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Pubblicato in: Recensioni

Tokyo Mirage Sessions #FE – Recensione

Recensione di Gianluca “DottorKillex” Arena

Tra i titoli più attesi di un 2016 travagliato per Wii U c’è sicuramente Tokyo Mirage Sessions FE, anche solo per i nomi coinvolti e per le saghe da cui si prende spunto: Atlus non ha più nulla da dimostrare in ambito JRPG, essendosi attestata, da anni, come uno degli sviluppatori più talentuosi e prolifici, e Nintendo è solita curare le produzioni che pubblica in maniera maniacale, garantendo sempre determinati standard di qualità in fatto di presentazione e localizzazione.
Se poi ci aggiungiamo la presenza di personaggi provenienti dall’universo di Fire Emblem…beh allora ecco che l’hype, nonostante le scarse informazioni rilasciate fin qui, sale a dismisura.
Vediamo allora se le speranze dei fan sono ben riposte.

X-Factor made in Japan

Per riuscire ad entrare in empatia con i personaggi e godersi l’intreccio dietro Tokyo Mirage Sessions FE, è opportuno sospendere l’incredulità e dimenticare tutto quel che credete di sapere sulla coproduzione Atlus/ Nintendo, visto che ambientazione, temi trattati e storytelling sono tutti decisamente peculiari, quanto mai distanti dall’idea di crossover tra le serie Shin Megami Tensei e Fire Emblem che ci eravamo fatti noi per primi.
La storia ha comunque a che fare con i demoni e l’occulto, come da tradizione Atlus, anche se questi rivestono un ruolo decisamente diverso da quello che ci si potrebbe attendere: con il nome di Mirage, questi spettri si impadroniscono delle persone di talento (cantanti, ballerini, attori e via dicendo) per ghermire il loro Performa, ovvero l’energia vitale che li muove e ne determina la bravura in ambito artistico.
Il nefasto potere dei Mirage si esercita in due modi differenti: a volte possiedono i corpi delle loro vittime facendo sì che si comportino in maniera aggressiva ed irresponsabile, delle altre, invece, ne causano la sparizione dal mondo materiale, per trasportarli in una dimensione altra nella quale il loro potere si fa più consistente.
Tsubasa Oribe, una delle protagoniste del gioco, ha visto scomparire sua sorella, famosissima teen idol, la sua orchestra e tutti gli oltre mille spettatori che assistevano al suo show, rimanendo l’unica sopravvissuta: i fili narrativi di Tokyo Mirage Sessions FE iniziano ad annodarsi cinque anni dopo questo tragico evento, quando una Tsubasa ormai diciottenne si trova inaspettatamente coinvolta nel mondo dello show business ella stessa.
Il giocatore vestirà i panni di Itsuki Aoi, amico d’infanzia di Tsubasa, e a completare il party delle prime ore di gioco ci sarà anche Touma Akagi, impulsivo ma generoso compagno dei due: tra un allenamento in palestra in stile talent show, concerti pop a cui assistere e un’agenzia di intrattenimento da portare avanti, l’ultima fatica di Atlus propone al giocatore un plot leggero, di facile lettura nonostante l’accoppiata tra il parlato giapponese e i sottotitoli in inglese, che strapperà più di una risata in più di un frangente.

