A seimilacinquecento anni luce di distanza, la nebulosa del granchio (Crab Nebula per gli amici anglofoni) è una delle strutture celesti più viste e analizzate in assoluto. Con una recente foto del telescopio James Webb, nuovi dettagli hanno mandato in brodo di giuggiole tanti appassionati.
Quanti sono seimilacinquecento anni luce?
Qualche giro di calcolatrice bastano per capire che ci sono un grande numero di cifre, tantissimi zeri che aiutano a capire le proporzioni assolutamente non umanocentriche del luogo in cui abitiamo. A distanza così esagerate le cose potrebbero essere a noi invisibili per sempre, invece attraverso i ritrovati della scienza riusciamo pian piano a far nostra la luce, a prescindere da quanto questa risulti lontana nello spazio e sopratutto nel tempo.
La nebulosa del granchio, con le sue forme, le sue figure e i suoi colori, è una delle strutture celesti più elaborate e interessanti con cui la moderna astronomia si sia mai confrontata; la popolarità della stessa è enfatizzata anche dal numero di analisi che sono state fatte negli anni. Ogni volta che c’è un nuovo strumento a terra o in orbita, fare qualche foto alla nebulosa del granchio è sempre un qualcosa di ben apprezzato.
Ecco quindi il telescopio James Webb scattare le sue foto e riuscire, attraverso analisi dello spettro infrarosso, a evidenziare con una precisione e una bellezza sconcertante i filamenti polverosi che danno alla nebulosa l’aspetto che tanto piace a noi lontanissimi esseri umani.
Nebulosa di cosa?
La nebulosa è ciò che rimane di una supernova, ovvero una stella che è esplosa in maniera particolarmente pirotecnica secoli fa. Secondo le misurazioni la luce della supernova ha raggiunto la terra durante l’anno 1054 con tanto di plurime osservazioni portate avanti dagli astronomi cinesi e arabi.
La nebulosa è stata già osservata con strumenti arcinoti come il telescopio Hubble ma anche con apparecchi meno chiacchierati, come l’X-Rat Polarimetry Explorer Observatory, un complesso sistema di sensori specializzato nell’effettuare analisi nella lunghezza d’onda dei raggi X (con tanto di immagine celebrativa realizzata per l’occasione, sfruttando fonti presenti tanto nella luce visibile quanto nell’infrarosso e nei raggi X).
Il telescopio James Webb, però, ha dalla sua strumenti ancora più all’avanguardia di quelli che abbiamo citato finora. La camera NIRC (Near Infrared Camera) o il sistema MIRI (mid-infrared instrument) sono stati indispensabili per riuscire a ottenere un’immagino con impareggiabile livello di dettaglio rispetto al passato.
La scienza avanza e le fotografie spaziali migliorando ancora di più
Grazie ai sopracitati strumenti Il telescopio James Webb è riuscito a osservare con un livello di dettaglio senza precedenti le strutture dei filamenti gassosi che danno la particolare forma alla nebulosa; questi, evidenziati con i colori rosso e arancio, sono poi circondati da zone dove le polveri sono più rarefatte, caratterizzate stavolta dai colori giallo, bianco e verde.
A guardare poi l’immagine è possibile anche notare la radiazione di sincrotone, caratterizzata dal colorito biancastro della parte interna della nebulosa; per le ipotesi questa radiazione dipende dalla presenza di una stella di neutroni in rotazione con un fortissimo campo magnetico all’interno della zona di spazio.
Nebulose del granchio… videoludiche!
Questa nebulosa è talmente famosa e popolare all’interno dell’universo dell’astronomia che possiamo citare almeno un paio di di riproposizioni digitali della stessa, alle volte in forma esplorabile, alle volte più come elemento di contorno.
I più anziani tra i lettori, ad esempio, si ricorderanno senza dubbio delle citazioni alla nebulosa del granchio all’interno di qualche capitolo della saga di Space Quest; oltre 15,000,000,000 di negozi del franchise Radio Shocks sono sparsi per la gigantesca Greater Crab Nebula Metro Area, per dirne una. Anche il simulatore spaziale Elite Dangerous ha la sua nebulosa del granchio, questa esplorabile con la propria navicella in completa comodità.
La nebulosa è stata anche utilizzata come pista all’interno di Skyroads, il titolo più famoso della software house estone Bluemoon Software.