L’endorsement dello studio belga alle AI arriva a stretto giro della critica di CD Projekt Red.
Ormai si sente parlare di intelligenza artificiale con la stessa disinvoltura con cui si ordina il caffè al bar. L’AI è diventata uno degli argomenti dominanti non solo dei consessi scientifici e degli showcase tecnologici, ma anche dei talk show televisivi e delle chiacchiere quotidiane con amici e parenti. Sarà anche merito dell’estrema pervasività delle tecnologie informatiche, sempre più onnipresenti nella vita di tutti i giorni, se l’argomento è in breve divenuto così caldo da sentirne parlare nei più svariati contesti. Le infinite implicazioni economiche, politiche, culturali e sociali e la stessa ricchezza di significativi e declinazioni possibili in cui questo termine ombrello può essere sviluppato lascia presagire che il dibattito attorno a esso non farà che aumentare sempre più negli anni a venire.
L’industria videoludica non è esentata dal chiacchiericcio nei confronti della nuova frontiera tecnologica. Già da qualche anno le major hanno non solo iniziato a interessarsi sempre più all’argomento, ma anche a investirci soldi, com’è evidente anche dai numeri relativi agli investimenti del 2023 di cui vi ho parlato in questo #GameFactory. Su tale argomento le posizioni sono differenti, anche in seno agli sviluppatori, tra chi vede di buon occhio l’implementazione delle AI nella pipeline di sviluppo e chi guarda con sospetto a un mezzo che può avere ricadute imprevedibili sui posti di lavoro del settore, già duramente provato da licenziamenti di massa occorsi a partire dall’anno appena trascorso.
Nei giorni scorsi Sven Wincke, CEO di Larian Studios, ha preso posizione sull’argomento spendendo parole di approvazione circa l’introduzione dell’utilizzo di algoritmi di intelligenza artificiale in alcuni ambiti specifici dello sviluppo videoludico. Un endorsement importante tanto più che proviene da un team in stato di grazia dopo il successo stratosferico di Baldur’s Gate 3.
Poche settimane fa, alla GDC, Ubisoft ha presentato 3 demo tecniche relative all’implementazione di algoritmi di AI per la creazione di NPC adattivi all’interno dei videogiochi. Si trattava di personaggi in grado di interfacciarsi con l’utente tramite input vocali: gli NPC erano in grado di reagire in modo coerente alle richieste e affermazioni dei giocatori, rimanendo sempre in character e dunque comportandosi in funzione del proprio ruolo, della propria backstory e dei propri obiettivi. Le dimostrazioni sembrerebbero anticipare un futuro in cui il nostro modo di interagire con i personaggi non giocanti di un videogioco potrebbe cambiare per sempre: non più ridotti a meri quest givers o pupazzi senz’anima ancorati a basilari routine comportamentali, essi potrebbero divenire personaggi a tutto tondo e arricchire enormemente l’esperienza utente, contribuendo alla creazione di un universo videoludico coerente.
Ubisoft non è certo la sola azienda a stare scommettendo sull’intelligenza artificiale applicata ai videogiochi: tempo fa vi parlai dei progetti Hidden Door (di cui vedete il trailer qui sopra), un RPG generativo in cui il master è un’Ai che inventa la storia in base alle azioni dei giocatori, TrackerX, un tool AI-based che ricostruisce modelli poligonali animati di scansioni 3D facendo risparmiare un sacco di tempo ad animatori e artisti, e BehaviourX, un algoritmo che permette agli NPC di “studiare” i comportamenti adottati dal giocatore tramite le sue azioni in game e reagire di conseguenza. Se a ciò aggiungiamo esperimenti pionieristici come Genie, il primo algoritmo Image-To-Game sviluppato da Google, in grado di realizzare interi videogiochi a partire dall’analisi di un’immagine di riferimento corroborata da poche righe di prompt, capiamo bene come non risultino troppo peregrine le recenti affermazioni del CEO di Nvidia Jensen Huang, secondo cui nel giro di un decennio potremmo trovarci nella condizione di poter giocare interi videogiochi generati interamente tramite algoritmi.
