Recensione di Gianluca “DottorKillex”Arena
Seguito diretto di quello che da molti viene considerato come il manifesto di come realizzare un titolo a base di fan service, Project X Zone 2 giunge, come il predecessore, in esclusiva su Nintendo 3DS, amplia il già esagerato roster di superstar provenienti dai franchise più famosi di Sega, Capcom e Bandai Namco (con una spruzzatina di Nintendo, stavolta) e affina le meccaniche ruolistiche, nel tentativo di bissare l’inaspettato successo che il primo capitolo riscosse in occidente due anni e mezzo fa.
Quanto a fondo si sarà spinto il restyling operato dai ragazzi di Monolith Software?Scopriamolo insieme.
Insalata mista
Se già il prequel si era segnalato per una trama strampalata, che teneva insieme con grande fatica il nutrito cast di personaggi, stavolta le cose non sono troppo migliorate, sebbene i dialoghi tra gli eroi (e gli antieroi) siano decisamente più curati: sarà la sottotitolazione italiana, sarà l’impegno degli scrittori di Monolith Software, ma ho trovato molti dei siparietti, introduttivi e non, più gustosi che in passato.
Se si fa un passo indietro, invece, e si prova ad analizzare l’intreccio nel suo insieme, i risultati sono tutt’altro che soddisfacenti: detto che non ci vorremmo trovare nei panni del team di sviluppo, costretto ad inventare da zero una storia che possa darsi una parvenza di credibilità, il ricorrere agli strappi temporali e all’eterno conflitto tra le due megacorporazioni della Shinra (i buoni) e dell’Ouma (i cattivi) inizia a sapere un po’ di stantio.
D’altronde i paradossi temporali sembrano l’unica giustificazione plausibile per un cross over che comprende decine di personaggi (il traguardo dei cento non è troppo lontano) provenienti da saghe diverse, e spesso anche molto lontane come data di pubblicazione. Project X Zone 2 riesce però a farsi perdonare se si guarda al roster: da nessun’altra parte potrete assistere ad un dialogo tra Kazuma Kiryu (Yakuza), Morrigan (Darkstalkers) Alex Kidd (Alex Kidd in Miracle World), Dante (Devil May Cry) e Heihachi Mishima (Tekken).
E tanto vi basti.
Pregi e difetti del passato
Le modifiche apportate ai combattimenti non sono andate ad investire i campi critici, se non quello riguardante la durata di certe battaglie, francamente esagerata, soprattutto su una console portatile: adesso i rinforzi nemici, comunque presenti, non inondano lo schermo proprio quando si pensava di essere usciti vincitori da una schermaglia, e la durata media degli scontri ne ha beneficiato.
Per il resto, punti di forza e debolezze della produzione rimangono sostanzialmente invariati rispetto al capitolo precedente: se, da un lato, sono stati migliorati aspetti come la gestione delle truppe tra una mappa e l’altra, la possibilità di colpire i nemici di lato o di spalle per infliggere maggiore danno o quella di conservare le mosse più potenti per gli avversari più coriacei, tramite un sistema che le potenzia quando non vengono utilizzate, dall’altro la profondità tattica rimane ancora inferiore rispetto alla media dei giochi di ruolo strategici presenti su 3DS.
Il nodo più grosso, poi, non solo non è venuto al pettine, ma si è ingarbugliato ancora di più: parlo della difficoltà di gioco, già molto accomodante in precedenza e qui ulteriormente abbassata per via delle nuove mosse a disposizione del giocatore, che avrà qualcosa di cui preoccuparsi solamente durante le ultime due missioni.
L’intenzione del team di sviluppo, probabilmente, era quella di produrre un SRPG che abbattesse le barriere d’ingresso che scoraggiano i neofiti, così da allargare il pubblico da una nicchia di appassionati a una fetta assai più ampia: in quest’ottica, Project X Zone 2 può dirsi un successo, ma coloro che si cimentano con giochi simili da tempo troveranno un minimo di sfida solamente a gioco terminato, imbarcandosi nella modalità New Game Plus.
Lo stile di gioco rende il prodotto appetibile anche (se non soprattutto) agli amanti dei picchiaduro bidimensionali, che dovrebbero essere numerosi tra i fan dei tre publisher rappresentati nel gioco: le fasi di ingaggio del nemico, a base di combo, juggling e combinazioni di tasti non solo sono tornate, ma sono aumentate di numero, offrendo una rosa ancora più ampia di sequenze letali per i malcapitati nemici.
Alla fine dei conti, quindi, l’ultima fatica Monolith si rivolge a tre target ben precisi: i neofiti del genere, che ci troveranno un ottimo entry point nel genere, i fan delle serie coinvolte, che si sentiranno in un paradiso otaku, e coloro a cui piacciono i picchiaduro bidimensionali, che potrebbero apprezzare la variante sul tema e la storia assai strampalata, per certi versi simile a quella che accompagna molti beat’em’up.
Migliorie visive
Nulla da dire per quanto concerne il restyling grafico del gioco, evidentemente migliorato rispetto al predecessore: nonostante la visualizzazione degli incontri con visuale isometrica non faccia gridare al miracolo, una volta ingaggiato il nemico la definizione e il set di animazioni degli sprite bidimensionali sono di ottima fattura, tanto quanto le scene di intermezzo tra le combo e quando si chiama in azione il terzo personaggio del party.
Si vede, insomma, che le tre case rappresentate hanno fatto la storia dei videogiochi (soprattutto a due dimensioni), e Monolith è stata brava ad omaggiarle e a dare omogeneità ad un cast che comprende personaggi provenienti da saghe diversissime tra loro, che hanno debuttato in epoche videoludiche lontane anni luce.
La quantità di contenuti è, ancora una volta, esorbitante, se è vero che la campagna principale necessita di svariate decine di ore e che, giunti in fondo, si sblocca il New Game Plus, l’unico ad offrire un briciolo di sfida per gli utenti più smaliziati.
Chiosa finale per la colonna sonora, che ricicla motivi già ascoltati ma ne aggiunge anche tanti nuovi (oltre a tutti quelli delle saghe corrispondenti), e per il doppiaggio, in lingua originale con sottotitoli in italiano, a testimonianza della grande attenzione del publisher verso il nostro mercato, che premiò il capitolo del 2013 con buone vendite.
Commento finale
Il divertimento che scaturisce da Project X Zone 2 è in larga parte dovuto ad un cast stellare, dialoghi molto ben curati e pieni di riferimenti alla cultura otaku ed un combat system che sceglie la strada della semplicità d’approccio e della spettacolarità, a discapito della profondità e della livello di sfida.
Al quadro vanno aggiunti una buonissima componente tecnica e i sottotitoli in italiano, sempre graditi.
A queste condizioni, l’ultima fatica Monolith vale il prezzo d’acquisto, grazie anche ad una generosa quantità di contenuti: solo, non aspettate di trovarvi dinanzi ad una valida alternativa a Fire Emblem in quanto a dinamiche di gioco e virtuosismi tattici.