È inutile anche dirlo, ormai il conflitto tra Israele e Hamas ha coinvolto migliaia di civili innocenti. In tutto il caos che ha seguito gli eventi, spesso è difficile informarsi a dovere, evitando di cadere in inutili dicotomie o fazionalismi di sorta. Certo non aiuta però che in alcuni casi ci si mettano di mezzo anche gli algoritmi di moderazione. Ecco come alcuni sui social hanno aggirato le barriere.
Spesso l’informazione che passa sui social è oculatamente filtrata, non solo magari da algoritmi automatici, programmati per nascondere o eliminare contenuto tramite parole chiave, ma anche tramite l’azione di moderatori in carne ed ossa, il cui lavoro sarebbe quello di verificare segnalazioni e correggere gli inevitabili errori degli algoritmi.
Alcuni invece denunciano che sulle piattaforme social stia avvenendo una vera e propria censura. La maggior parte delle recriminazioni sembrano coinvolgere le piattaforme Meta: diversi account sembra siano stati “shadowbannati” dall’inizio del conflitto per aver menzionato la Palestina; l’account @Eye.on.Palestine, il maggiore account di reportage sulla situazione a Gaza, è stato bloccato “per ragioni di sicurezza”. Caso eclatante quello di un utente di Instagram che si è visto tradurre la bio dell’account da un innocente menzione alla Palestina a “Lode ad Allah, i terroristi palestinesi combattono per la libertà”.
Meta ci ha tenuto sempre a sottolineare come questi fenomeni fossero dovuti ad errori nel sistema, o a bug degli algoritmi, ma in molti dubitano della genuinità di queste affermazioni. Per evitare di vedersi zittiti da un algoritmo, che sia intenzionalmente o meno, diversi utenti hanno però adottato una nuova strategia.
Sono comparse infatti, in diversi post e bio di account delle emoji che inizialmente hanno confuso i più: delle angurie. Queste vengono piazzate appunto per dimostrare il proprio supporto alla causa palestinese, nsenza attrarre troppo l’attenzione della moderazione. Non è, in realtà, una cosa nuova; stando alle parole della testata giornalistica TIME, l’anguria viene usata come “sostitutivo” della bandiera palestinese sin dal 1967, quando durante la Guerra dei Sei Giorni gli israeliani avevano occupato Gaza e la West Bank, rendendo illegale mostrare pubblicamente la bandiera palestinese.
Uno degli esempi più eclatanti dell’uso di questo simbolo è arrivato su TikTok, dove un utente ha creato un filtro in cui bisogna tracciare la figura di un anguria, dichiarando che tutti i proventi della monetizzazione sarebbero stati donati in aiuti umanitari a Gaza. Ad oggi l’uso dell’anguria come simbolo di resistenza e sostegno alla Palestina si è diffuso nelle manifestazioni di tutto il mondo.
Usare le emoji per dimostrare il proprio sostegno ad una causa, o la propria vicinanza ad alcune persone non è cosa nuova: a Febbraio, dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, molti utenti online avevano aggiunto l’emoji di un girasole al loro account, in analogia al fiore simbolo della nazione ucraina; nel 2015, dopo gli attacchi terroristici a Parigi, le emoji di sostegno più utilizzate erano le bandiere nazionali di Gran Bretagna e Francia, mentre durante l’uragano Irma il cuore blu veniva usato per dimostrare solidarietà alle vittime.
This post was published on 26 Novembre 2023 9:00
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