Bello leggere manga ma quando si arriva al finale, sono guai. Ecco alcuni dei finali di manga shonen che hanno fatto più discutere i fan.
Da diversi anni ormai, la passione per il fumetto nipponico in Italia è cresciuta considerevolmente, portando le case editrici a pubblicare sempre più manga. E man mano che i lettori scoprono opere che arrivano da diversi periodi, si inizia a sviluppare uno spirito critico che permette di analizzare una storia, cogliendone i lati positivi e negativi. E se c’è un argomento che da sempre fa discutere, questo non può che essere quello relativo ai finali.
Scrivere il finale di una storia è forse la cosa più complicata. Quando si parla di manga poi, bisogna sempre considerare che la pubblicazione delle varie storie è legata a meccanismi editoriali che, spesso, rendono molto complicato pianificare una storia nel modo in cui lo si vorrebbe, imponendo delle tempistiche da rispettare, che non sempre si rivelano congeniali per una chiusura ottimale dell’opera. Altre volte invece, si può arrivare a un finale che non è brutto ma che delude comunque le aspettative, magari dopo aver vissuto di hype per anni, per giungere a una conclusione semplicemente… normale.
In questo articolo dunque, vediamo alcuni dei finali dei manga di target shonen, che più hanno fatto discutere dopo la loro uscita. Non si parla necessariamente di brutti finali ma più che altro, di quelli che, per un motivo o per l’altro, hanno lasciato con l’amaro in bocca.
Iniziamo la nostra rassegna dell’insoddisfazione da un manga che ha rappresentato, per tanti anni, un punto fermo per ogni amante delle tecniche ninja, uno dei cosiddetti Big Three di Shonen Jump: Naruto (puoi recuperarlo qui). L’opera di Masashi Kishimoto ha fatto innamorare i fan con le sue vicende, tra battaglie mozzafiato e alcuni dei villain più interessanti del panorama manga moderno. Il finale però, o meglio tutto l’arco della Quarta Guerra Ninja ha fatto storcere più di un naso, tra squintalate di plot armor e chiusure affrettate di diverse sottotrame.
E parlando di Big Three, come non citare il finale di Bleach (vedi tutti e 36 i volumi ad un prezzo unico). L’opera di Tite Kubo, in grado di unire combattimenti con le spade a demoni del folklore giapponese, con personaggi scritti magnificamente e disegnati anche meglio, ha rappresentato una vera delusione per i fan che, dopo averla seguita per ben 698 capitoli, hanno dovuto sopportare un finale affrettato da esigenze editoriali e da non meglio precisati problemi di salute dell’autore.
Se sulle due opere finora citate, i fan concordano senza troppi problemi, la situazione si fa diversa quando si parla di Shingeki no Kyojin, l’opera di Hajime Isayama nota in Italia come L’Attacco dei Giganti (guarda l’enorme Colossal Edition). L’attenzione mediatica dietro l’opera era altissima e le aspettative maturate davvero irraggiungibili. Forse proprio per questi motivi, quando l’opera si è conclusa al capitolo 139, in tanti hanno percepito un senso di incompiutezza e semplificazione, che mal rispecchiava la complessità narrativa del racconto fino a quel momento.
Hiroyuki Takei è un grande mangaka, che nella sua carriera è riuscito a spiccare fin troppo poco e quando ci è riuscito, comunque non ha messo tutti d’accordo. Il finale della sua opera magna, Shaman King (qui la Final Edition), continua tutt’oggi a far discutere. Prima i problemi editoriali, che lo portano a integrare delle pagine al finale anni dopo la prima pubblicazione; poi la risoluzione degli eventi che, secondo molti, si è rivelata estremamente anticlimatica. Si sappia che chi scrive, apprezza fortemente la risoluzione di Shaman King, per le tematiche spirituali messe in mezzo, ma è notorio come ci sia grande scontento attorno a quest’opera.
Se c’è un’opera che non solo ha deluso ma ha davvero fatto infuriare i fan per il tracollo disastroso della parte finale, questa è sicuramente The Promised Neverland. L’opera del duo Kaiu Shirai e Posuka Demizu era iniziata con le migliori intenzioni, con una premessa narrativa forte e uno stile di disegno accattivante. Nessuno si sarebbe mai aspettato il passaggio da un manga pieno di tematiche significative unite a un certo grado di violenza a una storia totalmente priva di mordente, in cui il finale andava a rispecchiare una pigrizia di fondo nello sviluppo dei personaggi.
Concludiamo la nostra rassegna con un manga che si è concluso di recente, che ha rappresentato un po’ l’erede spirituale di Naruto, sia nelle tematiche che nel tratto e che ha lasciato tutti con un forte amaro in bocca: My Hero Academia di Kōhei Horikoshi. L’idea di base, dare un taglio giapponese al mondo dei supereroi di stampo americano, è stata sicuramente efficace e apprezzata negli anni. Il finale però, secondo molti fan, ha rappresentato uno stravolgimento degli intenti iniziali del protagonista, nonostante probabilmente, si trattasse del messaggio che sin dall’inizio, l’autore ha cercato di lanciare.
E ora parliamo del finale di HunterXHunter. Dunque…
This post was published on 12 Agosto 2024 23:00
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