Danganronpa 1-2 Reload | Recensione

Recensione di Gianluca “Dottor Killex” Arena

Quando una console non riscuote il successo commerciale che ci si aspettava, uno degli aspetti più esecrabili è rappresentato dal fatto che i titoli migliori pubblicati per essa rischiano di rimanere confinati ad un pubblico ristretto, passando inosservati alle masse e vendendo molto meno di quanto avrebbero meritato.
Abbiamo visto Nintendo riproporre titoli Wii U su Switch, e oggi analizziamo una raccolta, in uscita a giorni su PS4, di due tra le esclusive più brillanti e godibili del sottovalutatissimo parco titoli di PlaystationVita, ovvero Danganronpa e il suo seguito diretto.
Parliamo di due titoli peculiari, che mescolano con intelligenza elementi presi in prestito dalle visual novel, dai puzzle game e dalle avventure investigative a la Phoenix Wright, capaci di riscuotere grandissimo successo in patria: varrà la pena recuperare questo pacchetto per l’utenza PS4?

Incubo colorato

Il primo Danganronpa, che giocammo qualche anno fa senza aver minimamente idea di cosa ci aspettasse, rappresentò una delle rivelazioni più sorprendenti degli ultimi anni, tanto per la bontà della scrittura quanto per l’azzeccato mix di elementi presi di peso da alcuni dei generi più amati nel Sol Levante, ai quali poc’anzi facevamo riferimento.
L’intreccio si rivela malato e brillante allo stesso tempo, e ruota attorno ad un manipolo di ignari studenti, risvegliatisi all’interno della Hope’s Peak Academy, una scuola per menti privilegiate che aveva conferito loro una borsa di studio, visto che ognuno dei ragazzi eccelle in un particolare campo.
Accortisi presto che tutte le uscite e le finestre sono sbarrate, ed accolti da uno strano orsetto bianco e nero che non sembra avere affatto intenzioni amichevoli, i protagonisti capiscono presto di essere caduti vittima di uno psicopatico, che intende veder scorrere il loro sangue.
L’unico modo per uscire vivi, a volersi fidare delle parole di Monokuma, l’orsetto di cui sopra, è uccidere uno dei compagni d’avventura senza che gli altri lo scoprano.
In questo caso, l’abile assassino vedrebbe garantita la sua libertà, a scapito di tutti gli altri, che finirebbero trucidati nei modi più impensabili; al contrario, qualora il gruppo riuscisse a smascherare il reo, sarebbe solo quest’ultimo a fare una brutta fine.
Con questi presupposti, sarebbe stata solo una questione di tempo fino al primo omicidio, nonostante i buoni propositi del gruppo di prigionieri di fare un fronte unico: ed ecco che, sulla già eccellente narrativa principale, si innestano numerose piccole storie autoconclusive, che partono al ritrovamento di un cadavere e si chiudono con l’attribuzione della colpa ad uno degli astanti.
La formula funziona così bene che anche il secondo episodio, Danganronpa 2, pubblicato a distanza di pochi mesi dal primo anche in Europa, la riprende in pieno, cambiando semplicemente il setting, che qui è rappresentato da un’assolata isola tropicale, e i protagonisti, comunque costretti da Monokuma ad uccidersi a vicenda: entrambi i titoli propongono un finale esaustivo, che spiega tanti punti e lascia qualche domanda irrisolta, in attesa del terzo episodio, che uscirà anche su Vita e PS4 alla fine di settembre.
Come e più di altri prodotti provenienti dal Giappone, paese che vanta una lunga e gloriosa tradizione di visual novel, i due Danganronpa riescono a catturare ed appassionare il giocatore/lettore dall’inizio alla fine, proponendo due cast di personaggi variegati, dialoghi mai banali e colpi di scena da non sottovalutare.

