Articolo a cura di Gianluca “DottorKillex” Arena
Nel momento meno atteso, a dodici mesi dal debutto e a una sola settimana dall’approdo sul mercato di quel capolavoro che è Bloodborne, From Software ci propone una sorta di Goty edition del suo Dark Souls II, uno dei titoli più acclamati del 2014, e, più in generale, uno dei giochi di ruolo più longevi, difficili ed appassionanti dell’intera scorsa generazione di console.
Sarà solamente l’ennesimo, bieco tentativo di far soldi o piuttosto un omaggio ad un titolo, che, pur apprezzatissimo, viene da molti considerato il meno ispirato della serie?
Remix totale
Dark Souls II seppe conquistarsi voti eccellenti un anno fa di questi tempi, grazie ad una curva di apprendimento estremamente ripida ma altrettanto gratificante, ad un sistema di combattimento lento ma estremamente tattico e alla vastità di un mondo vivo, pulsante, che tentava di affondare i denti nelle carni del giocatore ad ogni passo.
Tutto questo torna in questa edizione Scholar of the First Sin, con una serie di accorgimenti mirati a migliorare l’esperienza di gioco e soprattutto a renderlo appetibile anche a quanti lo abbiano già spolpato per benino su console di vecchia generazione.
Le modifiche sono essenzialmente di tre ordini, e vanno ad alterare gli equilibri di gioco, oltre che tentare di svecchiare una presentazione che, già al debutto, non era esattamente lo stato dell’arte (almeno a livello meramente tecnico, perché se invece si parla di art direction allora è tutto un altro discorso): 1080p e 60 fps, accoppiata che sembra ormai irrinunciabile nell’attuale generazione di console, inclusione di tutti i DLC rilasciati e riposizionamento dei nemici in molte delle mappe di gioco, così da cogliere di sorpresa anche i giocatori più smaliziati.
Delle tre, ho personalmente apprezzato soprattutto la seconda e la terza, non perché un refresh più veloce dello schermo non sia benvenuto ma perché, a parte una iniziale fase di disorientamento, non impatta il gameplay nella maniera sperata, complice il fatto che durante le ore di test, nella versione Xbox One da me testata, c’è stato qualche calo e sfarfallio qua e là, con il framerate che perdeva una ventina di frame per qualche secondo per poi tornare stabile.
I 1080p chiaramente donano una maggiore pulizia grafica al tutto, ma l’arretrato comparto tecnico, che sfigura ancora di più dopo le tante ore passate a giocare a Bloodborne, beneficia solo parzialmente dell’innalzamento della risoluzione, aggiungendo, anche qui, ben poco all’esperienza di gioco in sé.
Atto d’amore
Se leggendo fin qui state iniziando a pensare di trovarvi di fronte all’ennesimo remaster in alta definizione senza cuore né anima, però, vi sbagliate: se le migliorie sul versante tecnico non impressionano, dal punto di vista dei contenuti questa Scholar of the first sin edition offre il meglio di sé, rappresentando un vero e proprio atto d’amore del team di sviluppo tanto nei confronti della sua creatura quanto in quelli dei fan più affezionati.
Solo questi ultimi, infatti apprezzeranno l’infinita serie di piccole modifiche al bilanciamento, al posizionamento dei nemici, alla maggiore densità di alcune aree a scapito di altre: mentre il neofita si troverà dinanzi, semplicemente, ad uno dei migliori giochi di ruolo degli ultimi anni, colui che ha passato già decine di ore a Drangleic (come il sottoscritto) apprezzerà le piccole cose, stupendosi di ripercorrere strade già abbondantemente battute ma disseminate di nuovi segreti, di nemici noti ma posizionati in maniera tale da infliggere un paio di colpi a tradimento.
Il livello di difficoltà generale, che già non scherzava, in seguito alle lamentele di molti appassionati della serie creata da From Software, è stato ulteriormente innalzato, portandolo, per quanto mi è stato dato modo di vedere, ai livelli del primo Dark Souls, e questo senza introdurre nuove nemesi ma semplicemente ribilanciando il danno delle armi, il numero degli avversari per area e il loro atteggiamento alla vista del giocatore.
Come se non bastasse, l’inclusione della trilogia di The Lost Crowns, rilasciata nei mesi successivi al lancio in qualità di contenuti scaricabili, arricchisce ulteriormente il pacchetto, proponendo, oltre ad almeno una quindicina di ore di gioco, alcune delle boss fight più riuscite non solo di Dark Souls II ma dell’intera saga.
Grazie a queste aggiunte, la gamma di giocatori cui questo prodotto può risultare appetibile si allarga quindi a dismisura: chi, come chi scrive, aveva già finito il gioco ma aveva avuto modo di cimentarsi con uno solo dei tre DLC, troverà un buon motivo per tornare nelle desolate lande di Drangleic a morire ancora un po’ di volte, così come quanti si siano fermati a metà dell’opera, scoraggiati dalla difficoltà.
Ovviamente, la categoria che maggiormente beneficerà del lavoro svolto da From Software è quella cui appartengono coloro che si sono persi il titolo all’uscita, visto che potranno cimentarsi con un titolo davvero epico, ma anche i possessori della sola Xbox One, orfani di Bloodborne, avranno di che gioire.
Design 1 – poligoni 0
Nonostante il team di sviluppo abbia provato a tirare a lucido al meglio Scholar of the first sin, le origini del progetto erano saldamente radicate nella scorsa generazione hardware, tanto che, già tredici mesi fa, il grosso delle perplessità riguardava il versante tecnico, che oggi, con PS4 e Xbox One che iniziano a mostrare i muscoli, sembra ancora più datato di quanto in realtà non sia.
Oggi come allora, però, è la maestria nel design a sopperire brillantemente ai limiti tecnici, con un bestiario nemico incredibilmente vario, ben disegnato ed animato, credibile nella sua ossessiva fame di sangue, e scenari che sanno infondere timore nel giocatore, bui, inospitali, dei quali non si fatica a sentire il fetido odore anche attraverso lo schermo.
La versione da me testata, come detto quella Xbox One, risente di qualche calo del framerate nelle situazioni più concitate, come durante gli scontri con boss particolarmente maestosi o in situazioni con sei o sette nemici contemporaneamente a schermo, ma sono cali repentini, occasionali, che nulla tolgono alla bontà del combat system e delle dinamiche di gioco.
Non ve la potrete prendere con il framerate, insomma, quando, ancora una volta, vedrete la scritta “Sei Morto”.
Chiosa finale per la durata complessiva, che, a seconda della voglia di esplorare e di immergersi nel mondo ideato da From Software, può portare via dalle cinquanta alle settantacinque ore, computo al quale vanno aggiunti i tre DLC di cui sopra.
Commento finale
Tra tante altre collection che mirano dritte al nostro portafogli, Dark Souls II Scholar of the first sin si distingue per una corposa aggiunta di contenuti e un totale rimescolamento dei canoni della sua (imponente) offerta ludica dello scorso anno, offrendo motivi più che validi per tornare nelle lande di Drangleic anche a chi ci aveva già passato decine di ore.
Inutile dire che quanti si siano persi l’uscita originaria nel 2014, hanno una seconda chance da non lasciarsi assolutamente sfuggire.