Dead By Daylight e la patch 1.5, ovvero come ti rovino l’esperienza di gioco
“La morte non è una via di fuga.” Recita la tagline su Steam.
Il ragequit invece sì.
Dead By Daylight, titolo horror basato sulla cooperativa online chiaramente ispirato ad un certo cinema di gran voga sul finire degli anni 70 e per tutti gli anni 80, esce il 14 Giugno dello scorso anni praticamente dal nulla. Viene sviluppato da Behaviour Interactive, team canadese noto principalmente per titoli tie in di film e serie tv e per aver sviluppato in esclusiva console WET, oltre a Fallout Shelter, entrambi per Bethesda. Distribuito da Starbreeze Studios, si proponeva di essere un nuovo approccio asimmetrico ai videogame con coop online, il tutto condito in salsa survival horror slasher con chiarissimi riferimenti ai capisaldi del genere.
E funziona, come formula. Il gioco di per sè è estremamente semplice: un killer, controllato da un giocatore che funge da host della partita, cerca di uccidere quattro ragazzi, i sopravvissuti, che devono cooperare per accendere cinque generatori e dar così corrente elettrica alla porta che serra la via d’uscita dall’incubo. I killer devono cercare i sopravvissuti e appenderli a dei ganci da cui poi escono come delle zampe di ragno che intrappolano il personaggio e, se nessuno viene a liberarlo, egli viene come inghiottito e di fatto ucciso, e la partita a quel punto per quel giocatore è finita. Un gameplay molto semplice e intuitivo, equilibrato se vogliamo, in quanto si tratta di scappare, nascondersi e cercare di riparare questi generatori se si interpretano i sopravvissuti, e stanare gli stessi per sacrificarli su questi altari ad una non meglio definita entità maligna se si impersona il killer.
Le aree in cui avvengono i match sono state ben curate, con caratteristiche particolari e atmosfere cupe, lugubri e inquietanti, e inoltre le mappe pur mantenendo determinate caratteristiche fisse cambiano ogni match, nel limite di determinati template precaricati nel gioco.
Per esempio cambia la posizione dei generatori, degli altari sacrificali, delle vie di fuga e dei punti dove nascondersi e dell’uscita, oltre che dell’elusiva botola, spesso ultima via di salvezza quando resta un solo giocatore a far fronte al killer, e i generatori non sono stati attivati tutti quanti.
Anche il comparto audio fa il suo dovere tenendo sempre alta la tensione. I brividi lungo la schiena quando si sente il killer avvicinarsi sono reali anche grazie al commento musicale che veste il gioco di un abito inquietante che calza a pennello.
In pratica, all’uscita Dead By Daylight aveva la formula in mano per diventare un riferimento nell’ambito survival horror in cooperativa, col progetto di arrivare anche su console.
Le partite variano di difficoltà non in base ad algoritmi preconfezionati che muovono una AI alla guida di NPC pronti a spararci addosso con precisione millimetrica se selezioniamo il livello di difficoltà difficile o con la stessa cura degli Stormtroopers imperiali se invece giochiamo facile, ma è dettata unicamente dall’abilità dei giocatori nella nostra lobby. Il gameplay molto equilibrato, basato su fasi stealth seguite da frenetici inseguimenti per non farsi ammazzare, è molto piacevole e vincere una partita da grande soddisfazione, su entrambi i fronti. Pur non essendo privo di problemi, Dead By Daylight offriva una solida base su cui lavorare per limare quei difetti che lo hanno reso da subito un’esperienza piacevole, per quanto non fluidissima.
Se in origine era difficile trovare match perché c’erano poche persone che erano disponibili a giocare come il killer, di fatto molto più difficile del giocare come sopravvissuto ma anche più soddisfacente, con lo scorrere degli aggiornamenti e dei DLC è diventato difficile trovare una lobby perché… eh, appunto, perché?
C’è stato un momento, poco dopo il periodo di Halloween dello scorso anno, che qualcosa ha iniziato ad andare storto. Si sono susseguiti diversi aggiornamenti consistenti e hotfix, tanto che aprendo Steam era più facile vedere il nome del gioco evidenziato in blu con tra parentesi scritto “aggiornamento in coda” che in bianco e pronto per essere giocato. E anche quando si era in pari con gli aggiornamenti, giocare era un disastro, una trafila che faceva venire voglia di mollare tutto, lasciare perdere e disinstallare il gioco. Trovare una lobby era una questione di anche decine di minuti passate ad aspettare e a cliccare sul comando per la ricerca dei match, le disconnessioni e i crash al desktop erano normale amministrazione e soprattutto c’era sempre lo spettro della lag che rovinava un numero indefinito di partite, e a quel punto il ragequit diventava quasi obbligatorio, date le circostanze.
Ma gli aggiornamenti facevano qualcosa per risolvere questi problemi?
O meglio, magari venivano corretti, ma introducendo feature e personaggi nuovi, con le loro aree peculiari come per il DLC a tema Halloween che introduce Michael Myers come killer e Laurie Strode come sopravvissuto, i bug si moltiplicavano. Venivano aggiunte nuove azioni da poter fare per rendere il gioco difficile al killer o ai sopravvissuti, dipende da che parte giochiamo, e con ogni feature nuova arrivavano nuovi bug.
Specialmente per quanto riguarda i quick time event, alla base del gameplay. Ogni azione che i sopravvissuti cercano di compiere, sia essa riparare uno dei generatori o sabotare uno degli altari sacrificali a disposizione del killer, richiede di superare un numero casuale di QTE la cui comparsa è annunciata da un suono. Se questo suono solitamente precedeva di un secondo abbondante la comparsa del comando del QTE su schermo, di questi tempi l’audio cue spesso e volentieri suona nello stesso momento in cui compare il comando, e lo stesso comando soffre di un ritardo abbastanza netto tra l’input dalla barra spaziatrice e l’effettiva ricezione del comando da parte del gioco, il che rende il gioco nettamente più difficile e meno piacevole da giocare.
Di recente è stata rilasciata una nuova patch. Sistema qualche bug? Stando al changelog sì, ma il ritardo nei quicktime event rimane. E, purtroppo, introduce certe feature anti-frustrazione che abbassano il livello di difficoltà per il killer, facendolo correre più velocemente durante gli inseguimenti, facendo spawnare i ganci degli altari che vengono sabotati dai sopravvissuti dopo pochi minuti e altri elementi che rendono di fatto certe azioni e certi loot inutili.
Sì, perchè no? Se vi piace, certamente, non è un gioco brutto, non lo è mai stato, ma resta l’amaro in bocca nel vedere come un gioco ben fatto e tutto sommato equilibrato sia stato modificato così tanto tanto da spezzare un equilibrio che raramente si raggiunge nei giochi multiplayer. Ma è anche vero che ormai siamo arrivati ad un momento della storia videoludica in cui si cerca di ampliare più possibile la propria fetta di mercato attirando anche chi non gioca abitualmente, e quale modo migliore di attirare magari un semplice appassionato di film horror se non quello di tagliare la difficoltà, penalizzando quel precario equilibrio che rendeva le partite difficili ma soddisfacenti?
Certo è che un gioco che alla schermata d’avvio ti chiede di premere Barra Spaziatrice per continuare e non carica il menù principale quando la premi, ti fa pensare che forse l’imminente uscita di Friday, 13th forse non è poi così una brutta cosa.
This post was published on 20 Maggio 2017 23:20
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