Recensione di Gianluca “DottorKillex”Arena
Tra i titoli più apprezzati dello scorso anno, Divinity: Original Sin ha segnato un nuovo traguardo per i giochi di ruolo cosiddetti “classici”, latori di un game design e di un modo di raccontare una storia che il mercato, dopo aver a lungo ignorato, sembra aver riscoperto nel corso dell’ultimo triennio, grazie anche ai finanziamenti tramite Kickstarter.
Oltre a stupirmi, la notizia di una Enhanced Edition dedicata a PS4 e Xbox One mi ha rallegrato, perché ero sinceramente curioso di vedere come i ragazzi di Larian Studios avrebbero affrontato la sfida di portare un titolo così legato a mouse e tastiera su console.
L’intreccio di questa Enhanced Edition, nonostante aggiunte significative, come un finale alternativo e una manciata di personaggi non giocanti e relative quest, non si discosta in maniera sensibile da quello della versione originale: il giocatore, dopo aver creato i suoi due alter ego, sarà chiamato a risolvere un misterioso omicidio, in qualità di Cacciatore di Sorgente, nella cittadina portuale di Cyseal, in un compito apparentemente di routine.
Come per l’arcinoto assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando, che i libri di storia concordano nell’indicare come miccia in grado di fare esplodere il primo conflitto mondiale un secolo fa, dietro questo omicidio c’è molto di più, e, prima di rendersene conto, i nostri due protagonisti si troveranno invischiati in vicende ben più grosse di loro, alle prese con una setta di maghi assai temibili, chiamati Origomanti.
Di qui, si snoderanno una settantina di ore di avventura (facendo una media tra chi correrà e chi si godrà il mondo di Rivellon), una più godibile dell’altra, con un incedere della storia cadenzato da dialoghi spassosissimi, personaggi secondari di grande spessore, missioni alternative spesso valide e fantasiose quanto quella principale (se non di più), e, soprattutto, una libertà di approccio ad ogni situazione davvero invidiabile.
Coloro i quali non hanno giocato alla versione PC lo scorso anno, potrebbero rimanere spiazzati dalla vastità del mondo e dalla grande quantità di meccaniche da digerire, ma, passate le prime ore, che fisiologicamente sono di apprendimento per tutti i prodotti che constano di un mondo aperto esplorabile, ci si troverà dinanzi ad una gamma di scelte virtualmente infinita, con una flessibilità vista poche volte su PS4 (versione testata per questa recensione).
La progressione abbastanza lenta delle primissime ore lascia presto spazio ad una crescita dei personaggi armonica, che offre un ventaglio di scelte molto ampio e consente di forgiare per davvero un party a propria immagine e somiglianza: attenti, però, a come spendete i punti abilità guadagnati, perché, anche al nuovo livello di difficoltà “Esploratore”, più basso di quello Classico, i combattimenti di Divinity: Original Sin non sono esattamente una passeggiata.
Chiunque abbia speso un buon monte ore con Original Sin lo scorso anno avrebbe sorriso se gli aveste detto che questa Enhanced Edition avrebbe migliorato anche alcuni aspetti del gameplay, invece di limitarsi solo ad adattare il sistema di controllo ai pad.
Eppure, questo è ciò che è successo: nonostante qualche intralcio durante le fasi esplorative, il sistema studiato dai Larian Studios, basato sulla presenza di una doppio menu radiale, richiamabile alla pressione dei due dorsali, funziona alla meraviglia, e, quando c’è da ridistribuire il lotto e gli oggetti (visto che ogni membro del party ha il proprio inventario separato) risulta anche più immediato dell’accoppiata mouse/tastiera.
Se a questo si aggiungono i font ingranditi, la presenza di tre nuovi livelli di difficoltà, i consistenti miglioramenti all’intelligenza artificiale nemica, ancora più feroce in battaglia, appare evidente come lo studio belga, nonostante le lodi ricevute quindici mesi fa, non si sia seduto sugli allori, al fine di offrire al pubblico Microsoft e a quello Sony una versione davvero meritevole del loro capolavoro.
