A Hole New World è la prima opera dei ragazzi di MadGearGames ed è un buonissimo platform 2D di chiara ispirazione Nintendiana in grado di regalare al giocatore mezza dozzina di ore di divertimento tra salti, nemici e bossfight degne della vecchia scuola. Tranquillamente ignorabili le magagne che il gioco presenta a patto di saper scendere a patti con alcuni rimasugli dei mai troppo compianti anni 80′.
Il gameplay è fortemente ispirato a platform come Shovel Knight o il più anziano Ducktales, la difficoltà è a livelli degni del primo Ninja Gaiden e di sicuro provocherà qualche versamento di bile a quelli che sono ancora convinti dell’enorme difficoltà della serie più famosa di From Software. Si salta, si attacca lanciando pozioni e si acquisiscono nuove abilità dopo ogni bossfight; queste ultime sono riassumibili in nuove misture per le proprie pozioni o in abilità di movimento in grado di migliorare la qualità del gameplay.
Si arriverà ad ottenere pozioni che sparano colonne di luce, colpi che rimbalzano, doppi salti animati in modo certosino che sembrano usciti da Simphony Of The Night, powerslides a terra in grado di svuotare passerelle piene di nemici e calci volanti in grado di ricordare le meccaniche a base di pogo sulla testa dei nemici degne dei due platform sopra citati.
Un gioco che sembra seguire un copione già scritto da illustri antenati utilizzando però un piccolo trucco: gli sviluppatori hanno scritto metà del copione rovesciando ogni singola lettera.
Il new world che capeggia nel titolo è presente nella trama come il mondo all’incontrario da cui sbucano le amenità da combattere; nel gioco esso è protagonista di intera meccanica all’interno di un gameplay che sembrava già aver detto tutto nella definizione “shovel knight senza shovel”.
Tutto il gioco presenta un forte dualismo di ambientazioni, sarà necessario più volte passare in questo curioso sottosopra in cui la gravità è rovesciata e bisognerà fare i conti con il reimparare da capo dove si trovano la destra e la sinistra; il senso di disorientamento è forte ma passa dopo la prima o la seconda morte senza troppi problemi.
Il gioco quindi abbandona, quasi, completamente il concetto di bottomless pit tanto caro al non più idraulico italiano più famoso del media per aggiungere un intero nuovo mondo di gioco.
I tratti con gravità rovesciata non saranno sempre obbligatori al proseguire del titolo, spesso nasconderanno semplicemente oggetti e ammennicoli utili al raggiungimento del punteggio più alto per la fine del livello. Combattere con gli avversari del caso sarà piuttosto intuitivo e grazie alla possibilità di lanciare le nostre pozioni anche lungo l’asse verticale eviteremo di saltare a destra e sinistra nel tentativo di uccidere il classico pipistrello.
Alcune armi attaccano i nemici fuori dallo schermo mentre altre li congelano trasformandoli in momentanee piattaforme in grado di semplificare quel salto che due secondi prima sembrava impossibile.
Il gioco presenta uno score che aumenteremo raccogliendo gemme e uccidendo nemici. Quando la nostra energia vitale si esaurirà verremo rianimati consumando una preziosa vita. Una volta che esse saranno terminate verremmo rianimati al più vicino checkpoint secondo il nostro volere. Il gioco presenta anche NPC da scovare e collezionabili da recuperare nei meandri più oscuri dei livelli.
Nella scelta dei mostri si nota un certo amore per i Castlevania più classici, con pipistrelli e esseri antropomorfi di ogni genere accompagnati da nemici più complicati come vermoni giganti o rappresentazioni bidimensionali della triste mietitrice (la cui animazione in caso di vittoria è bellissima tra le altre cose)
A Hole New World presenta, purtroppo, un comparto sonoro di qualità non eccelsa, le musiche durano troppo poco e non hanno il quid dei titoli a cui si ispira. Nessun pezzo è memorabile come una qualsiasi traccia della soundtrack di Shovel Knight o di un qualsiasi Castlevania per NES. Gli effetti sonori sono senza né infamia né lode, adempiono al loro compito senza però lasciare niente al giocatore.
A livello visivo invece il gioco risplende grazie alla pixel art ben realizzata e alla direzione artistica in grado di scorci niente male. Un intero livello ad esempio è ambientato in un edificio infestato da una creatura vivente. In un enorme stanzone, ad un certo punto, sarà necessario affrontare una grande quantità di nemici avendo sullo sfondo un enorme cuore bestiale che batte regalando un atmosfera di qualità.
Il protagonista, nonostante il suo pressoché totale anonimato a livello di trama, è visivamente ben caratterizzato e rimane perfettamente gradevole.
Il gioco possiede tra le opzioni due chicche interessanti: un filtro crt in grado di emulare in modo bellissimo come il gioco si sarebbe visto su di un televisore a tubo catodico ed una serie di opzioni per agevolare lo speedrunning del titolo, mostrando su schermo statistiche e tempistiche della run.
Purtroppo il gioco presenta picchi di difficoltà notevoli per colpa di un level design non sempre allo stato dell’arte. Ci sono nemici che non possono essere sconfitti in grado di mandarvi al manicomio senza troppi problemi se accostati a gravità rovesciata e spuntoni di ogni tipo e genere. Inoltre la bossfight citata all’inizio dell’articolo è veramente in grado di rappresentare uno stop per i giocatori meno smaliziati a causa di pattern poco riconoscibili ed hitbox a volte fallaci, cose che in un gioco del genere stonano enormemente.
Nessuna possibilità di semplificare la sfida poiché non esiste una difficoltà facile, non esiste un qualcosa in grado di alleggerire il carico di nemici o in grado di aumentare la quantità di energia a nostra disposizione.
O si migliora o si muore per farla breve.
A Hole New World se non lo si disinstalla in preda ad una furia omicida prima dura dalle quattro alle sei ore senza prendere tutti i collezionabili, chiudendosi esattamente dove voleva e regalando non poche soddisfazioni nel suo svolgersi. È in ogni caso possibile continuare il gioco con il new game plus, la modalità ad ondate o la boss rush nel tentativo di ottenere i finali alternativi.
Di A Hole New World ricorderò per sempre una delle bossfight più snervanti e tritacuore che io abbia mai fatto in tutta la mia vita, ricorderò per sempre gli oltre sessanta “continue” buttati nel corso d’un paio d’ore di gioco dosate in due diversi giorni della settimana nel tentativo di buttare giù un maledetto cavaliere nero che mi ha fatto ricredere ed analizzare cinquantamila volte il concetto di hitbox e di pazienza.
Di questo gioco continuerò però a ripensare a quella bossfight, al suo cavaliere con delle hitbox perfette ed altre grossolane; alla musica di sottofondo che purtroppo si lasciava ignorare con troppa semplicità, specie per la situazione perennemente al cardiopalma; ripenserò al meraviglioso sistema di controllo, letteralmente perfetto, traviato da un knockback infame che poteva tranquillamente rimanere ancora agli anni 90′.
Una mistura sapiente di elementi vecchi e nuovi, conditi con strizzatine al mondo dei nostalgici e dei runners; A Hole New World rappresenta un prodotto di sicura qualità, a dimostrazione di come il detto “squadra che vince non si cambia” abbia un sicuro fondo di verità.
This post was published on 17 Settembre 2017 15:00
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