Articolo a cura di Gianluca “DottorKillex” Arena
Solido baluardo cui si sono aggrappati, negli ultimi dieci anni abbondanti, milioni di fanatici dei JRPG in tutto il mondo, la serie di Disgaea ha attraversato diverse ere geologiche a livello videoludico (dalla PS2 di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia…) senza mai sconfessarsi, rimanendo quasi inavvicinabile per i neofiti ma, nel contempo, regalando centinaia di ore di gioco a tutti coloro che con i giochi di ruolo strategici fanno colazione ogni mattina. Disgaea 5 Alliance of vengeance sbarca finalmente su Playstation 4 con il suo carico di nonsense, grinding, battaglie a turni e personalizzazione estrema del party: basterà?
Le vicende narrate in Disgaea 5 ruotano attorno ad un protagonista ombroso, dal carattere burbero, animato da un’insaziabile sete di vendetta: Killia. Il nostro alter ego farà sin da subito coppia con la spumeggiante Seraphina (non chiamatela Sera, per carità!), da lui salvata e che adesso non lo abbandona un istante, decisa come non mai a farlo cadere ai suoi piedi. Il salvataggio si è reso necessario perché uno degli Overlord dell’inferno, tale Void Dark, sta espandendo i suoi domini, deciso ad unificare sotto il suo controllo tutto il regno demoniaco: le sue armate invadono i vari Netherworld uno dopo l’altro, senza fare prigionieri, e il mondo di cui Seraphina era a capo sembra aver fatto la stessa fine. Anche Killia ha un conto in sospeso con Void Dark, sebbene, apparentemente, egli non sia un Overlord come tutti i compagni che, di episodio in episodio, si uniranno a lui, accomunati dal desiderio di porre fine alle prepotenze di Void Dark. Sebbene alcuni dei temi trattati si dimostrino più maturi ed impegnativi di quelli dei capitoli precedenti (spin off inclusi), anche i momenti più drammatici della produzione sono impregnati del consueto humour nonsense cui la serie ci ha abituato, tra demoni cui viene gettato via per errore l’unico paio di mutande ed altri che continuano a parlare da soli ad alta voce convinti che gli altri non possano sentirli. Grazie anche a scenette sprovviste di doppiaggio e del tutto opzionali, attivabili tra uno stage e l’altro alla pressione di un tasto, il cast di personaggi entrerà pian piano nei cuori dei giocatori, strappando più di un sorriso e incuriosendo a sufficienza per far sì che si giunga ai titoli finali, operazione che richiederà almeno una cinquantina di ore, che possono essere tranquillamente triplicate se si deciderà di perdersi all’interno dell’Item World o dell’editor di livelli. Qualcuno dei fan di vecchia data potrebbe rimpiangere figure carismatiche come quelle di Laharl, Etna o Valvatorez, ma, alla fine della fiera, il plot e i dialoghi di Disgaea 5 svolgono egregiamente il loro dovere, introducendo anche i neofiti, che magari sono passati a PS4 da console Microsoft o Nintendo, ad una delle saghe più amate nel paese del Sol Levante.
Sebbene non vi sia stata la rivoluzione copernicana che mi auguravo, visto che gli ultimi due capitoli della serie regolare cominciavano ad accusare un po’ di stanchezza in termini di gameplay, non si può dire che NIS abbia lesinato le novità in Disgaea 5: alle consuete meccaniche di gioco a turni, con tanto di griglia e relativo grinding, si sono unite nuove features, che smuovono un po’ le acque e arricchiscono la formula base. Oltre al ritorno del Magichange system, inopinatamente accantonato nel recente passato, vanno segnalati lo Squad Attack, il Revenge Mode, l’Overload e l’introduzione di nuove classi arruolabili. Partiamo dallo Squad Attack: da non confondere con il Team Attack, feature storica della serie che consente di portare attacchi di gruppo semplicemente allineando due o più combattenti, lo Squad Attack poggia sulla creazione di sottogruppi all’interno del nostro party, con tanto di leader, che sono chiamati a soddisfare determinati requisiti, in cambio di perk inediti o abilità particolari, tra le quali si segnala quella di far guadagnare esperienza anche ai personaggi non schierati, così da far crescere più organicamente il livello medio del party. Il Revenge Mode è una sorta di modalità berserk, che si riempie gradualmente durante gli scontri e si trasporta di combattimento in combattimento: particolari azioni, come uccidere un nemico o veder cadere un nostro commilitone sul campo di battaglia, ne favoriscono l’accrescimento; al riempimento di una barra di colore viola posta all’estrema sinistra dell’hub del personaggio, questo guadagna dei bonus notevoli al danno inflitto, riduce quelli subiti e porta al cento per cento la sua hit rate. In questa condizione, quelli tra i nostri membri del party che sono Overlord (quasi tutti, a dire la verità) dispongono di un attacco speciale, chiamato Overload, che varia da personaggio a personaggio ma ha come comune denominatore una potenza devastante: tra combattenti che guadagnano in dimensioni, riempiendo lo schermo per i tre turni successivi, ed altri che stregano tutte le unità maschili nel raggio di cinque caselle, ce n’è davvero per tutti i gusti. Se a questo aggiungiamo l’editor di livelli, la presenza di classi inedite come il wrestler, un Item World ancora più sconfinato che in passato e centinaia di missioni secondarie facoltative, ecco che il quadro finale è quello di un titolo che trabocca di contenuti, graziato da un gameplay solido come pochi, appartenente ad un genere che sull’ammiraglia Sony non può contare su esponenti altrettanto ben realizzati.
Alla discreta dose di novità a livello di dinamiche di gioco non corrisponde un restyling dal punto di vista tecnico, con il peso ancora tutto sulle spalle di un character design come sempre eccelso, che però non riesce a mascherare la pochezza di un motore che già su Playstation 3 non rappresentava il top di gamma. Certo, la maggiore potenza computazionale di PS4 ha permesso di popolare maggiormente le arene di battaglia (il numero massimo di nemici visualizzabili contemporaneamente è passato da 10 a 100, d’altronde) e la risoluzione è in full HD, ma questo non basta a rendere il titolo bello da vedere. Animazioni primitive, il costante senso di pattinamento dei personaggi sulle superfici, la pochezza poligonale delle ambientazioni non sono più scusabili a due mesi dal 2016, e basterebbe davvero poco per svecchiare questo reparto. Benissimo, invece, il doppiaggio, sia che scegliate la traccia inglese sia che invece optiate per quella giapponese, che riserva intonazioni ancora più eccessive e assurde. Altro punto forte, a voler usare un eufemismo, è la durata complessiva: al computo già riportato due paragrafi più sopra va ad aggiungersi la generazione casuale dei livelli dell’Item World e una miriade di altre attività secondarie, con rischio concreto di sovrapotenziare i propri combattenti.
I punti forti di Disgaea 5 Alliance of Vengeance sono quelli soliti della saga, da un gameplay granitico ad una longevità fuori parametro, ma stavolta, differentemente dal recente passato, NIS ha aggiunto alla ricetta anche un paio di gustosi ingredienti nuovi, che rendono il piatto appetibile sia ai vecchi fan sia alle nuove leve. Per il futuro, però, ci si aspetta un totale restyling tecnico e un’ancora maggiore quantità di elementi inediti, per far sì che la saga prosperi per altri quindici anni.
This post was published on 9 Ottobre 2015 16:53
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