L’aggiunta probabilmente più consistente è quella della coop drop in drop out, che si aggiunge a quella online e rende questa Enhanced Edition una delle esperienze più coinvolgenti e divertenti per quanti possono godere di un amico appassionato di giochi di ruolo: basta connettere un secondo pad e ci si ritrova a condividere il mondo di Rivellon, con la possibilità, peraltro, di dividersi ad ogni bivio, percorrendo ognuno la propria strada, grazie ad uno split screen ben progettato, per supportare il quale, però, è stato necessario bloccare il framerate a 30 FPS, contro i 60 della versione per personal computer.
Poco male, comunque, perché il grado di coinvolgimento e le possibilità ulteriori offerte dalla modalità a due giocatori controbilanciano abbondantemente l’abbassamento della frequenza di aggiornamento dello schermo, andando ad insidiare l’eccellente versione console di Diablo III, finora detentrice dello scettro di miglior esperienza in locale sulle console di attuale generazione.
Non contenti di aver coniato un battle system che funzionava come un orologio, gli sviluppatori hanno introdotto il dual wielding, che consente di creare delle build spiccatamente offensive, hanno ampliato ed evidenziato la backstab area, ovvero la zona alle spalle del nemico in cui è possibile massimizzare i danni inflitti, e una classe inedita, l’Inquisitore, che va a posizionarsi a metà tra un mago e un personaggio da combattimento a corto raggio, magari col supporto della bacchette, altra aggiunta all’arsenale di gioco.
Le basi del sistema di combattimento sono rimaste le stesse, con una progressione a turni, un’ampia gamma di incantesimi e abilità speciali, un numero predeterminato di punti azione disponibili per turno, con la possibilità di conservarne una parte per quello successivo.
Tornano immutati anche gli effetti ambientali che avevano contribuito al successo del titolo originale, con la possibilità di fulminare o congelare nemici bagnati, appiccare il fuoco a quelli intrisi di olio e, in generale, sfruttare la presenza di trappole naturali per avere la meglio sulle agguerrite schiere nemiche.
Più che sul versante grafico, dove questa Enhanced Edition si allinea alla versione con settaggi massimizzati su PC (framerate a parte, come detto), è su quello sonoro che sono stati compiuti i passi avanti più consistenti: il lavoro svolto sul doppiaggio è davvero enciclopedico, con la quasi totalità dei dialoghi presenti coperta da voci credibili, spiritose, i cui accenti riflettono provenienze e specie diverse, a rendere ancora più credibile il coacervo di tensioni razziali messo in scena dagli sceneggiatori.
La scelta è vincente anche considerando la minor propensione del pubblico console a sorbirsi muri di testo scritto che invece fanno parte del DNA del giocatore PC più scafato: una scelta rivolta alle masse in un titolo che di massificato e semplificato ha poco altro.
Benvenuta anche la possibilità di ruotare interamente la telecamera, così da scorgere qualche tesoro nascosto ed offrire una visuale il più ampia possibile in fase di battaglia, e altrettanto benvenuto è il fatto che gli acquirenti del titolo originale otterranno tutte le migliorie fin qui elencate senza sborsare un euro, tramite una corposa patch che è stata rilasciata in concomitanza con l’uscita del gioco su console.
Chiosa finale per la longevità complessiva, tanto difficile da quantificare quanto soddisfacente, da qualsiasi angolazione la si guardi: come accennato precedentemente, lasciandosi dietro centinaia di dialoghi e quest secondarie, si può arrivare ad uno dei due finali in un tempo compreso tra le quaranta e le cinquanta ore, ma così facendo si perderebbe molto dello splendido mondo di gioco che invece, richiede almeno il doppio del tempo per essere esplorato a fondo.
Divinity Original Sin Enhanced Edition potrebbe essere utilizzato come manifesto su come realizzare una versione console di un gioco di ruolo proveniente da PC: la passione, la voglia di migliorarsi, la cura per i dettagli sono evidenti in tantissimi elementi del prodotto, e, considerando la già elevatissima qualità del titolo di partenza, porta su PS4 e Xbox One uno dei migliori giochi di ruolo del nuovo millennio.
La libertà di approccio alle situazioni proposte, il brillante storytelling, la divertentissima coop locale e la durata complessiva rappresentano solo alcuni dei fiori all’occhiello della produzione.
Assolutamente imperdibile, anche nel remoto caso in cui non siate amanti degli RPG.
This post was published on 29 Ottobre 2015 15:47
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