Da questo punto di vista il fronte degli sviluppatori sembra spaccato in due: di recente il quest designer di Cyberpunk 2077 Pawel Sasko ha speso parole ben poco lusinghiere nei confronti delle AI, giudicandole ancora talmente immature da essere completamente incapaci di sostituire efficacemente autori e sviluppatori nei processi di scrittura e design dei videogiochi, anche per compiti minori come la creazione di NPC. Non è però dello stesso avviso Swen Vincke, CEO di Larian Studios che ha espresso un parere diametralmente opposto.
Intervistato da Eurogamer, Vincke ha dimostrato grande equilibrio nel giudizio dei tool di intelligenza artificiale applicati ai videogiochi. Senza esaltarli come un miracolo e al tempo stesso ben lungi dal demonizzarli, li ha descritti pragmaticamente come strumenti a disposizione dello sviluppatore che, se usati con cognizione di causa, offrono molteplici opportunità.
Ovviamente non intendiamo [l’implementazione delle AI] come un modo per sostituire gli sviluppatori. Li vediamo invece come strumenti che possono permetterci di fare un sacco di cose. Perciò ci sono delle cose… ho parlato della quantità di annotazioni che dobbiamo gestire a proposito delle cinematiche? Ecco, avevamo uno strumento apposito per gestire gli NPC dotati di una sola linea di dialogo. Non c’è chissà quale appagamento creativo nel piazzare la camera virtuale verso un NPC che deve dire solamente un paio di cose – e sono molto felice se un tool di AI può gestire questo elemento. Ovviamente non lo faremmo per gestire scene più complicate, perché quelli sono casi in cui deve essere messo in risalto l’aspetto artistico.
– Swen Vincke citato da Chris Tapsell in The big Larian interview: Swen Vincke on industry woes, optimism, and life after Baldur’s Gate 3 – 28 marzo 2204
Da queste parole si può apprezzare la lucidità di un CEO che intuisce le potenzialità di un nuovo tool tecnologico e non ha intenzione di liquidarlo né tanto meno di demonizzarlo come strumento inutile o dannoso; e tuttavia ne riconosce i limiti e ne circoscrive l’utilizzo a specifici ambiti di applicazione. Si tratta insomma di una posizione estremamente equilibrata che si fa sempre più fatica a scorgere nel mare magnum di dichiarazioni altisonanti che osannano l’AI come la seconda venuta del Messia, o viceversa la condannano come il peggiore dei crimini contro l’umanità. C’è sicuramente bisogno di riflessioni e dibattiti sereni sull’argomento, e sull’utilizzo di questi strumenti che sia accorto e giudizioso. Lo stesso Vincke riconosce che il lavoro da fare sia ancora lungo e che i margini di miglioramento di questi tool sia notevole:
Vedo dei possibili ambiti di applicazione – ma non ci siamo ancora arrivati – nell’aumentare la reattività e i dialoghi tra i personaggi. (…) Per esempio, mettiamo che ci sia una guardia che parla a proposito della presenza di un assassino a piedi libero che si aggira in città. Non starebbe a noi [cioè al lavoro degli autori, ndr] prevedere ogni possibile vittima da noi uccisa per poter elaborare frasi ad hoc pronunciate dalla guardia, ma potremmo far sì che ne stia parlando comunque, giusto? E se si trattasse di omicidi multipli, potrebbe esserci una reazione del tipo “Oh mio Dio!”, poiché si tratta effettivamente di un serial killer. (…) Potrei immaginare, alla stessa stregua, di realizzare un gioco sci-fi con un mondo popolato di robots e far sì che essi si esprimano con un linguaggio “da robot”. Questo sarebbe molto senso.
– Ibidem
Insomma pur riconoscendo il primato degli autori – e non potrebbe essere altrimenti dato il lavoro sopraffino di scrittura che Larian ha realizzato in Baldur’s Gate 3 – Vincke ha un’opinione decisamente positiva delle AI nei videogiochi. Speriamo che il tempo gli dia ragione!
This post was published on 3 Aprile 2024 16:30
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