CD Projekt Red è la casa di sviluppo dietro ad alcuni giochi allo stesso tempo più amati e più controversi degli ultimi anni: prima la trilogia di The Witcher ha stregato i giocatori, poi Cyberpunk 2077 ha distrutto i cuori degli appassionati per via di un lancio in condizioni disastrose, per poi riprendersi con patch su patch. Gli svilppatori però, hanno le idee chiare su dove vogliono andare a parare.
Se fino a pochi anni fa, ci si fosse ritrovati a scrivere o a parlare di CD Projekt Red, il giudizio unanime sarebbe stato estremamente positivo. La software house polacca infatti, ha avuto il grande merito di costruire una community molto affezionata dietro ai suoi giochi, facendo sentire i giocatori al centro dei loro interessi. Una mosca bianca in un’industria, quella dei videogiochi, che molti vedono come un mosaico di software house che cercano il guadagno facile, ignorando la qualità.
CDPR nel 2015 stava vivendo il periodo di maggior splendore, che sarebbe durato anche per qualche anno a seguire. Proprio quell’anno aveva rilasciato The Witcher 3: Wild Hunt, il gioco che chiudeva la trilogia tratta dai romanzi fantasy dell’autore polacco Andrzej Sapkowski, dedicata a Geralt di Rivia e a tutti i comprimari che i giocatori avevano imparato ad amare.
Il primo The Witcher era un gioco con grosse lacune tecniche e di gameplay, a causa di comandi che rendevano un’impresa gestire la telecamera durante i combattimenti. Tuttavia, presentava un mondo nuovo e interessante, diverso dai titoli fantasy che circolavano maggiormente all’epoca. Con The Witcher 2 vi fu un salto in avanti che lasciò di stucco tutti i fan e permise a nuove persone di avvicinarsi alla saga.
The Witcher 2 infatti proponeva un nuovo sistema di comandi, fluidi e gradevoli, un combat system rivisto, una storia elettrizzante e ben narrata. CDPR aveva mostrato ai giocatori, le potenzialità nascoste di quel timido studio polacco che, pian piano si stava facendo strada tra i colossi dell’industria, sfruttando un’ip quasi sconosciuta all’epoca fuori dalla Polonia.
Poi arriva The Withcer 3: Wild Hunt e CDPR diventa un punto di riferimento per i giocatori, che vedono in essa un faro di speranza: in un mare magno di titoli multiplayer con meccaniche pay-to-win, CDPR aveva proposto un action-RPG single player, di più di 100 ore di durata media più due DLC che erano praticamente dei giochi a parte per quanto erano espansi. Tutto, senza microtransazioni, senza spese in game, senza loot box. CDPR era la salvezza di quei giocatori che volevano un certo tipo di videogioco.
Poi, arriva Cyberpunk 2077. Per mesi non si parla d’altro, gli appassionati ai lavori della software house già immaginano cosa potrebbe celare quel nuovo lavoro, basandosi sulle dichiarazioni degli sviluppatori. Escono i trailer, Keanu Reeves presenzia alla presentazione del titolo durante l’E3. Pare che tutte le carte siano in regalo e i giocatori si preparano a essere sorpresi ancora una volta, pronti al capolavoro.
Uscito Cyberpunk, tutti sanno com’è andata. Tuttavia, CDPR ha continuato a lavorare al titolo instancabilmente, con patch continue che andavano a toccare tanti aspetti del titolo, riottenendo passo dopo passo, la fiducia dei giocatori che hanno continuano a sostenere il titolo per anni. Arriva poi la patch 2.02 che rivoluziona (quasi) dalle fondamenta l’infrastruttura del titolo, in contemporanea all’uscita del DLC Phantom Liberty. CDPR sembra rinata, sembra essere tornata quella che tutti ricordavano.
Cyberpunk 2077 è rinato, così come la fiducia di molti giocatori nei confronti di quella software house che, per anni, ha rappresentato un punto fisso per gli appassionati. La release del DLC Cyberpunk 2077: Phantom Liberty e della patch 2.02 hanno riportato tanti giocatori a voler vedere come fosse diventato quel titolo, così tanto problematico alla release, attirando inoltre tanti nuovi curiosi.
Nell’evoluzione vista dalla prima release di Cyberpunk 2077 fino a quanto successo in Phantom Liberty con la totale rivoluzione del gioco, si potrebbe vedere quello che successe con The Witcher. Tra Witcher 1 e 2 infatti, i cambiamenti sono così radicali da non sembrare nemmeno sviluppati dalla stessa casa di sviluppo. Con The Witcher 3 poi, l’evoluzione fa dei passi avanti che permettono al titolo di ottenere riconoscimenti su riconoscimenti, sia dal pubblico che dalla critica.
Ci sono quindi voluti tre titoli per perfezionare il tiro, riuscendo a creare l’esperienza fantasy definitiva secondo i canoni e le idee originali di CD Projekt Red. Che sia quello che dovrà succedere con Cyberpunk? Una considerazione simile arriva da Igor Sarzyński, il narrative director di Cyberpunk 2077 che in una recente intervista, ha parlato dell’aspetto “inesperienza”.
Considera quanto sono cambiati i giochi di The Witcher con ogni iterazione. Vogliamo un’evoluzione simile qui (con Cyberpunk n.d.r.)
Sarzyński continua, parlando degli aspetti che potranno essere migliorati nei prossimi lavori, senza dimenticare tutto ciò che, a suo avviso, già funziona considerando che è la loro prima opera con ambientazione tecnologica/Sci-Fi.
Cyberpunk 2077 è stata la nostra prima avventura in un mondo sci-fi futuristico con una tonnellata di nuove meccaniche di gameplay, toni narrativi, temi e direzione artistica. Alcune di queste cose, funzionavano già bene dall’inizio come il lato artistico, il design della città, la musica, il sistema di scene interattive, gli stili di gioco. Altri aspetti richiedono più tempo per essere perfezionati come la progressione del personaggio, l’interattività degli NPC e l’ottimizzazione.
Chiude il suo discorso, facendo una considerazione che cerca, in parte, di giustificare gli errori commessi:
È naturale: è impossibile azzeccare tutto al primo tentativo. Ora, con tutti gli elementi di gioco sviluppati e ben funzionanti, ci concentreremo a collegarli ancora meglio e a creare un’esperienza coerente e di totale immersione.
This post was published on 3 Novembre 2023 19:30
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