RECENSIONE MAIZE (PlayStation 4)
In quale genere rientra Maize? È un’avventura grafica, un puzzle game in prima persona, o un walking simulator? Difficile inquadrarlo in una sola categoria, ma colpisce il giocatore come un muffin stantio tramite l’utilizzo di personaggi buffi e dialoghi bizzarri. All’inizio del gioco, vi ritroverete all’entrata di un labirintico campo di granturco nei panni di un taciturno protagonista il cui compito è scoprire i segreti che si celano dietro alle piante di mais.
Già nei primi secondi di gioco vi renderete conto che di segreti, quel campo, ne nasconde tanti, e avrete subito un assaggio del potenziale offerto dal gioco. Davanti a voi alcune figure longilinee dall’aspetto di pannocchie antropomorfe si dileguano velocemente nel fogliame. Come se non bastasse, si riveleranno piuttosto tonte, pigre e dallo spiccato accento britannico.
Mai(s) cosa più immediata
I comandi di gioco sono abbastanza limitati: oltre agli stick per il movimento e la visuale, avremo la possibilità di abbassarci, scattare, scrollare gli oggetti dell’inventario e un pulsante azione. Due pulsanti del controller saranno infine utilizzati rispettivamente per aprire l’inventario e l’elenco dei documenti e dei collezionabili raccolti.
Complici anche le meccaniche piuttosto basilari, l’interfaccia risulta quindi piuttosto spartana, ma funzionale nella sua semplicità. Gli oggetti interagibili sono evidenziati da un contorno bianco brillante e i luoghi dove utilizzare gli oggetti raccolti saranno indicati dalle sagome degli stessi nel mondo di gioco.
Tutto ciò influenza in maniera negativa la difficoltà di Maize: il gioco suggerisce infatti quale oggetto utilizzare in un determinato posto. Questo non è valido per tutte le prove, ma ad esempio una volta mi sono trovato a combinare un manichino con vari oggetti quotidiani e, dalle sagome presenti, era facile capire che avrei dovuto utilizzare un distributore di acqua, una palla sulla quale avevo disegnato un volto con il pennarello ed una pianta. Durante tutto il corso del gioco, probabilmente soltanto una volta sono stato messo davvero in difficoltà.
Non è tutto granturco quel che luccica
I puzzle si risolveranno dunque utilizzando gli oggetti raccolti nello scenario, talvolta logicamente, talvolta in maniera alternativa. Sin dai primi minuti il gioco vi porterà a pensare fuori dagli schemi, strappandovi anche non poche risate.
Oltre all’improvvisato manichino di prima, mi è capitato di utilizzare un vecchio chiodo come un fusibile improvvisato, in barba alle più basilari regole di sicurezza, e le descrizioni in-game me l’hanno ironicamente sottolineato.
Raggiungere la soluzione degli enigmi richiede quindi l’aver trovato gli oggetti necessari in giro per le mappe: la componente esplorativa si rivelerà infatti la più importante, considerando anche il numero elevato di collezionabili sparsi durante l’avventura (tra i quali ci sentiamo in dovere di citare l’inutilissima collezione di sassi). Mi sento di condannare il level design e la scelta degli sviluppatori di bloccare l’accesso alle aree non ancora esplorabili della mappa utilizzando degli scatoloni arancioni che ne ostruiscono i collegamenti, e che spariranno magicamente non appena avrete acquisito un determinato oggetto o risolto un dato puzzle.
Scoppiettante(?)!
La trama di Maize è comunque godibile, e durante le circa 4 ore necessarie a completarlo riserva comunque dei discreti colpi di scena al limite dell’assurdo. I dialoghi – se così si possono definire – tra Bob e Ted, ovvero i fondatori della base segreta che comunicano tra loro incollando post-it in giro per la stessa, sono la chicca del gioco.
Anche Vladdy, lo scorbutico orsacchiotto robotico dal passo incerto che vi accompagnerà lungo l’avventura, è divertentissimo e dopo pochi minuti dal suo incontro non potrete fare più a meno delle sue imprecazioni in russo e degli “Idiot!” che vi rivolgerà.
Tralasciando le imprecazioni in russo, volutamente lasciate non tradotte dagli sviluppatori anche nei sottotitoli, difficilmente riuscirete ad apprezzare le gag dei personaggi e le indicazioni fornite dal gioco a meno che non disponiate di una certa dimestichezza con la lingua inglese. Maize manca di ogni forma di localizzazione italiana, sia per quanto riguarda l’audio che il testo a schermo.
Le musiche e gli effetti sonori falliscono in personalità, e i dialoghi non sono sempre perfettamente sincronizzati. Questo in un gioco tutt’altro che serio come Maize è relativamente trascurabile, così come la sensazione “plastica” degli ambienti fornita dalla vecchia versione del motore Unreal utilizzato. Gli impressionanti e fastidiosissimi cali di framerate di cui il gioco già soffriva sin dal suo esordio su PC non sono però perdonabili, tenuto conto della quantità di risorse di cui necessita.
In conclusione
Folle, sopra le righe e dannatamente divertente, Maize è l’avventura che vorrete giocare se come me avete amato al loro tempo Portal 2 e The Stanley Parable, ma solo se masticate un po’ di inglese. Il feeling poco serio vi farà chiudere un occhio (e mezzo) sulle limitazioni tecniche del titolo, ma tirando le somme i lati negativi sono troppi per aggiudicarsi una promozione a pieni voti.