Fanno discutere le linee guida dettate dal team commerciale di Black Myth: Wukong per portare il gioco in streaming: è vietato fare “propaganda femminista” e parlare di Covid.
Quando un nuovo gioco tanto atteso arriva finalmente sul mercato, chi non ha avuto la possibilità di provarlo in anteprima, attende che la stampa di settore o i vari influencer, riportino quelle che sono le loro impressioni, così da essere guidati in modo consapevole all’acquisto. Ognuno ha sicuramente le penne o le voci di cui si fida maggiormente, quelle da andare a leggere o ascoltare all’uscita di un titolo, quelle che si tende a preferire. Al di là delle preferenze personali, ci sono dei criteri che qualunque recensore o influencer dovrà rispettare.
Capita molto spesso infatti che, nel richiedere un titolo da recensire, oltre a ricevere semplicemente il codice per scaricarlo, si ricevano anche delle istruzioni, veri e propri accordi tra azienda e recensore affinché, nonostante il recensore resti libero di dire la sua opinione quanto più liberamente possibile, lo faccia all’interno di alcuni paletti che l’azienda impone, in modo che argomenti trasversali non inquinino il dialogo attorno al videogioco. C’è chi è sicuramente più cauto nella redazione di questi accordi e chi invece, per una parola di troppo rischia di compromettere il flusso di quel titolo sul mercato.
Questa volta a finire nel mirino è l’opera prima di Game Science, Black Myth: Wukong.
Strane scelte
Black Myth: Wukong, l’opera prima di Game Science ispirata alla mitologia cinese, utilizzando come base il romanzo “Viaggio in Occidente”, è arrivato sul mercato da pochi giorni e i numeri stanno confermando il forte interesse del pubblico per questo prodotto, arrivato apparentemente dal nulla eppure di così buona fattura. Nonostante tutto, le community internettiane che discutono del titolo, sono sul piede di guerra.
Tutto è iniziato quando è stato diffuso il contenuto di una mail che il team commerciale di Hero Games (società di Pechino, tra i maggiori investitori di Game Science), che si occupa delle pubbliche relazioni con stampa e influencer, ha inviato a questi ultimi e che, secondo quanto riferito, conteneva un codice per l’attivazione del gioco su Steam e un documento di Google, con delle linee guida da seguire nel caso in cui si volesse parlare del gioco. Alcune di queste, hanno acceso i riflettori su una situazione ben poco felice.
Mentre tra le “cose da fare” vi era una singola indicazione, ovvero quella di godersi il gioco, le “cose da non fare” contenevano ben cinque indicazioni molto particolari che vi riportiamo integralmente:
- NON insultare altri influencer o giocatori;
- NON usare linguaggio o umorismo offensivo;
- NON includere politica, violenza, nudità, propaganda femminista, feticizzazione e altri contenuti che istigano discorsi negativi;
- NON utilizzare termini trigger come ‘quarantena’ o ‘isolamento’ o ‘COVID19’;
- NON discutere contenuto relativo all’industria del gaming cinese, le sue politiche, notizie ecc.
Come si può notare, sono diversi i punti che hanno scatenato forti preoccupazioni contro Game Science, come il mettere sullo stesso piano la “propaganda femminista” con la “violenza”, indicandoli come argomenti che porterebbero a discorsi negativi o evitare di parlare della passata epidemia da COVID19, includendo tra i termini da non usare anche due parole come ‘quarantena’ e ‘isolamento’ che potrebbero tranquillamente essere utilizzate anche nel parlare comune, in svariati ambiti.
La ciliegina sulla torta è data dal divieto di affrontare in qualunque modo, ciò che riguarda l’industria del gaming in Cina, non permettendo, nel caso lo si volesse, di tracciare una ricostruzione più accurata della condizione degli sviluppatori. Sono state diverse le polemiche nate in seguito di questa mail, che ha avuto l’effetto contrario rispetto a quanto sperato: accendere i riflettori sulla condizione dello sviluppo di videogiochi in Cina, guardando il quadro in una prospettiva più ampia che coinvolge anche argomenti politici e sociali ritenuti scomodi come femminismo e COVID.