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Arslan the Warriors of Legend – Recensione

Recensione di Gianluca “DottorKillex” Arena

Pur nella sua estrema semplicità (se non proprio grazie ad essa), la formula che caratterizza i cosiddetti “musou” viene reiterata da una decina d’anni senza soluzione di continuità, perlopiù a firma di Tecmo Koei, e continua a macinare vendite nel paese del Sol Levante: sarà l’anima fortemente giapponese di queste produzioni, la semplicità d’approccio o la longevità, ma il dato di fatto è che questo tipo di giochi si rivela sempre una scommessa vinta.

In occidente, invece, le cose stanno molto diversamente: spesso accusati di essere tutti uguali, i prodotti di questo tipo non sono riusciti a guadagnarsi che una piccola nicchia di appassionati, apparentemente sufficiente per continuare a vederli sugli scaffali con grande frequenza.
Arslan The warriors of legend è solo l’ultimo esponente della categoria, e porta in dote una licenza pesante: scopriamo insieme come si è comportato alla nostra prova, avvenuta su PS4.

Regno infame

Tecmo Koei sta operando in maniera intelligente, applicando la sua formula a licenze di un certo richiamo, com’è stato recentemente con Hyrule Warriors (pronto a sbarcare anche su 3DS): stavolta è toccato ad uno degli anime più famosi in Giappone, nato sul finire degli anni ’80 ma asceso a maggiore notorietà solamente nel nuovo millennio, prima con degli anime dedicati e poi con una splendida serie di manga a cura di Hiromu Arakawa, illustratore noto al grande pubblico soprattutto per Full Metal Alchemist.
Arslan the warriors of legend ricalca fedelmente gli avvenimenti raccontati nel manga, e mette quindi il giocatore nei panni del principe Arslan, erede del regno di Pars, che, dopo un’infanzia serena ma anche segnata dalla severità di suo padre il regnante, si vede improvvisamente allontanato dal reame che avrebbe dovuto condurre quando questo cade nelle mani nemiche, al culmine di una guerra sanguinaria ma decisa non sul campo di battaglia, quanto piuttosto da un tradimento.
Rimasto solo con un manipolo di compagni, poco più che adolescente, il principe dovrà mettere insieme un’armata che lo riporti sul trono di Pars, dov’è giusto che sieda per diritto di nascita: in effetti il modello della software house giapponese, tutto battaglie ed onori militari, si sposa benissimo con la trama originale, e porta a dare un contesto ed una motivazione plausibili alla consueta abbuffata di stragi che i musou portano in dote.
L’avanzamento della storia è caratterizzato da cutscene realizzate con uno stile anime pulito e fedele all’iconografia del prodotto originale, ed è apprezzabile la scelta di proporre i dialoghi nel doppiaggio originale giapponese (con sottotitoli in inglese), che non snatura l’essenza e aiuta l’immersione nel reame fittizio (ma comunque orientaleggiante) che fa da sfondo alle vicende.

Same old story

Sebbene il gameplay si possa riassumere in due righe, ricalcando in tutto e per tutto gli stilemi classici di un sottogenere che Tecmo Koei stessa ha contribuito a fondare, farò come se aveste vissuto sotto una roccia negli ultimi vent’anni e non aveste mai messo le mani su un titolo musou: si comanda un personaggio, a piedi o, come in questo caso, a cavallo, e lo si conduce, tramite il massacro indiscriminato di migliaia di nemici assai poco minacciosi, al raggiungimento di un obiettivo, che varia dall’abbattimento di un ostacolo alla fuga, passando per l’annientamento di un boss specifico.
Il button mashing e la ripetizione ossessiva delle stesse azioni sono elementi connaturati al genere, che riesce tuttavia a stare a galla grazie ad una grande semplicità d’approccio e alla soddisfazione che restituisce, dopo una giornata particolarmente complicata al lavoro, lo sterminio di centinaia di fantocci digitali.
Arslan the warriors of legend aggiunge qualche elemento inedito al mix, ma nulla che sconvolga le dinamiche di gioco e porti una ventata d’aria fresca nel genere: le Skill Card, gli attacchi di cavalleria, la possibilità di schivare all’ultimo secondo per godere di un rallentamento del tempo, sulla falsariga di quanto visto nei due Bayonetta (comunque lontanissimi per qualità e godibilità del battle system, beninteso).
Le prime consentono di applicare bonus di varia natura ai personaggi semplicemente equipaggiandole, e aumentano così le possibilità di personalizzazione del proprio alter ego, aggiungendo alla formula, nel contempo, una spruzzatina RPG che (a mio avviso) non guasta mai.
Gli attacchi di cavalleria, mostrati in diversi trailer, altro non sono che movimenti di gruppo con cui aprirsi un varco all’interno delle fila nemiche, attivabili alla pressione di un tasto una volta che si è saliti in groppa al proprio destriero, azione che può essere eseguita in qualsiasi momento (con qualche piccola eccezione) sul campo di battaglia: per quanto scenografiche, non modificano il gameplay come i suddetti trailer del titolo avrebbero voluto farci credere.
Interessante, ma non implementata benissimo, la meccanica per cui, schivando un attacco all’ultimo secondo (con una combinazione della levetta analogica sinistra e L1), si rallenta il tempo per una manciata di secondi, così da infierire senza fretta sui malcapitati nemici: il problema è che questa feature sbilancia paurosamente il livello di difficoltà, ed è quindi consigliato iniziare sin da subito al livello Difficile, onde evitare di vincere con troppa facilità.
Per il resto, il titolo si gioca esattamente come tutti quelli che lo hanno preceduto, sfondando i due tasti di attacco anche a cervello scollegato: se vi piace il genere, sicuramente troverete pane per i vostri denti.

Il peso di PS3

Nonostante la buona direzione artistica, fedele al materiale originale, e la vivacità dei colori che il cel shading porta in dote, a pesare sul comparto tecnico dell’ultima fatica Tecmo Koei c’è lo sviluppo cross gen (il titolo è disponibile anche per Playstation 3), che si palesa nella presenza di qualche rallentamento qua e là e in una mole poligonale che non stupisce, nonostante PS4 si sia già dimostrata capace di gestire situazioni ben più gravose a livello grafico.
Il colpo d’occhio generale, ad ogni modo, è positivo, e fa di Arslan The warriors of legend uno dei musou più gradevoli per gli occhi tra quelli prodotti dalla software house giapponese; se a questo si accoppia un doppiaggio molto ben recitato, con la consueta enfasi che solo i giapponesi sanno mettere in certi prodotti, ecco che i valori produttivi risultano adeguati, tanto da rivelarsi l’aspetto che meno presta il fianco a critiche, al pari della longevità, più che sufficiente se si somma lo Story Mode e il Free Mode, che consente di rigiocare liberamente gli stage già completati nella modalità narrativa.

Commento finale

Arslan The warriors of legend è un prodotto decisamente di nicchia, visto che eserciterà il suo appeal solo su due categorie di giocatori, ovvero i fan del manga (o dell’anime) da cui trae ispirazione e quelli che aspettano febbrilmente ogni release di Tecmo Koei in Europa: se appartenente all’una o all’altra, l’acquisto è consigliato senza nemmeno pensarci troppo, ma, in tutti gli altri casi, vi troverete dinanzi all’ennesima iterazione di meccaniche già viste e riviste, senza elementi di svolta significativi. A voi la scelta

This post was published on 9 Febbraio 2016 16:00

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