Di tutto un po’

Sebbene il grosso del tempo lo si passi leggendo i dialoghi ed interagendo con gli altri reclusi, i due titoli sanno distinguersi da molte altre visual novel per il fatto di proporre sezioni giocate che hanno poco da invidiare ai migliori esponenti di generi come i rhythm game, le avventure grafiche e quelle investigative: dopo ogni omicidio, al giocatore sarà richiesto di studiare attentamente le prove indiziarie e la scena del crimine, battendola palmo a palmo per trovare qualsiasi elemento che possa ricondurre all’identità dell’assassino.
Se, da un lato, la difficoltà di gioco non si impenna mai (se non sono stati rinvenuti tutti gli elementi interattivi, il gioco, semplicemente, non prosegue), dall’altro al giocatore è comunque richiesta una discreta dose di abilità durante le cosiddette class trial, ovvero ciò che, nel mondo distorto di Danganronpa, sostituisce i processi.
Qui, infatti, bisognerà utilizzare le prove raccolte in maniera intelligente, dando prova di spirito di osservazione e della capacità di leggere le emozioni degli NPC e individuare contraddizioni, bugie o inesattezze, oppure battere in una gara verbale un indiziato a tempo di musica, premendo in successione i tasti giusti.
Il risultato è che il pubblico finisce con il sentirsi un abile investigatore anche quando poi è il software a guidarlo verso la soluzione giusta, ma il ritmo e la suspence che caratterizzano le class trial rappresentano, in ogni caso, uno dei punti più alti della produzione, complici delle esecuzioni estremamente crudeli, in pieno stile giapponese.
L’ossatura del gameplay è tutta qui, anche se non vanno trascurate le fasi in cui, in presenza di tempo libero, è possibile approfondire il rapporto con uno o più compagni di disavventura: intessendo rapporti di questo tipo, il giocatore può beneficiare della fiducia di alcuni membri, ma finirà con l’affezionarsi ad un personaggio che di lì a poco potrebbe morire o, peggio ancora, macchiarsi di un omicidio.
Sotto molti aspetti, dalla difficoltà non proibitiva alla presenza di fasi interattive in misura maggiore rispetto alla media delle visual novel disponibili sul mercato, Danganronpa 1-2 Reload si pone come ideale punto di partenza per quanti non conoscano il genere, a patto che siano pronti a leggere molto e posseggano una buona conoscenza dell’inglese, indispensabile vista la mole di testo da leggere e la mancanza di una localizzazione nella nostra lingua.

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Pigro upscale

A fronte di trame molto ben scritte e di un gameplay essenziale ma fondamentalmente divertente, è l’aspetto tecnico quello che ci ha convinti meno, essenzialmente per due motivi.
Il primo è da ricercarsi in un upscale abbastanza pigro della versione Vita, con l’aumento della risoluzione a 1080p che, però, porta immagini un po’ slavate e la perdita delle proporzioni in alcuni frangenti.
L’aumento del framerate a 60 fps è quasi impercettibile, vista la tipologia di gioco e i ritmi compassati.
Ancora più inspiegabile è l’assenza di extra di qualsivoglia tipo: a parte l’aggiunta di nuovi trofei (condivisi tra entrambi gli episodi, peraltro), non ci sono bozzetti preparatori, scene inedite, modalità aggiuntive: forti della qualità dei prodotti proposti, peraltro nella fascia mid price, gli sviluppatori non si sono premurati di aggiungere nulla che potesse ingolosire coloro che hanno già portato a termine i due giochi, ai quali, difatti, abbiamo qualche remore a consigliare questa collection senza riserve.
Nondimeno, la peculiare ed azzeccatissima direzione artistica riesce a farsi notare anche su schermi dalla diagonale più generosa di quello di PlaystationVita, e quindi gli amanti dei prodotti nipponici andranno a nozze tanto col primo episodio quanto con il secondo da questo punto di vista.

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Commento finale

Se il genere delle visual novel vi ha sempre tentato ma siete spaventati dalla mancanza di sezioni ludiche o se siete avidi lettori, Danganronpa 1-2 Reload rappresenta un acquisto di valore, visto che a meno di quaranta euro racchiude due degli esponenti migliori del genere.
Al contrario, se avete già spolpato i due titoli nella loro iterazione PlaystationVita o vi ritenete poco compatibili con una struttura di gioco in cui si legge molto di più di quanto non si agisca sui tasti del controller, allora fareste meglio a starne alla larga, anche se la formula ibrida ideata dal team di sviluppo potrebbe comunque fare al caso vostro.
Peccato per la totale mancanza di extra e altri incentivi all’acquisto per chi già conosce la serie.