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Recensione Divinity Original Sin 2

Difficilmente una compagnia riesce a risollevarsi dalla bancarotta, ma ultimamente, soprattutto grazie a Kickstarter, questo trend sembra essere cambiato. Larian Studios, la software house belga famosa per aver creato la saga di Divinity, ne è forse l’esempio lampante.

Sull’orlo del fallimento finanziario si affidò proprio al crowdfunding nel 2013 per andare a sviluppare un prequel di Divine Divinity denominato Divinity Original Sin.

Con oltre un milione di dollari di donazioni, il titolo venne rilasciato un anno dopo e fu un successo di critica e pubblico, confermando al mondo che la fanbase PC (e non solo) ha ancora fame di CRPG classici e vecchio stampo.

Una fame che forse, ora, verrà saziata per gli anni a venire grazie a questo nuovo, grande capolavoro: Divinity Original Sin 2.

Aperta la campagna su Kickstarter con una base di 500.000 dollari il 12 Agosto del 2015, il titolo ha raggruppato il poche ore la somma stabilita per raggiungere a conclusione della campagna la notevolissima somma finale di 2.000.000 dollari; un risultato incredibile per un genere videoludico così di nicchia.

Come se non bastasse, Larian Studios per l’occasione si è fregiata dell’aiuto di uno dei massimi esponenti della scrittura videoludica, tale Chris Avellone, celebre per aver scritto le storie di capolavori del genere come Planescape: Torment o Icewind Dale.

Con il tradizionale sistema di combattimento di Divinity alle spalle, dove molta enfasi viene posta sul terreno di gioco ed i vari modificatori ambientali dovuti alle abilità, un fondo di oltre due milioni di denari e l’aiuto del tanto amato Avellone ed altri talentuosi freelancer, la posta in gioco era alta tanto quanto la possibilità di sbagliare e deludere chiunque.

Fortunatamente per noi e per i Larian, non è andata così.

Come ogni CRPG che si rispetti, la schermata di creazione del personaggio sarà la prima cosa che vedremo. Potremo scegliere razza, aspetto fisico, classe, talenti, abilità, voce e perfino lo strumento principale della colonna sonora che ci accompagnerà nell’avventura.

I Larian ci permetteranno anche di vestire i panni e le fattezze (comunque customizzabili) di un personaggio dall’origine ed il carattere ben definito.
Scegliere un personaggio Origin significherà poter avere dalla propria delle opzioni di dialogo, delle subquest ed in generale delle strade uniche da percorrere per andare avanti all’interno della trama del gioco.

Tutti i personaggi Origin saranno disponibili all’inizio della propria avventura e sarà possibile portarseli dietro come companions arricchendo incredibilmente la profondità di gioco; il dover creare un gruppo organico di essere viventi, ognuno con le proprie motivazioni, i tratti peculiari e antagonismi sarà obiettivo di ogni buon giocatore che si rispetti.

Per comprendere la profondità dei legami che si andranno a creare all’interno del gioco vi basterà sapere questo: capiterà di dover rinunciare ad intere storyline solo per voler avere nel proprio gruppo un determinato personaggio che catturerà il nostro cuore; scelte di una certa pesantezza.

Dopo la creazione/scelta del personaggio ed una cut-scene animata, il gioco ci darà il

Le cutscenes animate che raccontano la trama del gioco sono meravigliosamente animate.

controllo: siete su di una nave con un pesante collare al collo che blocca completamente l’utilizzo della Source, importante fonte di potere presente nell’universo di Divinity.

Siete in buona compagnia di altri reietti della società ed avete in comune solo due cose: il collare ed il destino.
Sbarcati rovinosamente a Fort Joy inizierà il vostro percorso.

Una, nessuna e centomila storie.

La storia di Divinity Original Sin 2 inizia con un topos che non brilla certo per originalità; esso fortunatamenteeppure sarà capace di farsi perdonare grazie ad un sapiente e magistrale equilibrio tra registri narrativi comici, drammatici ed epici, che ricordano le fantasie del compianto Terry Pratchett.

E’ però scorretto parlare di storia unica: esattamente come un mondo di un GDR cartaceo, l’avventura subirà numerosissime variazioni che porteranno a trame e sottotrame in grado di arricchire notevolmente l’esperienza e la longevità del gioco.

Come capita in questo genere di giochi, dunque, la storia è superlativa non tanto per l’effettiva qualità della trama principale, quanto per l’alchimia che lega ogni singola ramificazione narrativa alle altre, dimostrando ancora una volta quanto il worldbuilding e la caratterizzazione dei personaggi e delle quest influiscano pesantemente sul valore narrativo di un prodotto.

Le fiamme, onnipresenti, sono rese splendidamente.

Nonostante ciò, la portata principale del prodotto è l’assoluta, enorme, quasi terrificante libertà di azione che Divinity Original Sin 2 ci offrirà: fin dalla prima zona avremo a disposizione decine di modi completamente diversi e coerenti tra loro per avanzare nel gioco, dalla carica barbarica contro qualunque npc, alla furtività e l’aggiramento dei nemici, fino anche alla diplomazia o l’utilizzo di determinate abilità per dei risvolti sempre differenti.

Ogni possibilità da noi esplorata però avrà conseguenze sempre diverse, capiterà di inimicarci qualcuno o di perdere qualche npc per strada. Non esageriamo nel dire che anche dopo la terza o quarta run con un nuovo personaggio si potranno scoprire nuovi metodo di avanzamento nell’avventura.

