Green Man Gaming è noto in particolare come rivenditore online di key di videogiochi per PC, ma in realtà hanno anche sviluppato una piccola quantità di titoli originali, a tutti gli effetti indipendenti. È il caso dell’appena rilasciato Aporia: Beyond the Valley, ibrido tra walking simulator e puzzle game in prima persona sviluppato da un team di appena dieci persone – nonostante dalla veste grafica possa sembrare un titolo tripla A (grazie all’utilizzo del motore CryEngine, lo stesso di Far Cry per intenderci).
Gli altri elementi del gioco saranno all’altezza degli splendidi paesaggi con cui deliziare i nostri occhi? Come vedremo, nì.
Tutto viene raccontato per immagini e va interpretato
In Aporia non ci sono dialoghi, né testo scritto: il protagonista si risveglia, senza sapere chi sia e senza memoria del passato, circondato da un anello di sarcofagi. Fin dall’inizio, fanno la loro comparsa i due modi con cui la storia della civiltà perduta, che un tempo prosperava nella valle, viene raccontata al giocatore: tramite immagini statiche, in arazzi, dipinti, colonne e altro; e tramite immagini in movimento di quelli che si potrebbero chiamare, con qualche licenza, diorami.
Le immagini statiche sono disseminate per tutta la valle e raffigurano vari spaccati della vita delle persone di questa civiltà. I “diorami”, al contrario, si incontrano raramente e vengono innescati dall’azione del giocatore, e rappresentano una sequenza di scene, in movimento, che man mano vanno a delineare la storia della caduta di questa civiltà, gli Ez’rat Qin. Sono dichiaratamente ispirati all’Arazzo di Bayeux.
L’estetica di tale popolo immaginario attinge a piene mani da un gran numero di civiltà che sono andate incontro al peggior destino: fortissime le influenze egizie, ma anche delle popolazioni native sud-americane, e c’è anche l’influenza di Stonehenge. Nonostante non vi siano riferimenti espliciti, ho avuto la forte sensazione, per qualche motivo colma di nostalgia, che la storia in qualche modo stesse anche raccontando l’archetipica vicenda della Torre di Babele.
Forse darà la stessa impressione anche a voi, oppure no: la storia è dichiaratamente non-lineare, e gli sviluppatori raccontano di aver svolto un piccolo “esperimento”: hanno chiesto ad alcuni tester del gioco se avessero compreso la storia al suo termine, e la maggior parte ha risposto di sì. Ma le risposte successive, quando dovevano raccontare questa storia, divergevano tutte anche notevolmente le une dalle altre. Si tratta di un gioco ermetico, in cui lasciarsi trascinare in un viaggio a tratti onirico alla scoperta di una storia riccamente simbolica, che è solo una delle possibili innumerevoli storie di Aporia.
Enigmi non del tutto soddisfacenti… ma Aporia appagherà il gusto dell’esplorazione e la scoperta
Per quanto riguarda il gameplay, fin dall’inizio del gioco raccoglieremo e porteremo sempre con noi una specie di torcia, un oggetto tecnologico dal sapore fantascientifico e magico al tempo stesso (il confine è labile), che è peraltro un elemento centrale nella storia che viene mostrata. Con questa luce attiveremo piccoli “pali” che aprono porte, faremo crescere la vegetazione per vari scopi, e utilizzeremo dei simboli da sbloccare man mano e da “imprimere” qui e lì per progredire nel gioco.
La luce non è infinita, e dovremo raccogliere delle pozioni luminose dorate per ricaricare la nostra “magitorcia” e sfruttarne ancora le capacità. Nella maggior parte delle fasi del gioco avremo luce in abbondanza, e quelle poche volte che saremo a secco sarà comunque semplice, dopo aver esplorato un po’ i dintorni, reperire la quantità necessaria. La ricerca insomma non è mai frustrante, ma non è neppure interessante.
All’inizio vi sarà un lungo tutorial molto sui binari (di 45-90 minuti) per introdurre alle semplici meccaniche del gioco, che ruotano tutte intorno all’utilizzo di questa luce per manipolare l’ambiente circostante, oppure all’elementare manipolazione di elementi dell’ambiente (leve, meccanismi vari).
