Recensione di Gianluca “DottorKillex” Arena
Ogni forma d’arte, e ci auguriamo che i nostri lettori non siano tra quelli che ancora si rifiutano di considerare i videogiochi come tali, consta di pietre angolari, di opere dall’immane valore che hanno passato indenni l’infame sfida del tempo, stampandosi nella memoria degli appassionati e regalando loro emozioni indescrivibili.
La letteratura ha la Divina Commedia, la pittura le opere di Van Gogh, il cinema il Padrino e i videogiochi…beh, dallo scorso tre marzo i videogiochi hanno The Legend of Zelda Breath of the Wild, uno dei lavori più ambiziosi, delicati e prorompenti partoriti dal genio di Eiji Aonuma.
Avete già avuto modo di leggere la nostra recensione della versione per Switch, ma il progetto era originariamente nato su Wii U, console tanto sfortunata quanto foriera di titoli di grandissimo valore: proprio questa versione è quella che analizzeremo oggi, per tutti i nostri lettori che ancora non hanno deciso se e quando passare alla nuova macchina Nintendo.
Avendo già pubblicato recensione e videorecensione della versione per Switch, in questa sede ci limiteremo ad analizzare le differenze tecniche tra le due piattaforme, e a tornare solo brevemente sulla trama e sul gameplay di questa opera magna.
A livello narrativo, vi basti sapere che Breath of the Wild offre l’ennesima rilettura dell’infinita fiaba di Link e Zelda, con il terzo, scomodo vertice del triangolo ancora rappresentato da Ganon, un male cangiante che, nell’arco della saga, ha preso tantissime forme.
L’impatto narrativo di questo franchise non è mai stato dirompente, e Breath of the Wild, pur ampliando il lore della serie e aggiungendo all’equazione un ottimo doppiaggio in italiano (non per Link, rigorosamente muto), non rappresenta un’eccezione così evidente da questo punto di vista: la storia è asciutta, non troppo originale eppure capace di riservare momenti davvero intensi, soprattutto nella parte finale.
Più che in altri episodi, poi, i giocatori più curiosi potranno appassionarsi a decine di diverse storielle secondarie, collegate alle quest opzionali che i numerosi NPC sparsi per l’enorme mappa di gioco non indugeranno ad affidare loro.
Abbiamo comunque notato una regia più attenta allo storytelling, un taglio maggiormente cinematografico di molte delle cutscene e, più in generale, una maggiore cura riposta nei dialoghi, sebbene il cuore pulsante della produzione sia ancora da ricercare nell’aspetto squisitamente ludico.
Più che soffermarci sulle meccaniche di gameplay, forti dell’analisi già effettuata su queste pagine, ci concentreremo sul dare ai nostri lettori una serie di preziosi consigli per godersi al meglio una delle avventure più belle di tutti i tempi.
Innanzitutto, recatevi nelle opzioni ed abilitate la modalità Pro per quanto concerne la visualizzazione della minimappa: così facendo, lo schermo si ripulirà di tutti gli indicatori, lasciando solamente la barra con i cuori nell’angolo sinistro.
Crediamo questo sia il modo migliore per immergersi completamente nel mondo che vi circonda, come se ci foste davvero voi nei panni di Link.
Sperimentate più che potete: Breath of the Wild è un gioco permissivo, con autosalvataggi molto frequenti grazie ai quali, anche in caso di inaspettato game over, non dovrete mai ripercorrere lunghi tratti della mappa, e questo ne fa il playground ideale per gettarsi da dirupi altissimi, provare a scalare montagne impervie, tentare di affrontare nemici apparentemente non alla nostra portata o curiosare dentro una grotta buia.
Prendetevela comoda: una trentina di ore sono sufficienti per arrivare in fondo, ma correndo vi perdereste la miriade di attività secondarie, di easter egg, di segreti e piccole chicche sparse per la mappa di gioco: noi abbiamo usato pochissimo tanto il tasto della corsa quanto il teletrasporto, perché, come per tutti i giochi open world di grande qualità, il viaggio è spesso più importante della destinazione.
Cimentatevi con quanti più Sacrari possibile, non tanto per le ricompense, quanto per l’ingegnosità dei puzzle che spesso propongono e per la splendida sensazione che deriva dalla loro soluzione: vi sentirete dei geni, che lo siate o meno.
E, per l’amor del cielo, evitate come la peste le guide e le soluzioni che iniziano a circolare in rete in questi giorni: il rischio di perdersi qualcosa fa parte del gioco, e, anzi, potrebbe darvi la scusa per tornare a vestire i panni di Link tra qualche mese o qualche anno.
Una scoperta fatta da soli e magari condivisa solo con i propri amici offre emozioni genuine che nessuna soluzione potrà mai restituire: lo spirito dietro Breath of the Wild è il perdersi nella natura, in un mondo selvaggio ma non necessariamente malevolo, dall’interno del quale lo spirito di osservazione, la curiosità e il gusto della scoperta rappresentano i cardini di una meravigliosa esperienza.
