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Recensioni

The Lion’s Song – Recensione

The Lion’s Song è il primissimo lavoro di Mi’pu’mi Games, un piccolo studio indipendente di Vienna che conta al proprio interno sviluppatori con più di 10 anni di esperienza in colossi come Ubisoft e Rockstar.

Il gioco è stato distribuito in forma di episodi, 4 in totale. Il primo, dal titolo “Silence“, è uscito a luglio 2016 (tra l’altro potete scaricarlo gratis da Steam), mentre il quarto episodio disponibile dal 13 luglio di quest’anno, “Closure“, chiude definitivamente la stagione.

Per l’occasione, vista anche l’ottima opportunità di giocare l’ultimo episodio in anteprima, ho deciso di recensirvi la stagione completa del gioco e far conoscere a qualche persona in più un titolo che, seppur meritevole, per tanti motivi è destinato a non ricevere attenzione dalle masse.

Fatte le dovute premesse, veniamo al sodo. The Lion’s Song è un’avventura grafica per PC dall’impostazione retrò, che tratta argomenti quali l’arte e la matematica; insomma non esattamente caratteristiche particolarmente attraenti per tutti, ma d’altronde il titolo sembra essere rivolto ad un pubblico più maturo, magari cresciuto nell’epoca d’oro dei punta-e-clicca.

Per quanto non possa essere paragonato ai capolavori della LucasArtsThe Lion’s Song si rivela un prodotto di qualità sorprendente. Ogni episodio riesce ad esporre ottimamente temi profondi e impegnati con una grandissima godibilità.

Il piccolo miracolo del gioco sta nel fatto di riuscire ad essere molto coinvolgente ed emozionante nonostante la sua impostazione così minimale, cosa in cui pochi riescono, come ad esempio l’acclamato To The Moon, anche se a differenza di quest’ultimo le capacità tecniche qui sono evidentemente superiori. La grafica in pixel art immersa in una nostalgica tonalità seppia e i dialoghi solo in forma testuale potrebbero creare più di un pregiudizio in chi si approccia al titolo per la prima volta, salvo poi ricredersi davanti alla sua grande potenza narrativa.

Le quattro storie raccontate sono tutte collocate nella Vienna dei primi anni del ‘900, e hanno per protagonisti dei personaggi fittizi, in grado di portare dei cambiamenti significativi nei loro campi d’appartenenza, come la musica, la pittura e la matematica. La chiavi di lettura onnipresenti sono la creatività, la ricerca dell’ispirazione, e il modo in cui le persone possono influenzarsi a vicenda, anche inconsapevolmente, portando così a grandi risultati che possono fare la storia. Anche se i quattro episodi sembrano essere a sé stanti, infatti, in realtà sono tutti collegati incredibilmente bene, sin dai primi minuti del primo, tant’è che nel menù troviamo anche una simpatica sezione che ci mostra i vari collegamenti trovati come se stessimo in una galleria d’arte.

Forse l’episodio più significativo, almeno secondo me, rimane il terzo, Derivation. Qui assistiamo alla dura lotta di Emma, un’intelligentissima matematica, per riuscire ad esporre le sue teorie innovative o anche solo farsi minimamente ascoltare da una società ancora bigotta, secondo la quale “la logica non è roba per donne”.

Simpatico inoltre l’inserimento di personaggi ed avvenimenti storici reali: in particolare nell’episodio 2, chiamato Anthology, avremo a che fare con Klimt e Freud.

Purtroppo come avrete intuito l’esperienza di gioco è racchiusa praticamente tutta nella narrazione, sebbene questa comunque funzioni divinamente. Il gameplay infatti ci terrà impegnato solo il tasto sinistro del mouse, che servirà a far avanzare i dialoghi e prendere decisioni. Queste costituiscono sicuramente una meccanica interessante (seppur non particolarmente innovativa), poiché diverse frasi e azioni che sceglieremo garantiranno svolgimenti differenti delle varie storie, riuscendo a volte anche a mettere un po’ di tensione, e assicurando ovviamente al titolo un buon livello di rigiocabilità. Alla fine di ogni episodio sono inoltre presenti schermate che ci mostrano le scelte intraprese dagli altri giocatori (un po’ come accade in Life is Strange), una chicca che di sicuro non dispiace.

Al di là di questo però rimane ben poco, perché il gioco non offre neanche particolari enigmi da risolvere, che sicuramente avrebbero arricchito l’esperienza, ma solo piccole azioni che non sforzano più di qualche neurone per essere compiute.

Sotto il profilo puramente tecnico non c’è granché da aggiungere, il gioco è molto semplice e funziona tutto alla grande, il sonoro è buono anche se in certi frangenti poteva essere gestito meglio, e forse l’aspetto più degno di nota sono le animazioni. Chiaramente un titolo del genere cerca di puntare più che altro ad un comparto artistico di qualità, e qui difatti non c’è di cui lamentarsi; la colonna sonora in particolare è davvero ben realizzata.

Il gioco è completamente localizzato in italiano, con una traduzione complessivamente ottima, che ogni tanto però non è esente da qualche errore.

The Lion’s Song è un’avventura grafica sorprendente, emozionante e densa di significati, difficile da dimenticare. Al di là di un gameplay quasi inesistente, riesce nell’intento principale di raccontare delle ottime storie interattive ed è in grado di far passare una manciata di ore in maniera rilassante e piacevole. Considerando anche il prezzo decisamente onesto a cui viene venduto il season pass, vale sicuramente la pena di supportare questi sviluppatori molto promettenti. 

Special thanks to ICO Media and Mi’pu’mi Games

PRO

  • Storie che lasciano il segno
  • Grafica retrò semplice ma efficace
  • Ottima colonna sonora
  • Discreto livello di rigiocabilità

CONTRO

  • Nessun tipo di sfida
  • Durata complessiva un po’ breve

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This post was published on 12 Luglio 2017 21:19

Simone Ranieri

Cresciuto tra floppy disk e cartucce, divoratore di titoli single-player di qualsiasi genere e amante delle perfette simbiosi tra narrativa e gameplay.

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