Dopo oltre sette anni dal precedente episodio abbiamo finalmente potuto provare Catalyst, il nuovo capitolo di Mirror’s Edge e siamo pronti a raccontarvi nel dettaglio la passeggiata tra i tetti fatta in compagnia di Faith…
Articolo di Simone Alvaro “Guybrush89” Segatori
Mirror’s Edge è sempre stato un titolo di difficile catalogazione, lontano dai classici circuiti del “genere” e molto più vicino ad una realistica simulazione di Parkour. Ci troviamo di fronte ad un gioco fatto di sensazioni, di momenti sospesi e di salti nel vuoto tra i tetti di una città immaginaria eppure così familiare, dove cemento, vetro, ferro e aria si uniscono in una rincorsa continua verso il cielo.
DICE punta infatti a stimolare i giocatori calandoli in una sorta di full-body experience dove tutte le azioni compiute, gli ambienti percorsi e persino i rumori, restituiscono una piena immedesimazione con la protagonista Faith. La ragazza è una runner professionista che, insieme ad un gruppo di anarchici, combatte la società distopica in cui è cresciuta governata dalla Corporazione. La giovane runner sembra avere un oscuro passato alle spalle e infatti all’inizio del gioco la vediamo uscire di prigione dopo alcuni stralci della sua vita passata. Faith non fa nemmeno in tempo a lasciare le porte del carcere che subito viene avvicinata da un misterioso individuo che le fornisce un dispositivo per aggirare le protezioni imposte dal sistema e le permette di osservare il mondo con gli occhi di un runner, una sorta di realtà aumentata per gli agonisti del parkour. Purtroppo l’avventura non viene raccontata al meglio, con dialoghi carenti di forza narrativa e un plot privo di mordente. I personaggi non hanno caratterizzazione, nemmeno la protagonista, e sembrano essere stati inseriti tanto per far progredire la storia o per sbloccare nuove missioni. La distopia del controllo totale e invasivo, messa in piedi dalla sceneggiatura, non regge e pare che la vivano solo i runner anche perché la città di contorno quasi non esiste ed è popolata da rari NPC praticamente identici tra loro. Le idee degli sceneggiatori sono interessanti ma non sviluppate a dovere e la trama collassa già dopo le prime ore sfinendo il giocatore con continui cliché. Pur non presentando una storia intensa non si può certo dire che gli sviluppatori non si siano impegnati nel creare un ricco universo free roam, vera novità portata da Catalyst. Il giocatore potrà decidere di sostenere le missioni in sequenza oppure occuparsi dell’esplorazione della città per trovare collezionabili, superare gare di velocità e portare a termine missioni secondarie ed eventi casuali. Tutto questo potrà essere monitorato dalla Mappa 3D di Glass City, accessibile dall’apposito menù, che mostra tutti i punti di interesse e i Rifugi o le Case Sicure. Questi luoghi avranno la funzione di Hub e, oltre a contenere quasi sempre un collezionabile, sbloccheranno dei punti di viaggio rapido con cui spostarsi velocemente per la metropoli senza dover saltare da un tetto all’altro.
La protagonista è in grado di affrontare lunghe sequenze acrobatiche tra ambienti elevati, impalcature, ringhiere tubi e vetri che consentono di trovare un percorso, ora reso più evidente dalla possibilità di attivare la “Visione del Runner”. Con questa particolare abilità Faith potrà osservare per alcuni secondi una sagoma virtuale che mostra gli esatti passi da compiere per superare al meglio una sezione di platforming. La città si sviluppa su più livelli di altezza, colma di elementi platform e suddivisa in zone che possono essere raggiunta dal giocatore scegliendo la via che preferisce. La libertà promessa dal gioco però, si sente esclusivamente nel free roaming mentre gli incarichi della storia si dipanano su percorsi guidati all’interno di ambientazioni chiuse, dove il divertimento del player è sorretto solo da un una sottile superficie di vetro che purtroppo inizia ad incrinarsi già nelle prime missioni.
Il comparto tecnico del nuovo Mirror’s Edge non sempre riesce ad offrire la stessa qualità e procede in una costruzione altalenante sia degli ambienti che degli elementi di gioco. Le prime zone della città di Glass sono ricche di particolari e ben realizzate, mentre inoltrandosi nei quartieri più esterni, si trovano aree davvero prive di dettaglio, come se fossero figlie di una sviluppo disomogeneo rispetto al resto del gioco. Nei quartieri ricchi, che dovrebbero presentare la nobiltà cittadina, gli attici si svuotano, la cura per i dettagli si perde e ci si trova di fronte ad aree prive di interesse e pressoché identiche. Lo stesso vale per quanto riguarda i panorami che è possibile ammirare dagli edifici più alti di Glass City, a metà tra orizzonti mozzafiato e ammassi di poligoni inseriti come se qualcuno avesse messo fretta agli sviluppatori. E’ il contrario invece per quanto riguarda gli ambienti interni, quelli dello storyline principale, ben curati sotto ogni punto di vista, sia per quanto riguarda l’arredamento che gli effetti di luce generati dalle numerose superfici in vetro che ricoprono gran parte della città. Ad unire gli sbalzi grafici presenti troviamo fortunatamente l’atmosfera che la città di Glass riesce ad ispirare, sempre avvolta in quel suo bianco candore, come se fosse una capitale giocattolo sporcata solo dalle impronte dei runner che come dei bambini zompettano sulla sua superficie dopo che mamma l’ha tirata a lucido.
