Recensione di Gianluca “DottorKillex”Arena
Un tempo unica, fiera alternativa allo strapotere dei Pokemon, i Digimon hanno conosciuto un lento ma inesorabile declino durante l’ultimo decennio, costellato da spin off di dubbia qualità e titoli affidati a team esterni con scarsa familiarità con il materiale originale.
Con un misto di curiosità, speranza e diffidenza, attendevo quindi il ritorno del brand sul mercato, dapprima in esclusiva per Playstation Vita (che in Giappone vende come il pane, a differenza dell’Europa), e poi portata anche sulla sorella maggiore PS4, nella versione qui recensita.
Siamo dinanzi ad una rinascita per gli amanti dei mostriciattoli digitali o questo nuovo episodio segna un altro passo verso l’estinzione?
Scopriamolo insieme.
Detective in erba
L’approccio narrativo scelto per Digimon Story sorprende, non tanto per la qualità del plot in sé, quanto piuttosto per l’approccio più maturo a tematiche di grande attualità, come la propria identità virtuale, il ruolo degli hacker e le responsabilità penali connesse al loro operato: ovviamente, i toni con cui questi argomenti sono trattati sono assai leggeri, ma, rispetto alla più famosa saga concorrente, c’è uno sforzo di scrittura evidente, che saranno soprattutto i giocatori meno giovani ad apprezzare.
Nel Giappone in cui è ambientato il gioco il mondo virtuale Eden fa da contraltare a quello reale, consentendo di rimanere in contatto con i propri amici, fare acquisti e visitare banche dati a tema: quando, però, apparentemente a causa dell’operato di un misterioso gruppo di cyber terroristi, la disconnessione da Eden causa il coma negli ignari utenti, allora le cose iniziano a prendere una brutta piega.
Starà al giocatore, prontamente assoldato, nella sua forma digitale, dalla procace detective Kyoko, fare luce sugli avvenimenti e scoprire il ruolo degli hacker, della Kamishiro Enterprises, proprietaria della piattaforma Eden, e anche di quelli che il protagonista (o la protagonista, a seconda di cosa sceglierete ad inizio partita) considera suoi amici.
Per quanto punteggiato da dialoghi spesso eccessivamente verbosi, ulteriormente appesantiti da una sottotitolatura inglese non sempre felice, l’intreccio, che pure impiega diverse ore ad ingranare, riserva personaggi credibili, macchiette cui bastano solo una manciata di ore per generare simpatia nel giocatore.
L’ambiente della Tokyo moderna, con la possibilità di visitare alcune location iconiche della capitale giapponese, e uno stile visivo che richiama quello degli ultimi due episodi della saga di Persona (in particolar modo il terzo), aggiungono quel tocco pop-glamour che ha caratterizzato un intero filone di JRPG nell’ultimo decennio, e rendono il prodotto appetibile a più livelli, dal neofita che non ha mai nemmeno sentito nominare i Digimon al trentenne che se li ricorda quando frequentava le scuole medie.
Ce li ho tutti!
La grande scalabilità del prodotto, che può essere approcciato senza difficoltà a diversi livelli, è confermata se si passa ad analizzare le basi del gameplay, che si rifanno in maniera pedissequa ai canoni dei giochi di ruolo giapponesi più classici: incontri casuali (ma con un ritmo mai esasperante), combattimenti tre contro tre a turni classici, con una barra che visualizza l’ordine dei turni sia dei membri del nostro party sia dei nemici, esplorazione di dungeon (invero piuttosto blandi) alternata a fasi dialogiche che fanno da preludio, e da conclusione, alla maggioranza delle missioni che il giocatore potrà intraprendere.
Se questa estrema classicità toglie appeal al prodotto per i veterani che hanno giocato centinaia di titoli affini, consente a chiunque di avvicinare un genere spesso arroccato sui suoi stilemi come quello dei JRPG, complici una buona quantità di contenuti ed un sistema altamente personalizzabile.
Laddove i Pokemon vanno catturati tramite apposite Poke Ball, i mostri digitali che incontreremo in Digimon Story saranno scansionati automaticamente, e, quando la loro percentuale di scansione supererà il 100%, potranno essere materializzati tramite un apposito menu ed arruolati dal giocatore.
Questo sistema semplifica notevolmente la creazione di una collezione di tutto rispetto, e allevia il tedio connesso alla rivisitazione di dungeon già completati, perché sarà possibile assoldare Digimon già arruolati precedentemente; una volta a disposizione del giocatore, i mostriciattoli potranno essere evoluti in esemplari più potenti, fusi con altri per potenziarli, fatti crescere in un’apposita fattoria virtuale e perfino involuti, qualora si decidesse di battere un altro percorso evolutivo, visto che ogni Digimon ha a disposizione almeno tre evoluzioni differenti.
Il livello di personalizzazione del proprio party, come si evince, raggiunge picchi notevoli, e, combinato con meccaniche così intuitive, facilita oltremodo la vita a quanti non conoscessero una saga che probabilmente non meritava l’oblio cui sembrava stesse andando incontro.
Ci sono anche difetti, beninteso: i dungeon sono blandi e assai poco ispirati, manca del tutto una localizzazione nella nostra lingua (parlato in giapponese, sottotitoli in inglese), l’interfaccia non sembra stata adattata perfettamente a Playstation 4, con menu poco intuitivi ed un font troppo piccolo, e, soprattutto, il comparto tecnico tradisce le origini portatili del prodotto, sfigurando su un televisore full HD dalla diagonale generosa.
Vita on PS4
Al di là di una colonna sonora orecchiabile, che spazia dal j-pop al funky con grande naturalezza, il comparto tecnico di Digimon Story lascia parecchio a desiderare, in parte anche per colpe non sue: originariamente pensato come un’esclusiva per la console portatile Sony, visto lo strabordante successo di Playstation 4 in occidente (e complice una petizione di un gruppo di fan), il titolo ha goduto di un porting casalingo per l’edizione europea.
Il punto è che il team di sviluppo non ha ritenuto di adeguare il titolo alle potenzialità della nuova macchina ospite: se pure non ci saremmo aspettati un nuovo motore grafico e modelli poligonali rifatti da zero, era lecito attendersi quantomeno un’ottimizzazione dell’interfaccia e un make up alle componenti più carenti, come i dungeon.
Nulla di tutto questo: oltre che dal punto di vista contenutistico, le due versioni sono praticamente identiche (risoluzione a parte, ovviamente) anche a livello grafico, e questo, su Playstation 4, non può che rappresentare un contro non da poco.
Anche il doppiaggio risente delle limitazioni di spazio del supporto di PlaystationVita, visto che le linee doppiate rappresentano circa un quinto di quelle che il gioco propinerà al giocatore.
Peraltro, come già accennato, è richiesto un inglese quantomeno scolastico per non perdersi alcun dettaglio della trama:la maggioranza dei nostri lettori non avrà problemi, ma, soprattutto per i più giovani, è giusto segnalare la cosa.
Commento finale
Digimon Story Cyber Sleuth ha saputo sorprendermi, proponendo un prodotto che rischia assai poco ma anche molto solido, che può fungere da ottima base futura per il franchise, dopo i deludenti risultati degli ultimi anni.
Cionondimeno, è impossibile soprassedere su tutti i difetti della produzione, da un livello di difficoltà risibile (anche settando l’opzione Difficile) ad un comparto tecnico di basso profilo, passando per la totale assenza di feature distintive rispetto alla concorrenza.
Comunque una buona opzione se desideravate da tanto il ritorno dei Digimon.