Recensione di Gianluca “DottorKillex” Arena
Nell’attesa (che tende all’infinito, ormai) dell’arrivo di Final Fantasy XV, da pochi giorni entrato in fase gold e in dirittura d’arrivo sulle attuali console, gli appassionati della serie di JRPG più popolare di tutti i tempi possono dilettarsi con uno spin-off gustoso, che celebra moltissimi aspetti della longeva saga e introduce un paio di nuove meccaniche, che vanno ad integrarsi con naturalezza con un gameplay ormai assunto al ruolo di classico.
In realtà, non solo tra gli amanti della serie Squaresoft si potrebbero celare i probabili acquirenti: una delle caratteristiche migliori di World of Final Fantasy, infatti, è proprio la sua versatilità.
Scopriamo di più nella nostra recensione.
Dei tre aspetti fondamentali che compongono un videogioco (narrativa, gameplay e presentazione), sicuramente quello di World of Final Fantasy che ci ha colpito di meno è rappresentato dalla trama, un flebile abbozzo utile a giustificare le peregrinazioni dei gemelli Lann e Reynn all’interno del mondo di Grymoire.
I due fratelli si risvegliano su una spiaggia assolata, in uno scorcio nel quale molti di noi vorrebbero andare in vacanza (soprattutto adesso che incombe l’inverno…), ma privi della memoria: ricordano solamente il loro nome e il legame che condividono, e, pur estranei al mondo in cui si ritrovano, verranno coinvolti a fondo nelle sue vicende, visto che saranno gli unici a potersi opporre alla armate di Bahamut, deciso ad impossessarsi del potere ed annientare chiunque gli si opponga.
Come per i titoli dedicati ai Pokemon (e il paragone si rivelerà calzante anche per tanti altri aspetti, come vedremo), World of Final Fantasy non fa mistero di non puntare né sulla profondità del plot né tantomeno sulla caratterizzazione dei personaggi o sull’atmosfera: fortunatamente, l’impressione iniziale di trovarsi dinanzi ad un titolo godibile esclusivamente dai giovanissimi viene dissipata dalla complessità di certe meccaniche e dall’altissimo grado di personalizzazione che il gameplay consente, ma, fermandosi al solo arco narrativo, verrebbe da roteare gli occhi con eccessiva frequenza.
L’amnesia è un topos abusatissimo, cui, negli anni, nessuno sceneggiatore è riuscito però a trovare un efficace sostituto, e la bidimensionalità dei personaggi, dagli alleati al villain principale, distoglie l’attenzione dagli sviluppi dell’intreccio, peraltro appesantito da un numero incredibile di dialoghi molto verbosi.
Dove, invece, il lavoro di scrittura rimedia una bella figura è nelle battute e nello spirito ilare che pervade la produzione, con scambi divertenti e situazioni che non sembrano prendersi mai troppo sul serio, impreziosite da un lavoro di localizzazione di ottima qualità, seppure limitato ai soli sottotitoli.
Come anticipato, l’aspetto migliore della produzione risiede nella sua capacità di accontentare, seppure in maniere diverse, fasce di pubblico molto ampie e parecchio differenti tra loro: i giocatori più giovani, che magari non hanno giocato ad altri giochi di ruolo al di fuori di quelli sviluppati da Game Freaks, troveranno familiare la struttura di gioco, che prevede scontri a turni molto canonici ma ravvivati dalla possibilità di catturare fino a duecento diversi mostri, da impiegare poi in battaglia, far crescere e potenziare adeguatamente ad ogni passaggio di livello.
I veterani del genere, invece, potrebbero essere affascinati dai continui omaggi alla saga, dalle comparsate di tanti personaggi amatissimi (qui in versione rigorosamente super deformed) e dall’altissimo grado di personalizzazione del party, figlio non solo della possibilità di “imprismare” i mostri ma anche di impilarli uno sull’altro amplificandone affinità e debolezze elementali, creando così delle vere e proprie macchine da guerra sorridenti.
