Non sembra decisamente una buona idea…
Mike Ybarra è stato presidente di Blizzard dal 2021 al 2023, lasciando la sua carica poco dopo l’acquisizione di quest’ultima da parte di Microsoft, avvenuta lo scorso anno assieme ad Activision e King per la cifra complessiva di quasi 70 miliardi di dollari. Prima di allora aveva ricoperto il ruolo di Executive VP sempre in Blizzard, e prima ancora aveva lavorato in Microsoft per ben 19 anni, occupandosi di ruoli manageriali in ambito Xbox e Game Pass. Insomma un uomo di grande esperienza da cui ci si aspetterebbero parole di saggezza e magari analisi acute e proposte stimolanti circa il futuro dell’industria del gaming.
Niente di tutto questo: sul proprio account X ha scritto di aver pensato a un’idea per aumentare i compensi degli sviluppatori, ovvero offrire a i giocatori l’opportunità di elargire mance ai developer direttamente in-game. Un’idea che non mi pare geniale: anzi, mi pare l’esatto contrario.
Ybarra ha pubblicato su X il post sovrastante, nel quale dice di aver riflettuto molto negli ultimi tempi circa un modo per consentire ai giocatori di offrire un riconoscimento economico extra agli sviluppatori per “ringraziarli” al termine di un’esperienza di gioco particolarmente significativa. Se è vero che 70 dollari – il prezzo pieno di un videogioco AAA negli USA – sono un esborso non indifferente, alcuni giochi sono in grado di offrire esperienze artistiche significative ai giocatori, oltre ad assicurare loro divertimento e svago per molte decine di ore, specialmente considerando le grandi produzioni a mondo aperto o gli immensi giochi di ruolo che possono impegnare l’utente in campagne che superano agilmente le 100 ore. A fronte di tutto ciò non sarebbe male – ragione Ybarra – dare al giocatore la possibilità di offrire un compenso extra a mo’ di mancia agli sviluppatori, nell’ordine di 10 o 20 dollari, per ringraziarli dell’esperienza provata.
Alla fine di un gioco, mi è capitato spesso di pensare “vorrei dare a questi ragazzi altri 10 o 20 dollari perché quest’esperienza è valsa più dei 70 dollari che ho speso inizialmente, e perché non hanno cercato di estorcermi qualche centesimo ogni secondo [il riferimento è ovviamente ai modelli di business basati su micro-transazioni, ndr]
Una tale esternazione porta con sé uno strascico di errori logici e difficoltà di implementazione che viene da chiedersi se Ybarra ci sia o ci faccia.
Il presupposto di Ybarra è che tale soluzione debba applicarsi solamente ai videogiochi venduti a prezzo pieno, insomma alle grandi produzioni AAA che già beneficiano di decine (quando non centinaia) di milioni di dollari di budget: si tratta in assoluto della tipologia di produzioni che MENO avrebbe bisogno di ricevere soldi extra per gli sviluppatori. Il discorso potrebbe forse avere più senso se riferito al panorama dei giochi indipendenti, spesso frutto della volontà e passione di nuclei di lavoro minuscoli, magari anche singoli creativi che si arrabattano con altri lavori di giorno e programmano di notte, o comunque piccole realtà emergenti che hanno bisogno di tutto il sostegno possibile per pareggiare entrate e uscite. Se c’è qualcuno a cui elargire mance, dovrebbero essere questi, non certo i dipendenti meglio pagati del settore (senza nulla togliere al loro, di impegno).
Ma ci sono implicazioni inquietanti nella proposta di Ybarra: come e soprattutto da chi dovrebbe essere gestita questa donazione in-game? Di certo questi soldi non andrebbero direttamente nei conti correnti degli sviluppatori. Tutto il denaro convoglierebbe insomma nelle casse della major di turno, che dovrebbe poi ripartirlo in modo equo tra gli sviluppatori. E come avverrebbe tale ripartizione? Quali posizione sarebbero interessate da queste mance? La bassa manovalanza, fino all’ultimo stagista e contractor esterno, sarebbe inclusa? Non si correrebbe piuttosto il rischio che tali extra finiscano tutte nelle tasche della dirigenza? C’è poi il rischio che, con la scusa del sistema delle mance, le aziende blocchino gli aumenti di stipendio basati su scatti di anzianità o anche semplici adeguamenti all’inflazione.
Insomma, presupponendo la buona fede della proposta di Ybarra, essa appare più problematica che vantaggiosa; ed è pur vero che a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca…
This post was published on 15 Aprile 2024 19:00
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