Segue la fase centrale di vera e propria esplorazione libera della valle, in cui si potrà procedere più o meno nell’ordine che si preferisce, imbattendosi nei vari enigmi di cui è disseminata, che se risolti ci daranno tipicamente “pezzi” necessari per la prosecuzione del gioco, oppure opzionali, come quelli per riempire il mosaico e scoprire cosa si trova dall’altra parte.
Una mappa mostra tutta la valle e la collocazione degli enigmi, ma essendo priva di una funzione “voi siete qui” può risultare poco intuitiva da utilizzare. La valle comunque non è molto grande, e non ci vorrà molto prima di sapersi destreggiare discretamente tra i suoi meandri.
Purtroppo la gran maggioranza degli enigmi, e sostanzialmente tutti quelli obbligatori, è di una semplicità disarmante: in molti non occorre neppure ingegnarsi, perché si tratta solo di eseguire ciò che è ovvio (come un caso in cui un disegno mostra esattamente come bisogna orientare determinati oggetti, azzerando la difficoltà). Anche quando occorre pensare, spesso e volentieri è più rapido andare di forza bruta, risolvendo l’enigma a tentativi.
Bisogna attendere la parte finale del gioco, quando si va effettivamente “oltre la valle“, per imbattersi in puzzle in cui occorre usare un po’ di materia grigia. Non sono comunque mai ostici, e soprattutto sono pochissimi (difficile stabilire nettamente i confini tra un enigma e l’altro, ma non ne conterei più di tre). Inoltre, non sono tematicamente legati a nulla che sia stato affrontato in precedenza, e si fa fatica a trovare un filo conduttore.
Se vi aspettavate un puzzle game impegnativo, che metterà alla prova il vostro ingegno (come potrebbe essere un The Witness o un Myst, titoli che Aporia ricorda molto), purtroppo questo gioco non farà per voi. Gli sviluppatori hanno puntato maggiormente sul gusto dell’esplorazione e dell’immersione in questo ambiente che effettivamente è suggestivo, in cui trovare tutti gli oggetti obbligatori e opzionali, e lasciarsi incantare e riflettere sulla storia che viene mostrata dai diorama e gli arazzi. Per questo, se ciò che cercate è un walking simulator, Aporia si rivela invece un titolo affascinante e apprezzabile.
Comparto tecnico di tutto rispetto ma non esente da problemi
Sia la grafica che il comparto sonoro sono ineccepibili in questo: come si diceva, l’esplorazione è una gioia per gli occhi; il sonoro, invece, accompagna delicatamente ora con effetti adeguati alla sensazione da dare, ora con melodie lente e di contorno, che non faranno mai avvertire la propria presenza ma che accompagneranno il giocatore ad immergersi nella valle.
Ci sono alcune note dolenti dal punto di vista tecnico, quantomeno nella versione di prova e che si spera saranno risolte entro il rilascio: la peggiore è sicuramente la generosa quantità di crash avvenuti lungo tutta l’esperienza del gioco.
Le impostazioni grafiche inoltre si resettavano ad ogni avvio, vanificando le modifiche da noi apportate; modifiche, peraltro, estremamente risicate, dal momento che si può intervenire solo su tre parametri – risoluzione, sincronia verticale e poi un generico calderone “qualità grafica” che contiene tutto. Niente opzioni avanzate per operare selettivamente sulle texture, l’anti-aliasing o altro.
Alcune sbavature nelle animazioni, principalmente quella dell’acqua, e secondariamente quando ci si arrampica, o nelle scene dei diorama (che spesso “spoilerano” ciò che succederà pochi secondi dopo) si aggiungono a questo quadro un po’ deludente, ma che idealmente deve essere imputato al fatto che non si tratta della versione definitiva. Torneremo certamente in seguito a rettificare, se necessario.
Aporia: Beyond the Valley si presenta come una breve e suggestiva immersione nei misteri e le bellezze di una vallata e di un’antica civiltà caduta. Se non brilla per gli enigmi, va detto che invoglia a proseguire, esplorare ogni anfratto e scoprire cosa si cela dietro ogni porta. Deludente se approcciato come fosse un puzzle game, è invece un buon titolo considerato tra i walking simulator. Dura solo 5-7 ore ma si presenta con un prezzo di lancio accattivante.