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Elite Dangerous – Recensione

Recensione di Gianluca “DottorKillex”Arena

Tra i visionari più brillanti e longevi dell’industria videoludica, nonché, purtroppo, tra i meno conosciuti, c’è David Braben, pioniere dell’informatica e della programmazione per computer, che diede vita, insieme al suo team, ad un titolo di nome Elite, nell’ormai lontano 1984, su macchina della potenza di calcolo paragonabile ad un abat jour.
Nonostante il successo galattico di quel titolo, è stato necessario ricorrere ai soldi dei fan, tramite Kickstarter, per far sì che Elite: Dangerous, ambizioso seguito, vedesse la luce.
Vediamo allora com’è venuta la versione Xbox One.

Soli nell’universo

La fregola e la paura, la sensazione di essere un pioniere e quella di sentirsi sperduti in mezzo al nulla siderale: Frontier Developments ha sempre esplorato queste emozioni, restituendole ai videogiocatori e andando oltre i limiti imposti dalle macchine ospiti grazie all’immaginazione, all’accuratezza dei dettagli, ad un’atmosfera unica, con il risultato che il prodotto finale ha sempre superato (e di gran lunga) la somma delle sue componenti.
Era così trentuno anni fa, era così nel 1995, all’epoca della pubblicazione del terzo capitolo, ed è così anche adesso, grazie agli oltre due milioni di dollari raccolti tramite Kickstarter e ad una passione che non sembra conoscere confini, proprio come il cosmo entro cui ci muoveremo in Elite: Dangerous, riproduzione 1:1 della Via Lattea, comprendente la bellezza di quattrocento miliardi di sistemi solari, alcuni fedeli controparti di quelli conosciuti, altri immaginari, creati proceduralmente di partita in partita.
Se già portare un tale progetto su PC rappresentava una sfida non indifferente, vinta nonostante un supporto al multiplayer zoppicante, la versione per Xbox One sembrava davvero una missione impossibile, non fosse altro che per la difficoltà di riprodurre UI e comandi su un pad (seppure confortevole come quello Microsoft): dopo una quarantina di ore a vagare per lo spazio, perlopiù nelle vesti di astuto commerciante, posso invece dire che il passaggio da personal computer a console, pur non del tutto indolore, non ha leso alcuna delle caratteristiche che hanno fatto grande questo titolo, facendo innamorare milioni di giocatori nonostante alcune delle promesse fatte in sede di raccolta fondi non siano ancora state mantenute.
La differenza fondamentale è insita nel sistema di controllo, e nel tempo necessario per familiarizzarvi: se impugnando mouse e tastiera un’oretta era sufficiente a muoversi con una certa disinvoltura nell’iperspazio, adesso, complice un tutorial minimalista e poco esteso, potrete dirvi pienamente padroni della situazione dopo non meno di tre ore, tra sottomenu che compaiono solo alla prolungata pressione di un tasto e una riorganizzazione delle funzionalità inizialmente un po’ caotica.
D’altronde, i tasti a disposizione sono infinitamente meno di quelli disponibili su PC, e non ci risulta, al momento, la disponibilità di alcun joystick per la console Microsoft che riesca a riprodurre fedelmente le fasi di volo, che nondimeno si rivelano divertenti ed intuitive una volta presa confidenza con i comandi.

