Eccoci giunti alla terza puntata per la nostra rubrica, Backlog, tesa a ricordare ad ogni giocatore che, per un gioco entusiasmante in uscita, ce ne sono due (se non tre) che ci si è persi per strada, per un’accoglienza fredda da parte della critica, preconcetti personali o, semplicemente, mancanza di tempo.
Il tempo sa essere gentiluomo, però, e non è mai troppo tardi per recuperare, spesso con costi minimi, i più meritevoli tra i giochi che abbiamo lasciato indietro: una volta a settimana, allora, analizzeremo titoli dimenticati troppo in fretta, che invece meritano di intrattenerci per qualche ora.
In sole tre settimane, Sega fa doppietta: dopo Valkyria Chronicles, infatti, oggi parleremo di un altro titolo della software house giapponese, lo sparatutto in terza persona Binary Domain.
Pubblicato in Europa il 24 febbraio 2012 su PS3 e Xbox 360 e solo un paio di mesi dopo in versione PC, Binary Domain è uno dei molti titoli di valore della scorsa generazione che, non potendo contare su un budget faraonico per una campagna pubblicitaria martellante (come, ad esempio, quella del recente Destiny), è finito colpevolmente nel dimenticatoio, in fondo ai cesti delle offerte negli ipermercati, lontano dalla considerazione degli amanti degli sparatutto in terza persona, che invece avrebbero dovuto cimentarvisi e apprezzarne le innumerevoli qualità.
Altro peccato capitale (non per chi scrive, ma per la percezione moderna del genere sparatutto) è rappresentato da un comparto online solo sufficiente, che, già all’uscita, fece storcere il naso ai fanatici del multiplayer ad ogni costo: differentemente dalla saga di Gears of War, giusto per citare uno degli esempi più famosi ed amati dal pubblico, Binary Domain era molto più godibile se giocato da soli che non in compagnia di uno o più amici, soprattutto a causa di una forte lag nella partite online (parzialmente sistemato da una patch successiva al lancio, ma comunque mai del tutto eliminato) e da una serie di modalità multigiocatore poco originali e decisamente meno ispirate rispetto a quelle della concorrenza.
Se si sommano i due addendi di cui sopra, quindi, non c’è da stupirsi se il risultato è che lo sparatutto Sega non è diventato un million seller, e che le sue numerose qualità siano passate inosservate a fin troppi occhi: nonostante un comparto tecnico buono ma non esaltante, infatti, lo Yakuza Studio, responsabile dello sviluppo, ha dotato il titolo di un comparto narrativo di prim’ordine (cosa rara per il genere), di una campagna single player dal ritmo impeccabile e discretamente rigiocabile e di dinamiche shooter estremamente solide ed appaganti.
Guardando la situazione da un altro punto di vista, Binary Domain andava controcorrente, eccellendo in comparti che molti giocatori non ritenevano di fondamentale importanza per la buona riuscita di uno sparatutto, e mostrando invece il fianco in quei settori percepiti come fondamentali, dal comparto tecnico alle modalità multiplayer.
A mentre fredda, come spesso accade, si riescono invece ad apprezzare molti lati di questa produzione, con la vista acuita da quel gentiluomo che è il tempo e non abbagliata dalle luci del marketing e dell’online a tutti i costi, visto che, a distanza di quasi tre anni dal lancio, i server di gioco sarebbero comunque deserti.
Su tutti, la narrativa: in Binary Domain ci sono echi di Philip. K. Dick e di Isaac Asimov, suggestioni al sapore di Terminator e tematiche tremendamente attuali a livello etico e tecnologico.
Il giocatore che sceglierà di non saltare le sequenze narrative si troverà invischiato in una storia di fantascienza molto più vicina alla realtà quotidiana di quanto si possa pensare, che stimolerà a porsi delle domande e a riflettere sulla direzione nella quale la robotica e la scienza dovrebbero andare. Eppure, per evitare di prendersi troppo sul serio, gli sviluppatori hanno inserito un cast esagerato, con personaggi tanto simpatici quanto stereotipati, perfetti anche per quanti preferiscono i proiettili alle fasi parlate.
