Recensione di Gianluca “DottorKillex” Arena
Se, da un lato, è triste pensare che una leggenda vivente dei giochi in 2D come Keiji Inafune sia dovuto passare da Kickstarter per trovare i finanziamenti per quello che è, a tutti gli effetti, il seguito non ufficiale dei vari Megaman, dall’altro questo conferma la bontà del crowdfunding, sebbene spesso i progetti legati alla piattaforma succitata impieghino molto più tempo del previsto ad arrivare sul mercato.
Questo è anche il caso di Mighty No. 9, fattosi attendere più del lecito ma adesso pronto a sbarcare su tutte le console casalinghe, con le due versioni portatili previste entro l’anno ma al momento prive di una data di uscita confermata.
La nostra prova è stata effettuata su PS4, e nelle righe seguenti troverete il nostro giudizio: pronti?
Robot a briglia sciolta
In un’ipotetico futuro prossimo, in cui l’umanità si è appoggiata ancora più di adesso sulla robotica e sull’aiuto della tecnologia, uno strano virus si diffonde tra quelli che, solo pochi giorni prima, erano dei fedeli ed insostituibili aiutanti degli uomini: robot di tutti i tipi e di tutte le fogge iniziano a devastare città ed insediamenti, comportandosi in maniera aggressiva ed assolutamente non in linea con il modo in cui erano stati programmati.
Chi altri può rimettere le cose a posto se non Beck, amico di molti dei robot adesso fuori controllo e fiore all’occhiello del progresso tecnologico raggiunto?
Come per tutti i Megaman, di cui Mighty No. 9 ripercorre fedelmente le orme, la trama rappresenta solamente una scusa per gettare il giocatore nella mischia, con un livello introduttivo utile a fargli prendere la mano con le meccaniche di gioco, invero assai semplici da metabolizzare.
Alla modalità principale, completabile in una manciata di ore ma decisamente rigiocabile, si affiancano altre cinque modalità extra, come le Sfide, che pongono il giocatore dinanzi a condizioni di volta in volta differenti, o il Boss Rush Mode, in cui sorbirsi, uno dietro l’altro, tutti gli scontri con i robot che dovremo affrontare alla fine dei nove stage principali.
Se già il livello di sfida medio del gioco, a livello normale, è decisamente più sostenuto della media degli action platform odierni (sebbene lontano dalle vette di frustrazione che contraddistinguevano alcuni dei giochi del robottino blu), affrontare alcune delle Sfide richiederà sangue freddo e riflessi fulminei: completare uno stage senza poter attaccare, con un limite di tempo stringente, o senza potersi proiettare in avanti (feature distintiva del prodotto) non sarà alla portata di tutti.
Una difficoltà comunque scalabile, impegnativa già al livello prestabilito e decisamente proibitiva a quelli più alti, non può che essere ben accolta: Mighty No. 9 è giocabile anche dai più giovani, che magari di Megaman non conoscono che il nome, a patto di non lasciarsi scoraggiare da qualche schermata del game over e da alcuni passaggi che faranno digrignare i denti.
Tradizione e dinamismo
Le dinamiche di gioco che caratterizzano Mighty No. 9 sono sempre in bilico tra tradizione ed innovazione, con un evidente sbilanciamento nei confronti della prima, che però non ha impedito a Keiji Inafune di inserire un paio di novità all’interno del quadro.
Quella sicuramente più consistente è rappresentata dalla spazzata orizzontale, che consente a Beck di coprire gap e strapiombi, ma , soprattutto, di infliggere il colpo di grazia ai nemici precedentemente indeboliti.
Differentemente dai Megaman storici, nei quali tenersi a distanza dai nemici rappresentava spesso la tattica migliore, in Mighty No. 9 avvicinarsi ad un nemico che vacilla, perché già riempito di colpi, consente di finirlo, guadagnando, nel processo, una preziosa dote di punti bonus, utili per raggranellare una migliore valutazione a fine livello e bullarsi con gli amici nell’apposita sezione dedicata alle classifiche online.
