Recensione di Gianluca “DottorKillex”Arena
Alla faccia di quanti si affrettarono a bollare Wii come una console esclusivamente dedicata ai casual player, togliendo dall’equazione titoli di grande profondità e complessità approdati sull’ex ammiraglia Nintendo, Xenoblade Chronicles rappresentò non solo il punto più alto toccato da Wii durante il suo ciclo vitale, ma uno dei migliori giochi di ruolo nipponici della scorsa generazione di console, se non il migliore in assoluto.
Ecco perché l’attesa per Xenoblade Chronicles X era spasmodica, ed ecco perché ci ho passato lunghe notti insonni prima di consegnarvi questa recensione.
Completamente slegato, a livello narrativo, dal precedente capitolo, come da tradizione di Monolith Software, Xenoblade Chronicles X è ambientato su Mira, un pianeta totalmente sconosciuto, su cui l’umanità è stata costretta a riparare dopo che la White Whale, l’enorme nave madre su cui viaggiava, è stata abbattuta da una non meglio identificata razza aliena.
La rocambolesca fuga dal pianeta Terra era stata resa necessaria dalla distruzione di quest’ultimo, avvenuta come danno collaterale durante lo scontro tra due specie di alieni, apparentemente dotati di tecnologie molto al di sopra di quelle umane.
Un manipolo di fortunati selezionati viene allora imbarcato su una nave, a mo’ di arca di Noè, cosicché l’umanità possa salvarsi dall’estinzione, ma, come detto, i piani non vanno esattamente come dovrebbero: lo schianto su un pianeta verdeggiante ma del tutto inesplorato causa la dispersione delle capsule di salvataggio, all’interno delle quali risiede la speranza di ricominciare una vita normale.
Il nostro alter ego, recuperato da una di queste capsule dalla fida Elma, viene portato all’interno della nave madre, dove la vita sembra tornare alla normalità in quello che è il centro abitato, denominato Neo Los Angeles, e arruolato nei BLADE, corpi speciali, divisi in otto diverse branche, che si occupano della sicurezza della popolazione sopravvissuta e del ritrovamento delle capsule vitali sparse sulla superficie di Mira.
Come tutti i personaggi creati tramite un editor iniziale, il personaggio cui daremo vita è muto e non si distingue per chissà quale personalità, ma una serie di scelte durante i dialoghi consentirà di denotarne il carattere, guadagnandosi il disprezzo o la simpatia dei compagni di viaggio, disponibili in gran numero già dopo una manciata di ore di gioco.
Molti dei soldati del BLADE potranno essere reclutati per le singole missioni o a tempo indeterminato, con la già citata Elma e Lin, giovane meccanica, a fare da presenze quasi fisse all’interno del party.
Nonostante non manchino una serie di colpi di scena, abilmente disseminati lungo i dodici capitoli che compongono la trama principale, l’incipit narrativo è tutto qui: il senso della scoperta, quel brivido che ha percorso le schiene di tutti coloro che sono stati pionieri, rappresenta la scintilla che accenderà le azioni del giocatore, conducendolo attraverso la prima decina di ore di gioco, quando poi i fili degli eventi cominceranno ad annodarsi, fornendo motivazioni ulteriori.
Come per il gameplay, è bene specificare che l’ultima fatica di Tetsuya Takahashi si prende tutto il tempo necessario per introdurre il mondo di gioco, i personaggi, gli antagonisti, con un incedere lento che potrebbe non piacere ai meno pazienti; concedere questo tempo a Xenoblade Chronicles X, tuttavia, si rivela presto un affare, vista la bontà del plot e il senso di soddisfazione generato dall’incedere nella storia.
La possibilità di dirigersi in qualunque direzione, limitati solamente dal tempo a disposizione, così come quella di poter veramente visitare qualunque punto d’interesse scorto in lontananza, sono solo due degli obiettivi raggiunti dal titolo pubblicato da Nintendo, che riesce a settare nuovi standard per il genere di riferimento con una naturalezza che lascia spiazzati.
Partiamo da Mira, il vero protagonista delle vicende: diviso in cinque enormi zone, ognuna dotata di flora e fauna peculiari, il pianeta alieno su cui dovremo muoverci consta di una mappa di gioco letteralmente sconfinata, che riesce a far impallidire anche mostri sacri quali Skyrim o il recente The Witcher 3, perdendo però in densità quello che guadagna in ampiezza.
Non fraintendete: le attività collaterali sono centinaia, e la mappa offre sempre qualcosa da fare a coloro che prediligono il bighellonaggio alla continuità delle quest principali, ma, a livello narrativo, le quest che è possibile intraprendere raramente sorprendono, divise tra la raccolta di determinati oggetti (spesso davvero difficili da rinvenire) e lo sterminio di una determinata razza aliena.
Nonostante questa mancanza, è difficile rimanere adirati con il titolo a lungo: lo sforzo di immaginazione è immenso, e solo le limitazioni tecniche di WiiU riescono a dargli un freno, tra scorci meravigliosi, esemplari di mostri sbalorditivi e un sistema di combattimento rifinito ed ampliato rispetto a quello già visto in Xenoblade Chronicles.
Ancora una volta, il giocatore non ha il controllo diretto del proprio party, potendo piuttosto scegliere tra una manciata di tecniche speciali, il cui numero si amplierà a dismisura con il progredire del gioco, ognuna regolata da un tempo di cooldown diverso, che è possibile accorciare spendendo punti battaglia, ottenuti scoprendo nuove ambientazioni e relitti.
