Il fenomeno Pokémon è arrivato come un fulmine a ciel sereno in Occidente, ma non tutti erano contenti dell’evento.
Chiunque abbia vissuto l’adolescenza tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del 2000 si ricorderà assolutamente del fenomeno Pokémon che proprio in quegli anni aveva letteralmente invaso tutto l’Occidente.
La diffusione è stata talmente veloce e ampia che gli venne dato anche un nome all’interno di articoli di giornale e notiziari: la Pokémania.
Pokémon è un franchise che è nato nell’ormai lontano 1996 in Giappone nel quale è rimasto confinato per circa due anni: in quegli anni i mostriciattoli tascabili avevano portato all’estremo le manie di collezionismo di bambini e adolescenti giapponesi, ma il fenomeno non era riuscito ancora a sfondare i confini del paese del Sol Levante.
Nel 1998, però, cambia tutto: il marchio Pokémon giunge negli Stati Uniti e da quel momento non si ferma più arrivando in Europa, in Italia e in ogni angolo del pianeta.
Attualmente, dopo 27 anni dalla sua nascita, è il franchise più redditizio al mondo e non esiste nessuna persona al mondo che non conosce Pokémon o la sua mascotte Pikachu.
Molte persone credono che Pokémon sia solo una serie di videogiochi, ma in realtà è un franchise che comprende tantissimi prodotti: giocattoli, carte da gioco, animazione, film, abbigliamento, accessori, gadget, eventi dal vivo e molto altro ancora.
Che ci crediate o meno i videogiochi rappresentano la fetta più piccola per i guadagni di Pokémon e tantissimi bambini e adolescenti dell’epoca conoscono il marchio senza aver mai giocato ai giochi.
È proprio per i prodotti correlati ai videogiochi che scoppiò la cosiddetta Pokémania: in tutto il mondo le principali aziende, sia del settore che non, hanno iniziato a collaborare con la join venture di The Pokémon Company per accaparrarsi i diritti sui mostriciattoli e personaggi del franchise.
Un fenomeno che ha fatto felici sia le persone che acquistavano i prodotti, sia le aziende che li vendevano, ma a quanto pare non tutti erano contenti.
Nel corso di una recente intervista con Eurogamer, infatti, l’ex amministratore delegato di Games Workshop, Chris Prenctice, ha svelato che l’azienda stava quasi fallendo proprio per colpa dell’arrivo dei Pokémon nel Regno Unito.
La Pokémania, a quanto pare, non ha reso felici proprio tutti quanti nel mondo.
Per chi non la conoscesse, Games Workshop è un’azienda britannica che è conosciuta principalmente per essere il publisher dietro alcuni titoli wargame tridimensionali molto famosi, per esempio Warhammer 40.000.
L’azienda si è occupata principalmente della produzione di giochi di ruolo, ma a partire dagli anni ’90 è cresciuta sempre di più anche la creazione di statuine e figure dedicate ai loro giochi.
Nel biennio 1998-1999, quando i prodotti Pokémon hanno iniziato a diffondersi in Occidente, Games Workshop ha registrato un calo di profitti abbastanza significativo.
Pranctice, che all’epoca gestiva la sede britannica di Games Workshop, la colpa era proprio di Pokémon e delle sue carte collezionabili.
I bambini e gli adolescenti dell’epoca avevano smesso di acquistare prodotti da Games Workshop per andare nelle edicole ad acquistare le carte collezionabili di Pokémon, che si stavano diffondendo sempre di più nel mondo.
Pokémon era diventato così influente che internamente all’azienda non si pronunciava nemmeno il nome del marchio, ma solamente “parola con la P“.
Games Workshop, secondo le parole di Pranctice, era in netta difficoltà e a quanto pare Pokémon è stato anche uno dei motivi che ha spinto l’ex CEO a presentare le dimissioni nel 2000.
Nonostante questo però l’azienda si è risollevata cambiando target: ha smesso di creare prodotti per bambini e adolescenti e ha iniziato a rivolgersi a un target più adulto.
This post was published on 25 Settembre 2023 13:30
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