Il processo di cattura dei Mirage ricorda molto da vicino quello ideato per la saga dei Pokemon, con la sola differenza che qui ogni mostro richiede dei prerequisiti per poter essere imprismato, che vanno da un livello minimo all’utilizzo di determinate magie elementali: nulla di particolarmente complicato, se è vero che l’obiettivo del team di sviluppo è palesemente quello di offrire al giocatore un ampio ventaglio di scelte, così da dare un’impronta forte al suo gruppo di combattenti.
Il cerchiobottismo continua se si pensa che coloro che hanno giocato e terminato anche solo alcuni dei precedenti Final Fantasy potranno evocare dei Campioni, che altri non sono se non alcuni tra i protagonisti più amati della serie: da Yuna all’eroe del primissimo episodio, passando per Squall e Sephiroth, ognuna di queste evocazioni spezzerà non solo gli equilibri delle singole battaglie in cui saranno chiamate in causa, ma anche i cuori dei fan più affezionati.
Tutte le scelte di game design, a ben vedere, puntano ad offrire un’esperienza accessibile ed adatta ad un pubblico il più ampio possibile: in quest’ottica va visto il ritorno degli scontri casuali, probabilmente non troppo graditi ai veterani ma capaci di assicurare ai giocatori meno smaliziati un livello sempre adeguato alle sfide proposte dal gioco, che, comunque, raramente si dimostrano impegnative.
La difficoltà media è bassa, e, fatta eccezione per alcune zone specifiche, la sconfitta del party in battaglia lo riporterà, semplicemente, all’hub centrale, senza penalizzazioni in termini economici o di punti esperienza.
Cionondimeno, chi è cresciuto a pane e JRPG troverà in World of Final Fantasy gli stessi stimoli offerti dai già citati titoli dedicati ai Pokemon, ovvero catturare tutti i Mirage e confrontarsi con un paio di boss nascosti, capaci di offrire una sfida più sostanziosa.
Il character design super deformed, che sin dai primi trailer ha spaccato in due il pubblico, è anch’esso figlio della volontà di avvicinare nuovi giocatori al brand, tanto quanto l’inclusione di cut scene in stile anime e un bestiario dei mostri nemici quanto mai tenero ed arrotondato, soprattutto se confrontato con quelli della prima decina di capitoli della serie regolare.
Lo spettacolo visivo offerto da World of Final Fantasy è comunque più che buono, anche se la versione PS4 da noi testata risente un po’ del fatto che il gioco sia stato sviluppato cross platform con Vita (con cui condivide anche i salvataggi), e denuncia qualche fondale meno ispirato e texture non sempre in alta risoluzione.
Siamo comunque dinanzi ad uno di quei casi in cui lo stile prevarica la mera conta poligonale, e il risultato è che Grymoire appare come un mondo vivo, sognante, teatro ideale di un’avventura leggera e (perlopiù) spensierata.
Soddisfa anche il versante sonoro, grazie ad una serie di remix ben fatti di pezzi storici della serie e ad una manciata di temi inediti che ben si addicono al tono generale molto meno serioso della produzione.
La durata complessiva è stimabile tra le trentacinque e le quaranta ore se ci si limita al raccogliere la metà dei Mirage e ad occuparsi della quest principale, ma può aumentare anche di venti ore per quanti si volessero dedicare alla ricerca forsennata di tutti i mostri arruolabili.
Ci siamo divertiti molto a giocare a World of Final Fantasy, anche se si trattava di un tipo di divertimento diverso da quello che hanno saputo offrirci, in passato, i capitoli regolari del franchise: se non vi pesa sacrificare trama, personaggi, epicità delle battaglie e livello di difficoltà sull’altare dell’accessibilità e della personalizzazione estrema del party, allora potreste aver trovato il modo migliore per attendere la fine di novembre e l’attesissima quindicesima Fantasia Finale.
Un Final Fantasy fuori dagli schemi, forse più adatto ai neofiti che ai veterani, che si lascia però giocare con piacere anche da questi ultimi, magari in fondo ad una giornata particolarmente stressante.
This post was published on 28 Ottobre 2016 11:31
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