La violenza gradevole ma non indispensabile.

Ovviamente questa libertà va applicata anche al combattimento, che ne beneficia esattamente come il primo capitolo, se non di più. Con un roster di classi ed abilità notevolmente ampliato, grazie anche all’aggiunta di elementi come mutaforma, druidi e totemisti, il combat system è un more of the same di Divinity Original Sin sotto potenti anabolizzanti. Come sempre avremo una barra di azione che potremo sfruttare come vogliamo tra movimenti, attacchi ed uso di abilità, ed una schermata dell’iniziativa che mostrerà l’ordine di azione dei personaggi.

Definire i combattimenti “pirotecnici” è un eufemismo.

Come vuole la tradizione, i combattimenti sono impegnativi, tattici e complessi, inoltre affermare che morte totale del party sia dietro l’angolo vorrebbe dire minimizzare tale minaccia. Morire è cosa nota e comune in questi giochi, ma Divinity Original Sin 2 riesce nell’impresa di non renderlo mai frustrante.

Una volta che si entra nell’ottica dei combattimenti come veri e propri puzzle da risolvere con l’enorme arsenale di strumenti che il nostro party ci offre, ecco che tutto ci sembrerà più chiaro, intuibile e soprattutto fluido.

Ciò potrebbe scoraggiare non solo i neofiti ma anche i comuni videogiocatori odierni, e l’enorme libertà di scelta che ci ritroveremo anche all’infuori dei conflitti a turni rischia davvero di paralizzare chiunque. Non bisogna demordere dopo le prime sconfitte o i vicoli ciechi, e continuare a rimuginare con calma anche una volta spento il gioco: risolvere un enigma, avanzare nella trama o semplicemente sconfiggere un nemico che ci sembrava impossibile doneranno una soddisfazione che qualunque altro titolo può difficilmente offrire.

Una meraviglia “rassicurante”

Lo stile tradizionale del gioco conserva un fascino irresistibile alle volte.

Il comparto tecnico di Divinity Original Sin 2 è decisamente migliore rispetto al primo capitolo: il motore di gioco risulta più pulito e performante, creando un mondo fantasy pieno di dettagli, texture ad alta definizione, colori sgargianti ed effetti particellari spacca-mascella, assieme ad una colonna sonora di prim’ordine.  Forse il più grande difetto della produzione è lo stile ed il design del mondo di gioco, dal momento che Rivellon ed i suoi abitanti risultano splendidi, ma artisticamente classici e poco ispirati.

Le razze sono prese direttamente dall’immaginario collettivo del fantasy D&Desco, e non spiccano per originalità. E’ un difetto che viene oscurato dalla narrazione, come detto in precedenza magnifica, ma è facile pensare che con un design più memorabile e riconoscibile l’universo di gioco avrebbe potuto sottrarsi alla presa dell’anonimato fantastico.

Una esperienza da vivere in compagnia.

Tutto questo splendore sarà possibile viverlo fino ad un massimo di altri tre giocatori, coi quali affrontare la campagna in una cooperativa drop-in/drop-off, in una modalità PvP consistente in combattimenti a turni tra i propri personaggi e la tanto osannata Game Master Mode, dove un gruppo di quattro eroi dovrà vivere l’avventura specificatamente realizzata da un quinto Dungeon Master, ricalcando ancor di più la perfetta similitudine tra Original Sin e il GDR cartaceo. Quest’ultimo avrà infatti il compito di parlare per tutti gli NPC e di regolare gli eventi per il resto del team.

Giocare alla campagna in coop con tre amici, cercando di non scannarsi a vicenda ad ogni bivio decisionale oppure vendicandosi di un torto o un loot rubato teletrasportando uno squalo in mezzo ad un combattimento sarà una delle esperienze videoludiche più divertenti di sempre.

In conclusione, Divinity Original Sin 2 è la somma ed il tripudio di un genere, il coronamento di un percorso comunitario che ha portato Larian Studios sulla vetta dei CRPG con un lavoro di qualità quasi inarrivabile. Mai prima d’ora ci si è sentiti così liberi all’interno di un sistema di gioco, e mai prima d’ora un videogioco di ruolo è riuscito ad imitare, o meglio eguagliare il suo padre cartaceo. Esattamente come una campagna di D&D, Divinity vi farà piangere lacrime amare ad ogni errore commesso, vi farà infuriare qualora non riusciste a trovare la strada giusta al completamento di una quest, e vi regalerà gioia e soddisfazioni infinite dopo ogni successo. Un must have per ogni amante del gioco di ruolo. P.S. Consiglio caldamente l’utilizzo del talento “Pet Pal”. Non ve ne pentirete.

 

This post was published on 2 Ottobre 2017 12:24

Graziano Salini

Perennemente alla ricerca di legami tra argomenti distanti tra loro, con una certa predilezione per musica e videogiochi. Faccio il possibile per fare in modo che ci siano meno errori di concetto possibili sugli articoli di Player.it, grande fan degli errori grammaticali invece, quelli fanno sempre ridere. Quando non sto amministrando questo sito lavoro mi occupo di spiegare cose difficili in maniere semplici su altri siti, su tematiche molto meno allegre dei videogiochi.

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