State of Decay year one survival edition – Recensione

Recensione di Gianluca “Dottor Killex” Arena

Tra i prodotti in esclusiva Microsoft più interessanti della scorsa generazione va sicuramente segnalato un survival game open world, tanto ambizioso quanto limitato in quanto a budget e resa tecnica, che seppe nondimeno ritagliarsi la sua fetta di fan, attratti soprattutto dalle dinamiche di sopravvivenza e dalla peculiare unione di un action in terza persona con uno vero e proprio gestionale in tempo reale.
Parlo, per chi non lo avesse giocato, di State of Decay.
Nell’epoca dei remaster, potevamo farci mancare la Year One Survival Edition? Certo che no.

Zombi di montagna

Come per tutte le operazioni di riproposizione che stanno caratterizzando questa prima fase di vita delle attuali console, non mi soffermerò più di tanto sulla trama e sulle modalità di gioco, per le quali potete fare riferimento alla recensione pubblicata poco meno di due anni fa su queste pagine, ma piuttosto sugli ammodernamenti e le aggiunte che questa Year One Survival Edition porta in dote.
Basti comunque sapere che, esattamente come il gioco originale, non lambito da alcun cambiamento né sul versante narrativo né su quello del gameplay puro, la storia dietro State of Decay è trita almeno quanto la carne putrida che gli zombie masticano nel gioco: inizieremo nei panni di uno di due amici, che, tornati dopo una rilassante battuta di pesca, scoprono che, in loro assenza, il mondo è andato a farsi benedire.
Dopo l’orrore e la sorpresa dei primissimi minuti, si fanno strada sensazioni di paura e solitudine, nonostante l’incontro con un gruppetto di sparuti sopravvissuti: gettati in medias res, dovremo dimostrare le nostre abilità gestionali, portando avanti una comunità e tenendo conto di tutte le sue necessità, da quelle mediche a quelle alimentari, senza dimenticare il morale e la sicurezza, ovviamente.
In un mercato videoludico intasato da titoli dedicati al puro massacro indiscriminato dei non morti, la svolta survival proposta dal team Undead Labs seppe guadagnarsi un plauso, più per le idee messe in campo e per l’atmosfera che si respirava che per il lato tecnico, portatore di bug assortiti e di una sequela di problemi, parzialmente giustificati dalla natura indipendente della produzione e dalla relativa inesperienza del team di sviluppo.
Dispiace allora vedere che, per la maggior parte, oltre a tutto ciò che c’era di buono, in questa Year One Survival Edition è stato portato anche molto di ciò che non andava, a partire proprio dalle suddette problematiche tecniche, inaccettabili su una console performante come Xbox One.

Il dolce…

Volendo condensare il giudizio su questa sorta di Goty edition, si potrebbe dire che, su larga scala, ripete gli exploit e gli errori della prima uscita, proponendosi nuovamente come un prodotto unico ed interessante ma martoriato da problematiche tecniche non indifferenti.
Partiamo dal dolce: le interessanti e sfaccettate dinamiche di gioco, che avevano fatto emergere il titolo dalla massa di produzioni indie che affollano gli scaffali virtuali, sono ancora tutte al loro posto.
State of Decay è uno dei titoli dedicati agli zombie più profondi e “realistici” su cui ho personalmente messo le mani, con una miriade di parametri di cui tenere conto e scelte che vanno davvero ad impattare sulla vita di una intera comunità: far appostare un cecchino che sorvegli il perimetro farà sentire molto più sicuri i sopravvissuti, ma consumerà munizioni, una valuta preziosa nel mondo post apocalittico in cui il titolo è ambientato, così come rispondere ad una chiamata di aiuto invece che ad un’altra porterà probabilmente alla morte della gente che sceglieremo di non soccorrere.
Scelte polarizzanti si susseguono con grande naturalezza e, alternandosi all’azione in terza persona delle scorribande, compongono un mix molto riuscito di strategia in tempo reale, con un management continuo di risorse e uomini, a creare davvero una simulazione di epidemia, se così vogliamo chiamarla.
La morte dei personaggi è permanente, e quindi causerà emozioni nel giocatore, che potrebbe crescere una piccola comunità indipendente solo per vederla attaccata, in sua assenza, da un’orda di zombie: certo, questo non potrebbe succedere se si è scelto di fortificare la base, ma i materiali scarseggiavano e si è preferito costruire una tenda medica per i feriti…
In qualsiasi momento è possibile passare da un sopravvissuto ad un altro con la pressione del tasto X, così da far crescere equamente ognuno dei membri del proprio gruppo e sfruttarne caratteristiche peculiari, come l’abilità con le armi da fuoco o la resistenza nella corsa.
Purtroppo, l’amaro presente nella versione Xbox 360 è stato addolcito solo parzialmente, e molte delle problematiche tecniche sussistono, nonostante siano apprezzabili tanto il nuovo sistema di illuminazione dinamica quanto l’innalzamento della risoluzione a 1080p, senza dimenticare i due DLC rilasciati dopo il lancio, ovvero “Lifeline” e “Breakdown”.

…e l’amaro

Sebbene il colpo d’occhio iniziale sia strabiliante se confrontato con l’edizione del 2013, una manciata di ore in compagnia di questa Year One Survival Edition rivelano come molte criticità siano rimaste inalterate rispetto al passato.
Le compenetrazioni poligonali sono una regola, con zombie che attraversano porte e muri come fossero fantasmi, attaccando il giocatore anche quando quest’ultimo pensa di essere al sicuro, e personaggi che occupano letteralmente lo stesso spazio come fossero incorporei.
Il comparto animazioni, che avrebbe avuto bisogno di un’oliata, è rimasto pressoché invariato, con salti tra un frame e l’altro che non rendono giustizia al buon lavoro di caratterizzazione del mondo di gioco.
Il sistema di combattimento, abbastanza rozzo già due anni fa, non sembra aver subito aggiustamenti, con moltissimi colpi che vanno a vuoto quando chiaramente si è colpito il bersaglio e zombie che scompaiono mentre li stiamo colpendo, solo per riapparire qualche metro più in là, come si fossero teletrasportati.
Anche la fisica di gioco ondeggia paurosamente tra il credibile e il comico, con un SUV che non riesce a sfondare una semplice staccionata di legno, sbattendoci contro come fosse un muro di cemento e prendendo fuoco.
Purtroppo molte di queste magagne hanno un effetto diretto sul giocato, impoverendo le fasi di guida, i combattimenti e in parte anche l’esplorazione, che perde di mordente quando si trovano zombie incastrati nel manto stradale o autovetture che, pure in fiamme, non esplodono, e offrono ancora una passaggio ai nostri personaggi.
Anche con un corposo lavoro di patch post lancio, difficilmente questa edizione per Xbox One arriverà mai ad essere lo State of Decay pienamente soddisfacente a livello tecnico in cui tutti i fan avevano sperato.

Commento finale

Nonostante permanga il dispiacere per quanto poteva essere e non è stato, State of Decay Year One Survival Edition rimane la scelta migliore per tutti coloro che non si sono mai cimentati con la produzione Undead Labs, perché, al netto di problematiche tecniche non indifferenti, il cuore del titolo è più che buono e il divertimento è garantito per almeno una quindicina di ore, che superano le venti se nel computo si calcolano anche i due contenuti scaricabili inclusi in questa edizione.
Gli incentivi al riacquisto per i possessori della versione Xbox 360 (33% di sconto per un periodo di tempo limitato) non sono invece sufficienti a raccomandarlo senza riserve a quanti lo abbiano già spolpato per bene due anni or sono.