Vastità

Come già su PC, l’ambizione smisurata è il tratto distintivo di Elite: Dangerous: l’ambizione di restituire al giocatore l’eccitazione della scoperta, quella di imbattersi in una enorme nave imperiale o di diventare uno dei fuorilegge più ricercati della galassia.
Infinito oceano di possibilità, il cosmo creato da Braben e soci può risultare spiazzante per il neofita, e il dubbio è che questa sensazione di solitudine e straniamento sia non solo voluta, ma addirittura enfatizzata di proposito, a voler calcare la mano sul versante emotivo di un’esperienza di gioco che i meno immaginativi potrebbero bollare come pedestre: la ripetizione di missioni abbastanza simili tra loro, il via vai dimensionale, con viaggi spesso anche molto lunghi (soprattutto finché non si disporrà di un vascello che possa chiamarsi tale) e una sezione narrativa che definire minimalista è un complimento sono tutti aspetti innegabili, che però balzeranno agli occhi solo di quelli che non sanno farsi rapire dall’immensità, dal fascino dell’ignoto, dal brivido perenne insito nella carriera di pirata spaziale.
Prese le misure con i controlli della navicella, che non disdegnano la fisica newtoniana ma la addomesticano alle esigenze ludiche, il giocatore è abbandonato a se stesso in un punto casuale della galassia, libero di darsi alla cartografia, alla pirateria, allo sciacallaggio, al commercio, all’estrazione mineraria, o, semplicemente, al bighellonaggio, in pieno stile Grand Theft Auto, solo su una scala infinitamente più vasta: il mondo persistente è popolato da bot mossi da un’ottima intelligenza artificiale e di umani, ma, viste le dimensioni, le probabilità di imbattersi casualmente in altri giocatori sono minime (a me è capitato solo in una circostanza durante le ore di test).
Qualsiasi strada scelga, il giocatore dovrà confrontarsi, presto o tardi, con le tre fazioni che si spartiscono il globo, ovvero Federazione, Impero e Alleanza, schierandosi per l’una piuttosto che per l’altra, spesso anche in maniera assolutamente involontaria, attaccando la nave cargo sbagliata o portando scompiglio in una stazione orbitante: se il futuro riserverà un maggiore impatto delle scelte del giocatore e un sistema di fazioni maggiormente sviluppato e influente, a giovarne sarà soprattutto la metanarrativa e il grado di immersione del giocatore nell’universo di gioco.
Zeppo di dettagli solo all’apparenza insignificanti, lento nel suo incedere e graziato da combattimenti in cui la strategia e la perseveranza contano più della velocità di fuoco, Elite: Dangerous non è, evidentemente, un prodotto adatto alle masse, né tantomeno all’utenza console media, ma questo non detrae nulla dalla profondità di un’esperienza di gioco totalizzante, che ridefinisce il significato della perifrasi “giocare di ruolo”, sebbene, a conti fatti, la crescita del personaggio passi solamente dall’acquisizione di navi e armamenti più performanti.

Solidità invece di lustrini

A ulteriore riprova del fatto che il titolo sia pensato per una nicchia appassionata di videogiocatori e non per le masse, ecco un aspetto tecnico che privilegia la solidità e la scalabilità del motore grafico rispetto alla sua spettacolarità: su Xbox One sono assicurati i 1080p in ogni frangente, con 60 fps nelle modalità PvP e 30 in quella PvE, con fenomeni di lag minimi se non del tutto assenti, una navigazione sempre agile sia durante l’esplorazione spaziale sia nei menu e una resa visiva generale più che buona.
A soffermarsi bene sui dettagli, però, si possono notare texture un po’ scialbe, modelli poligonali non eccezionali e, soprattutto, poca fantasia nel design generale delle navi, che finiscono con il somigliarsi un po’ troppo, soprattutto durante la prima decina di ore di gioco, quando i crediti (e con essi il ventaglio di scelte in sede di acquisto) sono abbastanza limitati.
Le migliorie promesse alle istanze multigiocatore, la possibilità di esplorare ogni singolo pianeta e altre feature pubblicizzate durante la campagna Kickstarter sono ancora assenti, ma Frontier Developments ha dimostrato, in oltre trent’anni di carriera, di meritare la fiducia dei videogiocatori, e non dubito quindi che il supporto al titolo sarà congruo.
Da non dimenticare, inoltre, che il prezzo del pacchetto è attualmente fissato a circa trentuno euro, nonostante l’uscita dalla fase preview anche su console Microsoft, una cifra davvero irrisoria se confrontata all’imponente offerta ludica di Elite: Dangerous.

Commento finale

Fedele alla tradizione dei titoli che l’hanno preceduto, Elite: Dangerous è un simulatore spaziale a tutto tondo, di difficile approccio (anche a causa di un tutorial insufficiente) ma capace, nel contempo, di veicolare sensazioni uniche, che pochi altri prodotti portano in dote.
L’ambizione e la portata del progetto sono innegabili, come le soddisfazioni che ogni amante della fantascienza e dello spazio ne trarrà: solo non aspettatevi una versione intergalattica di GTA o un arcade tutto basato sui combattimenti aerei.
Se saprete dedicargli tempo e dedizione, l’ultima creatura di David Braben saprà ricompensarvi in mille modi diversi.

This post was published on 6 Ottobre 2015 12:03

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