Recensione di Gianluca “Dr Killex” Arena
Dopo due appendici discusse, tanto per la qualità della narrazione quanto per l’offerta ludica, Bethesda espande l’universo di Fallout 4 con Far Harbor, il contenuto scaricabile più consistente non solo relativamente alla saga nucleare, ma anche rispetto all’intera carriera videoludica della software house del Maryland.
Una location inedita, completamente slegata dal Commonwealth, un paio di nuove armi e nuovi nemici, e un arco narrativo nuovo di zecca, che parte, come spesso accade, dal particolare, per poi condurre il giocatore nel bel mezzo di una contesa globale, tra tre fazioni costrette a spartirsi un’isola fin troppo piccola.
Benvenuti a Far Harbor.
Installato il DLC, il nostro avventuriero riceverà un messaggio radio dalla segretaria di Nick Valentine, il detective sintetico di Diamond City, che richiede la sua assistenza per un nuovo caso: la figlia dei Nakano, Kasumi, è scomparsa, e i genitori, preoccupati, si affideranno al giocatore per ritrovarla.
Ragazzina brillante ma irrequieta, Kasumi lascerà dietro di sé delle tracce che porteranno fino a Far Harbor, isola sperduta nel Maine, lontana dal Commonwealth e dai suoi problemi, ma nondimeno alle prese con conflitti interni e traversie di varia natura.
A testimonianza di come la vicenda di Kasumi sia solamente un pretesto, una miccia narrativa, il giocatore ritroverà la fuggitiva già dopo meno di un paio d’ore, ma riportarla a casa non sarà altrettanto semplice…
Far Harbor, un tempo meta turistica ed isola felice, è adesso avvolta in una nebbia radioattiva da cui fuoriescono mostruosità, tanto da costringere i pochi abitanti rimasti a rifugiarsi sulla costa, vicino al porto, e difendere a fucilate l’ultimo dominio sicuro rimasto.
Ma i nativi non sono gli unici esseri senzienti a popolare l’isola: ci sono i Figli dell’Atomo, una setta di svalvolati che i giocatori più affezionati della serie ricorderanno, e una piccola comunità di sintetici, riusciti a scappare dall’Istituto e rifugiatisi sotto l’ala protettiva di Dima, un prototipo tanto brutto a vedersi quanto puro nelle intenzioni (o almeno così pare…).
In questo quadro, il nostro alter ego fungerà da ago della bilancia, visto che almeno due delle fazioni sono nettamente contrapposte (abitanti e Figli dell’Atomo) e che la terza, che sembra rimanere neutrale, è in realtà quella che nasconde più segreti: la narrativa, da molti etichettata come deludente per quanto concerne il gioco principale, si dimostra di buon livello, con dialoghi pregnanti ed articolati, che gettano delle ombre persino sull’identità del nostro stesso viaggiatore.
Qualunque scelta intraprendiate, Far Harbor saprà offrirvi personaggi credibili ed un plot interessante, che, un po’ come l’avventura base, pone domande che vanno al di là del videogioco, soprattutto quando in ballo ci sono i sintetici.
Le meccaniche di gioco non si discostano in maniera prepotente da quanto visto In Fallout 4, con l’eccezione della completa eliminazione delle fasi di crafting e costruzione di immobili: Far Harbor si gioca ancora con un’arma in mano e con una spiccata propensione all’azione rispetto ai titoli del franchise che lo hanno preceduto, ma un’ambientazione ispirata, dalla cui nebbia vengono fuori abomini decisamente pericolosi, e un cast di personaggi godibili aiutano ad elevare il livello di questo contenuto scaricabile.
A meno di innalzare il livello di difficoltà nel menu delle opzioni, il livello consigliato è compreso tra il ventesimo ed il venticinquesimo, perché le nuove specie di mostri, a metà tra l’immaginario di Lovecraft e quello di Stephen King (peraltro di casa nel Maine), sanno fare davvero male, tra artigli e chele chitinose.
Nonostante le tipologie di mostri inediti siano solo due o tre, Far Harbor eccelle nel proporre al giocatore gruppi di nemici eterogenei, contro i quali variare strategia in tempo reale: robot, umani, mostri e ghoul attaccano tutti secondo pattern differenti, e la minore estensione rispetto al gioco principale ha costretto i programmatori a concentrarli, portando benefici al ritmo di gioco.
Tra le quest secondarie ci sono poi delle piccole perle nascoste, come una in cui farsi strada tra decine di ghoul per poi giocare all’investigatore in un vault popolato di ricchi robot.
A livello di contenuti, volendo perdersi nell’esplorazione e nel completamento di tutti gli incarichi non strettamente necessari all’avanzamento nella questline principale, si potrebbero superare agilmente la ventina di ore di gioco.
Un ammontare notevole, insomma, che comunque giustifica solo parzialmente il costo elevato del pacchetto al di fuori del season pass.
Se, quindi, mettere il giocatore in uno scenario inedito, con tre fazioni contrapposte, si è rivelata una mossa astuta, lo è stato molto meno costringerlo, lungo la storyline di Kasumi, a cimentarsi in tediose fasi puzzle, basate sullo stesso (antiquato) motore che gestisce il crafting nel gioco base: l’idea, probabilmente, era quella d variare l’azione rispetto al solito “parla e spara”, ma il risultato è un passaggio noioso e poco intuitivo, di cui si festeggia la conclusione.
Com’era ovvio aspettarsi, Far Harbor è mosso dallo stesso motore del gioco principale, e si differenzia da esso solamente per il taglio più oscuro e disperato della nuova ambientazione rispetto alle assolate lande cui ci aveva abituato il Commonwealth.
Mentre in rete montano le proteste per la scarsa ottimizzazione del prodotto su Playstation 4, la versione Xbox One da noi testata non ha mostrato nessuno dei problemi segnalati sull’ammiraglia Sony, né in quanto a framerate né in quanto a crash improvvisi.
Certo, il codice, come da tradizione Bethesda, non è dei più puliti, e in poco meno di venti ore di gioco abbiamo dovuto riavviare il gioco dalla dashborad della console Microsoft in seguito a due freeze completi, ma siamo in media con i problemi riscontrati con il prodotto base, e il framerate di questa espansione non ha mostrato incertezze degne di nota.
Come per Fallout 4, insomma, non siamo dinanzi ad un prodigio tecnico, ma nemmeno ad un titolo brutto da vedere: Far Harbor saprà andare oltre il mero lato grafico proponendo al giocatore, come detto, questline interessanti e personaggi credibili.
Far Harbor, come volevasi dimostrare dopo le prove incolori di Automatron e Wasteland Workshop, è di gran lunga il migliore contenuto scaricabile al momento disponibile per l’avventura Bethesda, e si concentra su quello che lo studio americano sa far meglio, ovvero creare ambientazioni e personaggi intriganti, che coinvolgano il giocatore e lo spingano a proseguire.
Non è perfetto, badate bene: il costo, per chi non si fosse munito di season pass, è elevato, quella particolare fase puzzle stona con il resto della campagna principale e, a dirla tutta, non propone meccaniche di gioco che non si siano già viste nel titolo base.
Eppure, grazie ad una scrittura mediamente migliore rispetto a Fallout 4 e a circa una ventina di ore di contenuti, consigliare questo add-on a chi si è goduto il titolo base non è affatto peregrino.
This post was published on 24 Maggio 2016 14:56
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