Rispetto al recente passato, il ritmo si fa ancora più serrato, e il ventaglio di possibilità strategiche in mano al giocatore sensibilmente più vasto, grazie anche al numero di classi disponibili, con la possibilità di passare dall’una all’altra in ogni istante.
Per influenzare il comportamento dei compagni di viaggio, comunque gestiti da un’ottima intelligenza artificiale, il giocatore può settare i cosiddetti Urli di Battaglia, ovvero indicazioni gridate al party al raggiungimento di determinate condizioni: il sistema ricorda molto quello di Final Fantasy XII, con rapporti causa-effetto ben congegnati che consentono di applicare strategie diverse a seconda del nemico che ci si trova ad affrontare.
L’assenza di oggetti curativi e quella dell’ormai onnipresente button mashing danno al combat system di Xenoblade Chronicles X un ritmo unico, favorito anche dal fatto che i combattimenti avvengano in tempo reale, senza alcuna transizione in arene dedicate: l’esplorazione e il coinvolgimento se ne giovano enormemente e i combattimenti risultano sempre un piacere, un modo per mettersi alla prova contro il variegato bestiario concepito dal team di sviluppo.
A proposito di quest’ultimo: un applauso è l’unica reazione possibile dinanzi ad un intero ecosistema accuratamente ricreato, in cui coesistono animali carnivori ed erbivori, pacifici e feroci, solitari e in branco, con precisi pattern comportamentali ed abitudini di vita.
Esistono mostri che prediligono le zone boschive, altri che lasciano le loro tane solamente se piove, altri ancora rintracciabili esclusivamente durante le ore notturne, per non parlare di colossi alti come grattacieli, che ricordano al giocatore quanto l’uomo sia impotente dinanzi alla natura, di qualsiasi pianeta essa sia.
Potrei andare avanti per ore, descrivendo il sottile piacere nello scoprire una caverna nascosta e popolata di nemici mai incontrati prima, oppure la possibilità di investire le risorse guadagnate tramite le sonde in costruttori di armi, così da godere poi del loro equipaggiamento, o ancora il gusto che si prova quando, dopo una quest estesa e particolarmente faticosa, ci si guadagna il diritto di pilotare uno Skell, dei mech volanti il cui design basterebbe, da solo, a consigliare l’acquisto del gioco.
Potrei, ma, oltre a tediare i nostri lettori con una recensione-fiume, toglierei loro il piacere di vivere tutte queste scoperte in prima persona, facendo un torto tanto a loro quanto al team di sviluppo.
A parte la già segnalata lentezza che caratterizza la progressione tanto della storia quanto dei personaggi, gli unici difetti imputabili a questo magnifico gioco di ruolo sono da ricercarsi nel comparto tecnico, che pure spreme l’hardware ospite come nessun altro titolo era fin qui riuscito a fare.
A fronte di scenari fantastici, graziati da un design artistico sublime e da una mole poligonale notevole per una console da più parti considerata old gen, due problemi affliggono Xenoblade Chronicles X in maniera piuttosto marcata: un pop in degli elementi in lontananza e il caricamento ritardato di molte texture di superficie.
Il primo problema è quello più gravoso, perché macchia fasi di esplorazione altrimenti indimenticabili con l’apparizione, quasi dal nulla, di strutture anche imponenti: quando si tratta di oggetti o parti dello scenario, la cosa può non costituire un problema, ma quando coinvolge un bestione alto come la Torre Eiffel, magari di livello ottanta, che sarebbe da evitare come la peste per non morire schiacciati sotto le sue zampe, allora la cosa assume proporzioni diverse.
Notevole, purtroppo, anche il fenomeno per cui le texture di elementi come le armature indossate o le automobili futuristiche che circolano a Neo Los Angeles risultino spoglie, con il corretto caricamento delle superfici che può richiedere anche un paio di secondi nelle situazioni peggiori: niente che non si sia visto negli ultimi anni (soprattutto nei giochi mossi dal motore Unreal Engine 3), ma un fenomeno che, nondimeno, toglie punti ad una cosmesi altrimenti mozzafiato.
Chiosa finale per altri due aspetti in cui Xenoblade Chronicles X tocca vette d’eccellenza: la colonna sonora, graziata da un’alternanza naturale di temi JPOP cantati e musiche tribali che si sposano benissimo con le fasi di esplorazione, e la durata complessiva, che va da un minimo di una sessantina di ore per completare la sola campagna principale ad oltre il doppio per quanti vorranno esplorare ogni angolo del pianeta Mira.
Xenoblade Chronicles X setta nuovi standard non solo per il genere di riferimento, ma anche per lo sfruttamento di una console bistrattata come WiiU: oltre a proporre una storia ed un sistema di gioco eccellenti, con una complessità notevole e una grande libertà lasciata al giocatore e alla sua voglia di esplorare e scoprire, l’ultima fatica di Tetsuya Takahashi e del suo team fa del GamePad uno dei perni dell’esperienza di gioco, dimostrando come, se affidata alle cure di sviluppatori sapienti e talentuosi, la console casalinga della grande N abbia ancora molto da dire.
Non lasciatevelo scappare per nessun motivo al mondo: se anche odiaste i giochi di ruolo di matrice giapponese, l’emozione di essere pionieri su un pianeta alieno non potrà lasciarvi indifferenti, né tantomeno quella di libravi nei cieli a bordo di uno Skell.
This post was published on 30 Novembre 2015 16:55
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