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Recensione Ruiner

Ci troviamo nell’anno 2091 e il mondo non sembra un bel posto in cui vivere. Almeno, di sicuro non lo è la metropoli asiatica di Rengkok, in cui la criminalità e la violenza dilagano.

Immersi in atmosfere cyberpunk che traggono chiaramente ispirazione da opere come Ghost in the Shell, Akira e Blade Runner, facciamo la conoscenza del nostro anonimo protagonista. Ha un braccio meccanico e il volto completamente coperto da una maschera a led, sulla quale compaiono sempre messaggi felici come “hello darkness” o “kill you”. È muto e sembra saper comunicare solo annuendo, alzando le spalle o scrocchiando le nocche, inoltre ha movenze disumane ed è difficile capire se sia più uomo o macchina.

Tutto ciò che sappiamo all’inizio è che dobbiamo “uccidere il Boss”: è un hacker insediatosi nel nostro cervello ad ordinarcelo, e a noi da bravi cuccioli (più volte ci chiameranno “puppy”) non rimane che obbedire.

Meno parole e più azione

Una ragazza però, un’altra hacker, si mette in contatto con noi dandoci una mano a liberarci dal nostro burattinaio e mettendoci in guardia da un pericolo: i cattivi hanno preso in ostaggio nostro fratello per assicurarci che avremmo portato a termine il lavoro, ed ora rischia di essere ucciso se non lo salviamo al più presto.

Da questo momento in poi possiamo dire che Ruiner comincia davvero. Devo dire che la trama non è riuscita a colpirmi particolarmente, speravo in qualcosa di vagamente più interessante. Pur mantenendo un certo fascino, forse dovuto più alle splendide atmosfere oltre che al design dei personaggi, il titolo non offre una delle migliori storie sci-fi e alcuni dei presunti colpi di scena risultano telefonatissimi. Un appunto necessario da fare riguardo il comparto narrativo è che il gioco è completamente in inglese.

Fortunatamente a controbilanciare una trama non del tutto entusiasmante ci pensa un gameplay capace di immettere adrenalina pura nelle vene.

50 sfumature di cyberpunk

Ruiner è un action/twin-stick shooter in visuale isometrica con controlli di base che ricordano molto quelli di Hotline Miami. Con l’analogico sinistro si sposta il personaggio e con quello destro si direziona la sua visuale. Questa caratteristica, essendo assente una qualche funzione di mira automatica, su console si rivela più ostica di quanto non sarebbe con mouse e tastiera, ma già in una mezz’ora di gioco circa ci si riesce a prendere dimestichezza.

Il livello di sfida è molto alto. Tolta la modalità easy, che nessun videogiocatore con un po’ di amor proprio dovrebbe mai considerare, nel menù iniziale possiamo selezionare quella normal o hard, quest’ultima accompagnata dalla dicitura “raccomandata dagli sviluppatori”. Questo mi porta a pensare che quelli di Reikon Games debbano essere particolarmente sadici, poiché già in difficoltà normale il gioco è estremamente punitivo e si muore un numero esorbitante di volte. Tentare di completarlo in hard, poi, è un vero incubo.

La difficoltà però è uno dei maggiori punti di forza di Ruiner, perché tutto il gameplay è calibrato talmente bene da non farlo mai risultare mai frustrante o noioso, bensì estremamente divertente ed appagante. È uno di quei giochi in cui c’è molto trial & error, ma del tipo più sano: date anche le molteplici armi ed abilità a disposizione, si è portati dopo ogni morte a riorganizzare le proprie strategie e migliorarsi un po’ di più fino al raggiungimento di una soddisfacente vittoria.

Vietato spegnere il cervello

Un elemento importante del gameplay è costituito dalla schivata veloce, che offre anche la possibilità di essere eseguita in maniera tattica rallentando il tempo e prestabilendo i punti in cui spostarsi, aggiungendo così un pizzico di profondità in più al tutto. Sono inoltre da segnalare alcune simpatiche ma semplicissime sezioni di hacking, e la possibilità di scegliere spesso tra due opzioni di risposta durante i dialoghi. Questa porta anche ad avere due finali diversi anche se quasi identici, e nel resto del gioco serve più che altro a restituire una maggiore immersività.

Fatta eccezione per una spranga (che poi sarà sostituita da una spada) e una pistola di default, tutte le armi extra hanno una durabilità piuttosto limitata. Le armi da fuoco non sono ricaricabili, ma semplicemente vengono gettate una volta esauriti i colpi a disposizione. Se ne possono trovare di nuove esplorando o appropriandosi di quelle dei nemici uccisi. L’arsenale però è vario e corposo: le armi da scontro ravvicinato possiedono tutte dei moveset abbastanza differenti, e soprattutto quelle dalla distanza riescono a restituire un feeling diverso tra loro.

Una delle caratteristiche più interessanti di Ruiner risiede nelle abilità sbloccabili. Nel gioco è presente un sistema abbastanza basilare di level-up, che si basa sull’acquisizione di punti Karma (praticamente gli XP) per mezzo dei combattimenti o esplorando le mappe. Man mano che guadagniamo Karma e saliamo di livello, ci vengono dati punti abilità da spendere, ma qui viene il bello: possiamo sempre togliere dei punti da un’abilità per assegnarli ad un’altra. Questo permette di avere un’esperienza di gioco molto più personalizzabile e mai troppo statica. Inoltre avanzare di livello è fondamentale anche per aumentare la salute massima e l’energia necessaria all’utilizzo delle abilità.

Violenza indisturbata

Gli scontri con i nemici base alla lunga tendono a diventare un po’ ripetitivi e il massimo della soddisfazione si riceve affrontando boss e mini-boss, presenti in discreto numero, anche se alcuni a volte risultano più banali di altri. Lo scontro finale del gioco poi, pur facendomi sentire su di giri al suo completamento, mi ha fatto storcere il naso per la sua scarsa originalità.

Ad ogni modo ho trovato il design dei personaggi sempre ispirato ed affascinante, un po’ meno quello delle ambientazioni, che alcune volte si rivelano stupende e ricche di dettagli, altre (gli interni di alcune strutture nello specifico) un po’ anonime.

Da un punto di vista prettamente tecnico il gioco si è rivelato molto solido: reattività dei comandi e frame rate sono ottimi, al netto di qualche rallentamento raro e ininfluente, così come alcuni piccoli bug che vedono ad esempio dei passanti camminare davanti ai muri. Nulla che non possa essere limato da qualche patch. Semplicemente perfetti invece i caricamenti, la cui rapidità, in un gioco dalle morti continue come questo, si rivela fondamentale.

I modelli infine sono piuttosto semplici ma ben realizzati e le animazioni non sono affatto male. Ci sono inoltre delle cutscene dal taglio cinematografico che ho apprezzato molto, così come i disegni durante i dialoghi e la presentazione dei boss, e la colonna sonora composta da brani elettronici.

Ruiner è un titolo che inizialmente ammalia per le sue atmosfere cyberpunk e una storia apparentemente intrigante, per poi conquistare con un gameplay sorprendentemente impegnativo, ma sempre entusiasmante ed appagante, che fa la felicità di tutti i giocatori in grado di apprezzare le sfide più ardue.

Special thanks to Reikon Games

This post was published on 12 Ottobre 2017 12:00

Simone Ranieri

Cresciuto tra floppy disk e cartucce, divoratore di titoli single-player di qualsiasi genere e amante delle perfette simbiosi tra narrativa e gameplay.

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