Sarebbe ingiusto, però, concentrare le lodi sul solo impianto narrativo: il gameplay di Binary Domain funziona egregiamente durante il normale incedere del giocatore, quando questi verrà chiamato a confrontarsi contro centinaia di truppe ordinarie come nella stragrande maggioranza dei cover shooter in terza persona usciti nell’ultimo lustro, ed esplode (letteralmente) in occasione delle mastodontiche boss fight, concentrati di adrenalina pura che, soprattutto selezionando uno dei livelli di difficoltà maggiori, offrono soddisfazioni davvero notevoli.
Ognuno dei robot che ci vengono sguinzagliati contro sin dai primi istanti di gioco può essere smembrato dalle nostre pallottole, arrancando verso di noi se colpito alle gambe, rivolgendo il proprio fuoco contro i suoi simili se colpito alla testa, rimanendo indifeso se colpito al braccio con cui sorregge l’arma: il comparto animazioni è di alto livello, e rende benissimo l’inarrestabile volontà di nuocerci che muove le orde nemiche, e la possibilità di bersagliare le diverse parti del corpo delle unità robotiche apre all’utilizzo di tattiche sottili, assenti in altri sparatutto coevi.
Dopo due Game Over consecutivi, ad esempio, ci si potrebbe accorgere che l’unico modo per aver ragione di un’ondata particolarmente tenace di robot consista nel mandare in corto circuito i sistemi di uno dei mini boss che la compongono, così che questi rivolga il fuoco sui suoi stessi alleati, facilitandoci non poco la vita.
Per non parlare di quando, in attesa dell’arrivo di un treno, si apre il fuoco sulle gambe dei numerosi nemici che ci corrono incontro per guadagnare tempo, per poi finirli con una granata o darsi alla fuga approfittando della loro impossibilità ad inseguirci.
In occasione delle boss fight, poi, la produzione Sega offre il meglio di sé, mettendoci di fronte a colossi alti come due palazzi, a volatili robotici muniti di lanciarazzi, a scimmioni in metallo che cercano il corpo a corpo: condite da un mecha design eccezionale, queste battaglie glorificano un gunfight soddisfacente e corposo, che restituisce un feedback chiaro al giocatore con tutte le armi disponibili, con la soddisfazione aggiunta di vedere parti del corpo del nemico volare via in seguito ad un colpo ben piazzato.
Chiude il quadro l’aggiunta di esili elementi ruolistici, con la possibilità di distribuire i punti acquisiti macellando i soldati nemici in specifiche abilità, che variano dal potenziamento dei danni con una data arma alla possibilità di portare un numero maggiore di granate: specializzare ognuno dei membri del proprio team può alleggerire notevolmente il livello di difficoltà, stimolante ma mai proibitivo.
Procurarsi oggi una copia del gioco, tanto in versione PS3 quanto Xbox 360, è relativamente facile: come detto, il gioco non ha venduto per quello che meritava, e i principali retailer, sia fisici sia online, ne hanno ancora un discreto numero di copie in magazzino.
La versione PC (la migliore del lotto se si dispone di un controller di qualità) è disponibile su Steam a meno di quindici euro, mentre ne bastano anche solo dieci per portare a casa il gioco in versione console.
Serviranno tra le 10 e le 12 ore per portare a termine il gioco una prima volta al livello di difficoltà standard, qualcosa di più se invece (e ve lo consiglio) sceglierete uno dei livelli di difficoltà superiori, in cui suderete qualche camicia in più per accedere alle schermate finali.
Purtroppo, allo stato attuale delle cose, Sega non ha in cantiere un seguito diretto del titolo, e quindi le grandi potenzialità narrative e le basi poste con questo primo episodio potrebbero andare perdute: un motivo in più per non lasciarselo scappare.
Se il futuro del genere TPS (e, più in generale, degli sparatutto e degli action in terza persona) sarà fatto di imponenti campagne marketing, un dettaglio grafico da far strabuzzare gli occhi e dialoghi ridotti all’osso, temo non ci sarà spazio per titoli come Binary Domain, le cui priorità sono invece una storia ben raccontata, una campagna dai ritmi incalzanti e delle boss fight altamente spettacolari.
Questo esperimento dello Yakuza Studio avrebbe meritato ben altra fortuna, ma, nel vostro piccolo, potete fare la differenza, regalandogli ancora un giro nel vostro lettore ottico (qualunque console possediate, ancora meglio se su PC) e godendovi uno sparatutto fuori dal coro.
This post was published on 18 Dicembre 2014 12:16
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