Articolo a cura di Roberto Semprebene
Warcraft, nelle sue varie declinazioni, è uno dei brand più noti e potenti del mondo videoludico, una corazzata che, dallo strategico al mmorpg, ha coinvolto e appassionato milioni di fans, costruendo un universo di riferimento ricco di dettagli, contesti, personaggi e storie che ben si presta effettivamente a trovare una declinazione anche al cinema. Malgrado questo, adattare un videogioco di successo in un film non è mai stata cosa semplice: la storia di questi tentativi è costellata di fallimenti, con qualche rara e parziale eccezione, ad esempio la saga di Resident Evil, Silent Hill, in termini di botteghino anche e soprattutto il primo Tomb Raider…
Una considerazione di base che ci sentiamo di condividere con il lettore prima di parlare del film è sull’approccio che abbiamo adottato: un film tratto da un videogioco deve essere innanzitutto un film, ovvero un’opera autonoma, che possa essere goduta anche da chi non ha mai preso mouse e tastiera per vivere in prima persona una campagna. Allo stesso tempo, un film che si ispiri ad un videogioco deve rispettare la propria fonte, calandosi in modo armonico in un contesto già strutturato, senza stravolgerlo, anche quando le esigenze della costruzione narrativa implichino delle licenze poetiche o il riadattamento di ruoli e situazioni. Lo spettatore/videogiocatore deve guardare al film nella consapevolezza che le emozioni proposte dal grande schermo saranno per forza meno coinvolgenti di quelle date dal gioco: non siamo attivi in prima persona, non entriamo in simbiosi con un avatar. Cionondimeno, se il lavoro di adattamento è fatto bene, se la sceneggiatura non è messa lì solo per giustificare due ore di riprese, ci divertiremo a seguire un racconto che ha punti di contatto con qualcosa che conosciamo, anzi, noteremo tutti i rimandi e i riferimenti, potremo apprezzare il lavoro di ricostruzione di un mondo che ci è caro e approfondirne anche la conoscenza o le suggestioni. Ciò detto parliamo del film.
In un tempo lontano, gli Orchi vivevano in un mondo ormai prossimo al collasso, consumato dagli effetti collaterali della magia nera chiamata Veil. Gul’dan (Daniel Wu), stregone orchesco esperto proprio dell’uso del Veil, riesce ad aprire un portale dimensionale su Azeroth, un mondo nel quale l’Orda possa trovare una nuova casa e nuove risorse. L’apertura del portale implica il sacrificio di molte vite, motivo per il quale ad attraversarlo inizialmente è solo un’avanguardia, che dovrà poi costruire un nuovo portale su Azeroth e alimentarlo con prigionieri di guerra. Fra i prescelti per l’avanguardia vi sono l’affascinante mezzosangue Garona (Paula Patton) e il clan dei Lupi Bianchi, guidato dal potente e saggio Durotan, un orco rispettoso delle tradizioni della sua stirpe e abbastanza intelligente da aver colto un nesso fra la devastazione del proprio mondo e i poteri di Gul’dan.
Quando l’Orda giunge su Azeroth, i primi a pagarne le conseguenze sono gli umani, guidati dal saggio re Llane Wrynn (Dominic Cooper), che affida al fido Lothar (Travis Fimmel) il compito di rintracciare il potente mago Medivh (Ben Foster), noto come il Guardiano, perché li aiuti nell’affrontare la sconosciuta minaccia, in quella che verrà ricordata come la Prima Guerra.
Da queste premesse si sviluppa una trama che non andremo a svelarvi, ma che fra vari twist narrativi ed epiche battaglie offre una panoramica su Azeroth e sulla sua storia, lasciandone intuire l’articolata vastità. Stormwind, Ironforge, foreste e lande del continente, così come i suoi abitanti, sono resi nel pieno rispetto dell’estetica di Warcraft, con una particolare menzione per gli Orchi, davvero massicci e ben caratterizzati; gli incantesimi hanno una buona resa visiva, che gli dà consistenza fisica in modo davvero efficace; i combattimenti di massa rendono il gusto delle grandi mischie possibili tanto in Warcraft che in WoW.
Il film è diretto con grande competenza da Duncan Jones, che in due ore ritmate e dinamiche sviluppa il plot in modo ben più articolato che in un banale scontro fra bene e male: in entrambe le fazioni è possibile trovare l’uno e l’altro, ad esempio l’Orda è spietata, ma ha un rispetto sacrale delle tradizioni e del valore in combattimento, anche per i nemici; lo scontro fra razze è raccontato non solo come un’invasione, ma come una necessità e un confronto culturale che può trovare mediazioni; sia nell’Orda che fra i popoli invasi esistono alleanze, giochi politici, amore, amicizia e tradimenti…Naturalmente non mancano le situazioni di guerra e combattimenti cruenti, con gli orchi a fare sfoggio di una straordinaria forza bruta e gli umani a rispondere con la tecnica e una maggiore agilità.
Complessivamente “Warcraft – L’inizio” diverte e intrattiene, creando dei presupposti narrativi efficaci per lo sviluppo della trilogia di cui rappresenta il primo episodio, e dimostrando che è possibile costruire un film gradevole per un pubblico generico a partire da un videogioco. Speriamo sia un punto di svolta e non rimanga un caso isolato!
This post was published on 31 Maggio 2016 15:08
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