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La serie Netflix di The Witcher fa infuriare il creatore Saprowski | Non doveva andare così

The Witcher è un brand che, nonostante siano nato anni fa, solo da relativamente poco sta riuscendo a vivere sulla cresta dell’onda del successo. Il merito è sicuramente, in larga parte, dell’omonima saga videoludica sviluppata da CD Projekt Red. Eppure, c’è una persona che forse viene sempre presa poco in considerazione: Andrzej Sapkowski, scrittore dei romanzi di The Witcher, da cui tutto ha avuto inizio.

The Witcher, un successo inaspettato

The Witcher, from zero to hero

Quella di The Witcher è una storia colma di romanticismo, una di quelle storie che insegna a non mollare mai, a credere nelle proprie idee e nelle proprie capacità. È la storia di tante entità che hanno permesso a dei personaggi su carta, di prendere vita, di diventare un pezzo della cultura pop odierna, di trasformare delle storie confinate in un solo angolo d’Europa in racconti universalmente amati e riconosciuti.

La storia di The Witcher inizia ancora prima della pubblicazione del primo romanzo: era il 1985 infatti, quando Andrzej Sapkowski decise di partecipare a un concorso letterario, presentando un racconto intitolato “Lo Strigo”, iniziando a quel punto a immaginare tutto quello che sarebbe stato il mondo di Geralt di Rivia, dalle sue intriganti origini fino alle avventure tra creature spaventose, tra spade e magia.

Tuttavia, i romanzi di The Witcher fecero una gran fatica i primi tempi, rimanendo confinati a un pubblico polacco. La chiave di volta di tutta la vicenda, fu l’entrata in scena di CD Projekt Red, una software house polacca i cui sviluppatori amavano le opere di Andrzej Sapkowski, essendo cresciuti a pane a fantasy. L’autore e gli sviluppatori si accordarono e CDPR ottenne tutti i permessi per realizzare dei giochi basati sull’universo dello Strigo!

I tre titoli principali sviluppati da CDPR, di cui The Witcher 3: Wild Hunt rappresenta un po’ la summa, furono il vero ariete per l’opera di Andrzej Sapkowski verso il mondo tutto. L’attenzione nei confronti della saga crebbe, la gente non voleva altro che mezzi in più per immergersi in quell’universo fatto di mostri, amore, politica e tradimenti.

Andrzej Sapkowski, nonostante il successo arrivato alla saga, fu sempre molto diffidente nei confronti dei giochi e in più occasioni ebbe da ridire sulle affermazioni di alcuni esponenti della software house polacca, come quando, interrogato su certe dichiarazioni, rispose:

Le affermazioni di CD Projekt sul fatto che i loro giochi hanno reso popolari i miei libri sono solo falsità. Sono io ad aver reso celebre il gioco, tant’è che le numerose versioni tradotte del mio libro, inclusa quella inglese, sono uscite ben prima del gioco

Le critiche alla serie Netflix

Andrzej Sapkowski, papà di The Witcher

Lasciando un attimo da parte la questione su chi sia fautore del grande successo della saga, è indubbio che The Witcher sia ormai un brand che per gli appassionati di fantasy, fantapolitica, regni immaginari, combattimenti all’arma bianca e magia risulta indispensabile, uno di quei brand che si finisce sempre per annoverare tra i propri preferiti, magari accanto a nomi come Tolkien o il contemporaneo George R.R. Martin.

Il successo ha portato tanti altri “attori” a interessarsi a The Witcher, vedendo in questo terreno fertile per altre trasposizioni di successo, su medium che non avevano ancora incontrato lo Strigo e le sue avventure. Nasce così l’idea, poi concretizzatasi, di trasporre le opere di Andrzej Sapkowski sul piccolo schermo e a caricarsi dell’onere e onore, è la piattaforma di streaming online Netflix, uno dei colossi dello streaming legale odierno.

La serie esce e i pareri di pubblico e critica finiscono col risultare abbastanza spaccati, tra chi ha visto nel lavoro di Netflix una buona riproposizione delle atmosfere del libro, chi non ha avuto grande affezione per il cast in cui spiccava un appassionato d’eccezione, Henry Cavill nel ruolo di Geralt di Rivia e chi magari, aspettandosi qualcosa di più fedele al videogioco, è rimasto deluso dalle tonalità assunte dalla serie.

Una cosa su cui molti hanno battuto più volte però, ha riguardato la fedeltà ai libri: secondo molti infatti, la serie Netflix aveva applicato diversi cambiamenti che non miglioravano la qualità generale dell’opera e, anzi, ne rimuovevano alcuni aspetti. Uno dei nomi più celebri a lamentarsi, fu proprio lo stesso Cavill che in un’intervista, poco dopo l’uscita della seconda stagione dello show, dichiarò:

Sono un grande fan dei libri e gli rimango fedele, e si tratta di assicurarsi che la storia si svolga senza troppi diversivi o cose secondarie che vanno a confondere le acque.

Di recente, un’altra personalità molto influente nell’universo di The Witcher si è espresso riguardo la serie Netflix: il creatore di The Witcher, Andrzej Sapkowski ha infatti rilasciato alcune dichiarazioni durante una recente intervista al Vienna Comic Con, parlando dell’insoddisfazione nei confronti della show e della mentalità degli showrunner. Quando gli è stato chiesto se gli sceneggiatore della serie TV avessero mai ascoltato i suoi consigli, ha risposto:

Beh no, potrei aver dato loro qualche idea ma non mi ascoltano mai. Loro non mi ascoltano mai, ma è normale, “E questo chi è? È lo scrittore, non è nessuno”

Non è risultato molto difficile, cogliere un’ironia che celava forse un po’ di risentimento per il fatto di sentirsi messo da parte dagli sceneggiatori. Non bisognerebbe però stupirsi del fatto che Andrzej Sapkowski non sia un fan dello show. Come ha già dimostrato in passato, non gli risulta molto facile essere fan di opere tratte dai suoi romanzi, aldilà della qualità di queste.

E non è certo l’unico a muovere critiche a Netflix riguardo la serie, visto che sin dalle prime battute, il colosso dello streaming ha continuamente deviato dalla narrazione dei libri. Ciò che ha poi spento un po’ i riflettori sulla serie, è stato il licenziamento di Henry Cavill e la sostituzione con Liam Hemsworth.

This post was published on 25 Novembre 2023 18:30

Pietro Falzone

Redattore Appassionato di videogiochi sin dal sempre più lontano 2002, quando per festeggiare i 5 anni ricevette una copia di Crash Bandicoot per la prima PlayStation. Il richiamo dell'avventura digitale lo fece innamorare di un mondo fatto di pixel, più o meno definiti. E l'amore non si è mai fermato. Inizia così a tastare tutti gli aspetti del mondo videoludico. Tra le sue più grandi passioni, si piazzano in ordine gli MMORPG (con sempre meno per giocarli, purtroppo), gli sparatutto in prima persona e, doprattutto, giochi di ruolo single player. Così si spiegano le più di mille ore, spalmate sui vari titoli From Software, da Demon's Souls in poi. Dalla fine delle medie, scopre una nuova passione: la scrittura. E come se non bastasse, scopre che nel mondo c'è chi scrive riguardo ai videogiochi, come se fosse un lavoro vero. Cosa fare di due passioni del genere dunque? Inizia così la ricerca disperata del giusto vascello, che riuscisse a convogliare voglia di fare, idee e tempo. Dopo un periodo passato a peregrinare, tra siti e sitarelli, approda su Player.it dove trova una casa in cui convogliare idee e spunti, al fianco di un team solido e costruttivo.

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