Idoli delle folle

Il sistema di gioco ideato dal team di sviluppo non si discosta poi troppo da quello delle produzioni ruolistiche che hanno fatto la fortuna di Atlus negli ultimi vent’anni: Tokyo Mirage Sessions FE, dopo qualche ora di ambientamento, si schiude e si presenta come un titolo dalle meccaniche rodate ed oliate, che, per innovare, punta piuttosto sull’ambientazione e sulla leggerezza dell’arco narrativo, che va di pari passo con un ammorbidimento del livello di difficoltà rispetto ai titoli regolari della serie Shin Megami Tensei.
La mappa di Tokyo non è liberamente esplorabile, divisa in location d’interesse da selezionare in un menu, e la progressione della main quest è invero abbastanza inquadrata, senza che al giocatore sia lasciata troppa libertà in quest’ambito.
Non mancano, comunque, un buon numero di missioni secondarie, nelle quali ci si può imbarcare tra una capitolo e l’altro della storia, così da migliorare la relazione tra i diversi personaggi del party ed ottenere abilità speciali e linee di dialogo dedicate.
Dove, invece, il giocatore è lasciato libero di gestire la situazione è nel sistema di crescita dei personaggi, uno dei due pilastri del gameplay, assieme al combat system: ogni membro del party è accoppiato ad un Mirage, che rimarrà lo stesso dall’inizio alla fine dell’avventura. Ciò che cambia, però, è l’equipaggiamento ad esso collegato, che ne modifica anche l’aspetto esteriore: al termine dei combattimenti, a seconda di quanto bene si è combattuto, si ottengono oggetti utili a forgiare nuove armi, da ognuna delle quali si possono imparare un determinato numero di skill.
Il numero totale delle abilità che è possibile equipaggiare, però, è limitato, e quindi, già alla soglia della decina di ore di gioco, il giocatore dovrà scegliere bene quali abilità favorire e quali scartare, creando così personaggi unici e diversificati tra loro.
Se, sulle prime, questo sistema sembra limitante, costringendo a rimanere con la stessa arma in caso non si trovino i materiali utili a forgiarne una nuova, già dopo una manciata di ore di gioco le soluzioni abbondano, e ci si potrà sbizzarrire nel creare un party variegato, in cui ogni personaggio assolva ad un compito specifico.
Il tutto è facilitato ad un combat system tanto familiare per gli appassionati dei titolo Atlus quanto ben congegnato: i tre combattenti schierabili accerchiano i nemici, alternandosi negli attacchi e ricevendo gli applausi del pubblico ad ogni mossa andata a segno.
La chiave di volta è rappresentata dalle debolezze elementali dei nemici, sfruttando le quali è possibile concatenare serie lunghissime di attacchi, senza che il malcapitato nemico possa contrattaccare.
Attaccando un nemico debole agli attacchi di spada, ad esempio, qualora i due compagni di battaglia di colui che porta l’attacco abbiano equipaggiate abilità che si collegano a questa tipologia di affondi, eseguiranno attacchi multipli “gratuiti”, senza consumare il loro turno: molti nemici, soprattutto i boss, possono essere sconfitti solamente interiorizzando alla perfezione questo sistema di gioco.
Mentre i neofiti si troveranno a loro agio al livello di difficoltà preimpostato, il consiglio per gli appassionati di lungo corso della saga Megaten è di innalzarlo subito a Difficile, così da godersi al meglio i combattimenti, evidentemente pensati per un pubblico meno smaliziato.

Luci e colori del palcoscenico

A fronte di un comparto tecnico discreto ma non in linea con le migliori produzioni viste su Nintendo Wii U, Tokyo Mirage Sessions FE sfoggia un comparto artistico molto azzeccato, in linea con i toni della vicenda e con la giovane età dei protagonisti: durante i combattimenti ci si esibirà su un palcoscenico, con tanto di pubblico urlante attorno, invece che in una normale arena da JRPG, i membri del party sono chiamati “Attori” e ognuna delle mosse speciali è accompagnata da un tripudio di colori e di effetti sonori quanto mai spensierati ed allegri.
Le animazioni un po’ legnosette, allora, vengono controbilanciate dalla ricchissima tavolozza di colori, i dungeon abbastanza basilari nella loro costruzione poligonale dalla cura con cui invece sono realizzati i personaggi principali e le loro animazioni facciali, e così via.
A soffermarsi solamente sul versante tecnico, insomma, Tokyo Mirage Sessions FE non si eleva dalla massa, rimanendo gradevole alla vista ma senza slogare mascelle, ma dal punto di vista meramente artistico, il lavoro svolto dai grafici Atlus non può che essere promosso a pieni voti.
Merito anche di una Tokyo che, pur riprendendo angoli della città realmente esistenti (da Shinjuku a Shibuya), è perfettamente in linea con l’immaginario dipinto dal team di sviluppo, e, soprattutto di una colonna sonora energetica e zeppa di pezzi pop cantati, venduta anche singolarmente in patria e disponibile su disco per gli acquirenti della Fortissimo Edition, che uscirà lo stesso giorno di quella regolare, il prossimo 24 giugno.
A seconda di quante side quest deciderete di portare a termine, il prodotto Atlus potrebbe durare tra le venticinque e le quaranta ore scarse, ma, come per tutti i giochi di ruolo giapponesi, questo computo non tiene conto dei vostri ritmi e della quantità di battaglie in cui vi imbarcherete.

Commento finale

I timori che hanno accompagnato il ritardo del prodotto e la sua scarsa attinenza con gli universi di Fire Emblem e Shin Megami Tensei sono alle spalle, visto che Tokyo Mirage Sessions FE, pur molto differente dalle nostra aspettative, si è dimostrato un JRPG assai ben fatto.
Perfetto per quanti intendano avvicinarsi al genere senza essere sopraffatti da una mole eccessiva di dialoghi e meccaniche complesse ma, nel contempo, non troppo semplificato da non attirare anche i fan storici di Atlus, che vi troveranno un combat system che funziona a meraviglia ed un sistema di crescita dei personaggi altamente personalizzabile.
Se ciò che cercate è un gioco di ruolo giapponese con setting e personaggi fuori dai consueti schemi, potreste aver trovato il prodotto adatto a voi.

This post was published on 22 Giugno 2016 17:00

Redazione Player.it

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