Non essendo regolato da indicatori, l’abuso di questa tecnica rappresenta una delle prime meccaniche da interiorizzare: esso dona un ritmo sconosciuto ai titoli cui Inafune diede vita a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, avvicinando Mighty No. 9 ai canoni che il genere ha codificato nel corso dell’ultimo decennio, nel quale, nonostante la definitiva affermazione del 3D, sono stati pubblicati non pochi esponenti notevoli del genere, come Axiom Verge, Guacamelee o Mark of the Ninja.
Tuttavia, non è tutto oro quel che luccica: a fronte di tante note positive, l’ultima fatica firmata Comcept non riesce ad esprimere la genialità che ci si aspettava da un game designer del talento di Inafune né in quanto a level design, né (anche se in misura minore) nelle boss fight.
Il primo sembra uscito dal manuale del buon design videoludico, scolastico e mai sopra le righe, né in senso positivo né negativo: il livello con fasi subacquee e le superfici insta-death sono retaggi di un passato videoludico che non ci manca, ma, mediamente, non c’è nulla che non vada nel design dei nove livelli principali.
Il punto è che non c’è nemmeno nulla che stupisca, nulla che marchi Mighty No. 9 come un gioco unico, capace di regalare freschezza ad un genere che il suo stesso creatore ha contribuito a creare: nessuno degli stage è riuscito a stupirci, nessuna soluzione peculiare differenzia l’avanzamento durante la main quest da qualsiasi altro prodotto di buona fattura affacciatosi sul mercato negli ultimi anni.
Magari erano le nostre aspettative ad essere fuori parametro, ma dal padre di Megaman era lecito aspettarsi qualcosina di più da questo punto di vista.
Discorso simile anche per le boss fight, dai pattern molto più facilmente riconoscibili che in passato e con un paio di ripetizioni che non abbiamo particolarmente gradito, nonostante la qualità generale, bene ribadirlo ancora una volta, sia comunque buona (altrimenti non si spiegherebbe il voto che avete visto ad inizio pagina).
Unreal Engine
A fronte di un comparto tecnico solido, senza particolari squilli, convince poco il character design, soprattutto a causa della scelta di affidarsi ad un motore interamente tridimensionale (il sempre affidabile Unreal Engine) per un gioco dalle dinamiche e dalla natura intrinsecamente in due dimensioni.
L’effetto finale è quello di personaggi che, pur conservando un look cartoonesco, non riescono a porsi come personaggi di un ipotetico fumetto, perché la loro fisicità e il risicato set di animazioni rimandano al tratto occidentale e al realismo propri del motore proprietario di Epic.
La nostra prova, avvenuta su PS4, non ha comunque evidenziato bug, rallentamenti o glitch di sorta, sfoggiando, anzi, una pulizia del codice che, alla luce delle ultime controversie generate da un trailer quantomeno discutibile, non ci saremmo aspettati di trovare.
Da notare come all’appello manchino ancora le versioni portatili, per 3DS e PSVita, in arrivo comunque entro il 2016, stando alle parole del team di sviluppo.
Commento finale
Una serie di ritardi e rinvii ed un trailer di dubbio gusto ci avevano fatto perdere le speranze per Mighty No. 9, che invece, fortunatamente, dimostra come il talento di Keiji Inafune non sia affatto sfiorito negli ultimi anni.
Se per level design e boss fight, l’ultima fatica Comcept non riesce a rivaleggiare alla pari con i titoli storici della saga di Megaman, si dimostra comunque abile nel proporre un gameplay decisamente più dinamico ed un livello di sfida che, pur conservando una certa severità, si fa più accessibile per i videogiocatori più giovani.
Non il migliore esponente del sottogenere degli action platform bidimensionali ma comunque una soluzione consigliata ai nostalgici e a quanti intendono mettersi alla prova con un prodotto mai troppo accondiscendente.