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Sapevate che la storia del PC Gaming è stata decisa da… uno stagista di nome Andrew?

Dal nuovo documentario di Valve, Half-Life 2: 20th Anniversary Documentary, viene fuori una storia incredibile: la società di Gabe Newell sarebbe stata salvata da una causa legale potenzialmente fatale, da uno stagista estivo.

Uno degli aspetti più affascinanti dell’industria videoludica e non solo, è la possibilità di scavare nella storia di ogni azienda che la compone, scoprirne i lati positivi e quelli negativi, la vita delle figure che la compongono e i tanti, innumerevoli aneddoti che ognuno di loro ha da raccontare. Ovviamente, più di va indietro col tempo e più i racconti lesinano in dettagli, per questo è meglio sfruttare ogni occasione per raccontare passaggi che altrimenti verrebbero dimenticati.

Per il rotto della cuffia

E ad avere una bella storia, una di quelle che lasciano a bocca aperta, sta volta è Valve. L’azienda, il cui volto pubblico è certamente Gabe Newell, famosa oltre che per la piattaforma Steam anche per la creazione di titoli dall’immenso valore, a quanto pare diversi anni fa, aveva rischiato di finire sul lastrico e sarebbe riuscita a salvarsi solo grazie al provvidenziale intervento di uno stagista estivo.

E se Steam non fosse mai esistito?

“La compagnia era molto vicina alla bancarotta. Ero personalmente vicino alla bancarotta”

Queste le parole con cui Gabe Newell, nel documentario Half-Life 2: 20th Anniversary Documentary descrive la situazione che Valve stava attraversando tra il 2002 e il 2004. Tutto iniziò quando Valve e Sierra (il publisher originale di Half Life) vennero acquisiti dall’azienda francese Vivendi che, contravvenendo a quanto sancito inizialmente nell’accordo, iniziò a distribuire Counter Strike in Sud Corea, nel circuito degli internet cafe.

Ad alzare per primo la testa fu Scott Lynch, Chief Operating Officer di Valve, che vide nel fatto però un semplice disguido da chiarire. Mai si sarebbe potuto aspettare che Vivendi, di lì in avanti, avrebbe cercato ogni mezzo per mandare sul lastrico Valve, nel tentativo di acquisire tutte le IP. Dal momento che Vivendi pareva non voler riconoscere di aver esacerbato gli accordi iniziali, Valve decise di andare a processo, per mettere le cose in chiaro. Fu a quel punto però, che Vivendi scatenò l’artiglieria.

Ovviamente, Valve non era ancora la grande società che conosciamo oggi e, nonostante avesse una sua solida base economica e creativa, sarebbe stato molto complicato competere con la potenza di fuoco di Vivendi che, per citare le parole di Lynch “decise di farne una Terza Guerra Mondiale”. Secondo  Karl Quackenbush di Valve, le richieste di Vivendi si sarebbe ingigantite, arrivando a chiedere la scissione dell’accordo stipulato nel 2001, impedire la nascita di Steam e acquisire l’IP di Half-Life.

Uno stagista però, risolse tutto.
Questa infatti, non è solo la storia di come Valve abbia sfiorato la bancarotta, ma anche di quello stagista estivo che lo permise e di cui oggi ci resta solo un generico nome: “Andrew”.

La strategia di Vivendi era stata quella di cercare di coprire le tracce dell’accordo con i sud coreani, mettendo in mezzo carte su carte, tutte scritte in coreano, nel tentativo che l’immensa mole di materiale e la barriera linguistica giocassero un ruolo chiave. A questo punto, entra in campo Andrew, stagista nativo coreano che, senza alcun problema di tipo linguistico, riuscì a trovare nel marasma di scartoffie, una mail in cui un direttore coreano di Vivendi chiedeva la distruzione di documenti legati al caso Valve.

In questo modo Valve riuscì non solo a ottenere un accordo vantaggioso, mantenendo la proprietà di tutte le sue IP, ma riuscì a continuare a lavorare allo sviluppo di Steam e di tutto ciò per cui è così amata.
A nome di tutta la community, grazie Andrew, ovunque tu sia.

This post was published on 21 Novembre 2024 12:00

Pietro Falzone

Redattore Appassionato di videogiochi sin dal sempre più lontano 2002, quando per festeggiare i 5 anni ricevette una copia di Crash Bandicoot per la prima PlayStation. Il richiamo dell'avventura digitale lo fece innamorare di un mondo fatto di pixel, più o meno definiti. E l'amore non si è mai fermato. Inizia così a tastare tutti gli aspetti del mondo videoludico. Tra le sue più grandi passioni, si piazzano in ordine gli MMORPG (con sempre meno per giocarli, purtroppo), gli sparatutto in prima persona e, doprattutto, giochi di ruolo single player. Così si spiegano le più di mille ore, spalmate sui vari titoli From Software, da Demon's Souls in poi. Dalla fine delle medie, scopre una nuova passione: la scrittura. E come se non bastasse, scopre che nel mondo c'è chi scrive riguardo ai videogiochi, come se fosse un lavoro vero. Cosa fare di due passioni del genere dunque? Inizia così la ricerca disperata del giusto vascello, che riuscisse a convogliare voglia di fare, idee e tempo. Dopo un periodo passato a peregrinare, tra siti e sitarelli, approda su Player.it dove trova una casa in cui convogliare idee e spunti, al fianco di un team solido e costruttivo.

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