Tutto altro discorso invece è quello da fare sulle animazioni, precise e meticolose presentano un moveset che riprende a 360° la “vita del runner” immergendovi il giocatore. I continui movimenti delle mani, le spinte delle braccia durante la corsa, i palmi che sfidano le pareti nei wallrun, i piedi che si intravedono durante le scivolate, tutti movimenti studiati alla perfezione che trasmettono al gioco la filosofia del parkour. La colonna sonora, fruibile in Dolby 5.1, propone sonorità elettroniche che sfumano in toni più delicati durante le fasi di esplorazione e scalata. Il doppiaggio italiano è ben fatto ma le voci scelte per i personaggi principali sono troppo bambinesche, specie quella di Faith e Icarus che non esprimono pienamente il carattere dei due pg rendendoli poco credibili.
Mirror’s Edge Catalyst, proprio come il suo predecessore, è un titolo dedicato solo a poche tipologie di giocatori. La continua pratica richiesta per imparare i movimenti fondamentali, conoscere le strade cittadine e prendere le giuste misure in ogni salto lo rendono un gioco ostico da mandare giù per il player tradizionale. Questo però non deve scoraggiare i nuovi giocatori che vogliono avvicinarsi al gioco perché grazie ad una gestione intuitiva dei comandi è possibile assimilare il sistema di controllo in pochissimo tempo grazie anche ai potenziamenti che andranno ad ampliare le abilità della protagonista.
Faith potrà raccogliere punti per l’upgrade da qualsiasi attività svolta in gioco ed usarli per sviluppare i parametri di Movimento, che miglioreranno la lunghezza dei salti, la durata delle scivolate e aggiungeranno nuove skill di arrampicata, i parametri di Combattimento, che andranno ad aumentare i danni contro le varie tipologie nemiche oltre che potenziare gli attacchi e i parametri di Attrezzatura, che potenzieranno la resistenza agli urti del corpetto di Faith e la potenza della Corda Mag e dell’Inibitore, due nuovi gadget del gioco. Il primo è un vero e proprio rampino che la protagonista potrà utilizzare per migliorare l’arrampicata ma anche per attraversare baratri o per tirare via pannelli che bloccano il suo cammino. Il secondo invece è un gadget che sfrutta il sistema online inserito nei caschi delle guardie nemiche, questo gadget permette di stordire per alcuni secondi le guardie in modo da poterle mettere velocemente fuori gioco.
I nemici presenti non saranno tutti uguali ma ognuno con delle caratteristiche e delle vulnerabilità. Potremo trovare guardie con arma bianca vulnerabili solo agli attacchi in scivolata mentre per le guardie corazzate e le sentinelle dovremo adottare vere e proprie strategie, aggirandole, spingendole giù dagli edifici oppure utilizzando gli attacchi trasversali. Questa tipologia di colpi, combina le abilità atletiche della protagonista e gli elementi del gameplay disponibili per colpire gli avversari con attacchi volanti. Potremo quindi sfruttare i muri, le ringhiere o i tubi per concatenare diversi tipi di colpi e mettere fuori gioco anche il più duro degli avversari, attenzione però perché per eseguire queste tecniche è necessaria precisione e soprattutto velocità. Ad accompagnare le missioni della storia, che ci terranno compagnia per non più di 10 ore, potremo trovare una grande varietà di collezionabili che si dividono in chip, documenti, valigette segrete, schermi da hackerare, registrazioni e nodi di rete. Tutti forniranno informazioni sul background della storia e nuovi punti potenziamento per l’albero abilità di Faith. Oltre a questo, i personaggi secondari ci sfideranno in gare di velocità con un tempo da battere e da condividere con gli altri giocatori in rete. Queste gare permettono di sbloccare nuovi kit per personalizzare il nostro marchio da Runner e che diventerà il simbolo da sfoggiare con gli altri player online. In utlimo troviamo gli eventi casuali, offerti dai pochissimi abitanti di Glass che porteranno il giocatore a difendere qualche runner da un gruppo di Sentinelle della Krueger, l’organizzazione nemica, oppure ad effettuare consegne in un determinato tempo limite e senza danneggiare la merce, se Faith subisce danni durante il viaggio rovinerà il pacco per cui fa da corriere.
In Mirror’s Edge Catalyst abbiamo corso in lungo e in largo avvertendo l’ebrezza di ogni salto e, con la paura di sbagliare tasto o appiglio, ci siamo fatti strada tetto dopo tetto fino alla conclusione della nostra avventura. Il comparto tecnico del gioco ci ha regalato un mondo fatto di specchi, dove spesso il riflesso della città non è stato in grado di mantenere il livello offerto inizialmente, presentando zone di gameplay che sembrano realizzate e accostate frettolosamente a quelle più definite. Il sistema di controllo è facilmente assimilabile ma richiede precisione e pratica, specie in alcuni balzi e ci siamo ritrovati spesso a compiere una serie di passi incompleti in attesa di quell’unico salto perfetto in grado di farci procedere nell’avventura. Glass City offre una vasta gamma di opportunità che però sanno di già visto e già giocato. Catalyst è un buon punto di inizio per il rilanciare la serie ma rimane la delusione e il pensiero che dopo tutto questo tempo si potesse fare molto di più per il ritorno di Faith.
This post was published on 15 Giugno 2016 12:27
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