In ultimo, un consiglio che si adatta benissimo anche alla vita reale: non sottovalutate l’importanza di mangiare bene.
Nessuno vi dirà come farlo nell’ultima fatica targata Nintendo, e le ricette, il più delle volte, deriveranno dai vostri esperimenti, tra fallimenti e cibi mezzi avariati.
Eppure, una volta padroneggiata l’arte culinaria in-game, potreste trarne notevoli vantaggi, visto che ci sono cibi che consentono di affrontare tanto il caldo quanto il freddo anche essendo sprovvisti dell’apposito equipaggiamento, altri che garantiscono un notevole boost alla forza fisica, utilissimi da ingerire subito prima di una boss fight, ed altri che invece favoriscono un approccio stealth, rendendo Link quasi invisibile per un certo lasso di tempo.
Quindi cucinate, cucinate, cucinate!
E veniamo al confronto tecnico, che, dopo quanto scritto, dovrebbe valere poco o nulla.
Abbiamo giocato a Breath of the Wild in versione Wii U utilizzando una copia digitale, installata su un disco esterno perché la memoria interna delle console l’abbiamo riempita tutta a pochi mesi dal lancio.
Specifichiamo le modalità perché l’assenza di un supporto ottico dovrebbe aver velocizzato leggermente i caricamenti, che, infatti, sono fulminei, praticamente indistinguibili da quelli della versione per Switch: caricare un salvataggio richiede solamente una manciata di secondi, e tornare attivi dopo un game over ancora meno.
A livello visivo, le differenze ci sono, ma davvero solamente un occhio allenato e particolarmente critico se ne accorgerebbe: l’aliasing è più marcato, i colori sono leggermente meno vividi, determinate texture di superficie (soprattutto sui terreni non coperti dall’erba o sulle rocce su cui arrampicarsi) risultano meno definite e maggiormente sgranate, e la linea dell’orizzonte appare meno nitida, cosa riscontrabile con maggior facilità ricorrendo al cannocchiale.
La mappatura dei controlli è identica alla versione per Switch, e questo, purtroppo, ha determinato il completo inutilizzo del GamePad che, se sfruttato adeguatamente, avrebbe garantito a questa versione un vantaggio ludico e strategico non da poco: visualizzare la vasta mappa sul pad e potervi appuntare sopra icone e promemoria con il pennino avrebbe reso l’esperienza di gioco ancora più entusiasmante, senza la necessità di dover mettere il gioco in pausa per avere un’idea migliore dei dintorni.
L’unico, minimo aspetto positivo è rappresentato dal fatto che la batteria del GamePad sembra beneficiare dello schermo inattivo, garantendo un boost di circa 45 minuti rispetto agli standard soliti durante le nostre sessioni di prova: questo valore è comunque indicativo, e può variare anche considerevolmente a seconda dell’uso che avete fatto della vostra batteria e dell’età della stessa.
Alla fine della fiera, quindi, l’aspetto in cui più si percepisce l’inferiorità della versione Wii U è quello del ritmo di aggiornamento dello schermo: se già con Switch collegato alla dock si erano riscontrati cali di framerate nelle situazioni più concitate (a 900p), sulla vecchia ammiraglia Nintendo le cose vanno anche peggio (a 720p), con fenomeni di stuttering e rallentamenti sistematici in prossimità di tutti i villaggi di gioco, quando i modelli a schermo da gestire diventano troppi per il limitato hardware ospite.
Ad onor del vero, il fatto che questi episodi non si verifichino quasi mai durante le fasi esplorative limita fortemente il loro impatto sull’esperienza di gioco, che, infatti, anche su Wii U rimane assolutamente godibile: se non fosse stato per l’abbandono del doppio schermo, non avremmo esitato a definire “miracolosa” la resa di Breath of the Wild su una macchina uscita nel 2012 e che, già al lancio, denunciava grosse carenze in quanto a potenza di calcolo.
Non importa su quale piattaforma decidiate di giocarlo, né quanti anni avete e come e quando vi siete avvicinati al medium videoludico: The Legend of Zelda Breath of the Wild è uno dei titoli più influenti, magici e coinvolgenti della storia videoludica, un’opera d’arte finemente cesellata che merita di essere spolpata con lo stesso amore con cui è stata creata.
La versione Wii U, pur leggermente inferiore alla controparte Switch, rimane, in sé, un piccolo prodigio di ottimizzazione, e offre un’esperienza di gioco non meno soddisfacente, soprattutto a quanti decideranno di optare per la copia digitale.
Se poi il team di sviluppo avesse anche sfruttato il GamePad a dovere, allora non avremmo potuto esimerci dall’assegnare un perfect score ma, anche così com’è, questo titolo e questa versione di esso meritano applausi a scena aperta, fino al palesarsi dei calli sulle mani.
This post was published on 8 Marzo 2017 10:51
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