiale sul territorio europeo.

Cross gen, ma ben fatto

Abbiamo già tirato in ballo Toukiden 2 un paio di volte fin qui, e adesso è necessaria una terza: il comparto tecnico ci ha infatti ricordato quello della suddetta produzione, che era cross generazionale come questa e che, nondimeno, si difendeva più che degnamente.
Certo, il livello di dettaglio, la mole poligonale degli sfondi, la limitatezza della linea d’orizzonte sono sempre lì a ricordarci che Dragon Quest Heroes II è stato sviluppato anche su piattaforme meno performanti come PS3 e Vita, ma la bellezza del character design, con Toriyama che, anche dopo trent’anni, non stanca mai, riesce a sopperire alle mancanze tecniche, regalando un colpo d’occhio apprezzabile.
I sessanta frame per secondo su PS4 Slim rimangono perlopiù costanti, con microcali solamente durante le battaglie più campali, dove a schermo si affollano decine e decine di personaggi tra alleati e nemici, anche se il prezzo da pagare risiede nel clamoroso riciclo di asset grafici, con nemici, ambientazioni e persino parte del moveset presi di peso dal capostipite.
Il parlato è selezionabile in inglese e giapponese con sottotitolazione italiana, e le musiche, pur non fastidiose, non si sono segnalate per particolari picchi qualitativi, limitandosi ad accompagnare l’azione a schermo senza meriti ulteriori.

Commento finale

Dragon Quest Heroes II, a meno di ventiquattro mesi dal suo diretto predecessore, ampia ed arricchisce l’offerta ludica, ma fa molto poco per innovarla, preferendo costruire sulle fondamenta gettate nel 2015.
Anche così, nonostante un comparto tecnico incerto e un’intelligenza artificiale lacunosa, l’originale miscuglio tra gioco di ruolo giapponese e musou funziona ancora più che bene, con la gradita aggiunta delle modalità multigiocatore, che potrebbero alleviare alcuni dei picchi di difficoltà sparsi per la seconda metà della campagna principale.
Se vi è piaciuto il primo, l’acquisto è caldamente consigliato, ma, anche limitando il campo ai soli musou, l’ultima fatica di Omega Force riesce a distinguersi dalla massa.

This post was published on 27 Aprile 2017 11:32

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