I ricercatori della NASA, utilizzando il Telescopio Spaziale James Webb, hanno osservato e studiato due supernove a 22 milioni di anni luce di distanza che hanno espulso polvere cosmica nella loro regione dell’universo.
La massa scoperta dai ricercatori avvalora l’ipotesi che le supernovae siano state importanti per alimentare la polvere cosmica nell’universo primordiale.
La NASA sta studiando 2 supernove distanti 22 milioni di anni luce
Una nuova ricerca della NASA, che sfrutta il Telescopio Spaziale James Webb, è stata pubblicata dalla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Lo studio è basato sulle osservazioni di due supernove di tipo II, la Supernova 2004et (SN 2004et) e la Supernova 2017eaw (SN 2017eaw), che hanno rivelato grandi quantità di polvere cosmica all’interno dell’ejecta, ovvero tutto quel materiale espulso durante un’esplosione stellare. La massa trovata dai ricercatori supporta la teoria secondo cui le supernove hanno avuto un ruolo chiave nel fornire polvere cosmica all’universo primordiale.
“Finora le prove dirette di questo fenomeno sono state scarse, in quanto le nostre capacità ci hanno permesso di studiare la popolazione di polveri in una sola supernova relativamente vicina – la Supernova 1987A, a 170.000 anni luce di distanza dalla Terra”, ha dichiarato Melissa Shahbandeh, astronoma della Johns Hopkins University e dello Space Telescope Science Institute.
Cos’è la polvere cosmica?
La polvere cosmica è un elemento fondamentale del nostro universo: quando la polvere delle stelle morenti si diffonde nello spazio, trasporta elementi essenziali per contribuire alla nascita di una nuova generazione di stelle e dei loro pianeti. La provenienza di questa polvere ha lasciato perplessi gli astronomi per decenni, ma oggi sappiamo che una fonte significativa di polvere cosmica potrebbe essere rappresentata dalle supernove: dopo l’esplosione di una stella morente, il gas residuo si espande e si raffredda creando la polvere cosmica.
È noto che le supernove, quando si verificano, rilasciano questa polvere nello spazio, ma è stato difficile per gli astronomi collegarla direttamente alla stessa polvere che contribuisce alla formazione di nuove stelle. Le osservazioni di Webb rappresentano il primo passo avanti nello studio della produzione di polvere dalle supernove da quando, quasi un decennio fa, il telescopio Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) ha rilevato la presenza di una polvere di nuova formazione nella SN 1987A.
“Quando il gas si raffredda abbastanza da formare polvere, questa è rilevabile solo alle lunghezze d’onda del medio infrarosso, a patto che si abbia una sensibilità sufficiente”, ha aggiunto Shahbandeh. Ecco Webb, che è stato lanciato in un punto dello spazio a un milione di chilometri dalla Terra nel dicembre 2021 e ha rilasciato immagini scientifiche del cosmo dal luglio 2022.
Le supernove al centro dello studio
Per osservare supernovae più distanti della SN 1987A, come la SN 2004et e la SN 2017eaw che sono a circa 22 milioni di anni luce di distanza, serve una combinazione di copertura di lunghezze d’onda e di sensibilità straordinaria che può essere ottenuta solo con lo strumento MIRI (Mid-Infrared Instrument) di Webb. Un altro risultato particolarmente intrigante del loro studio non è solo il rilevamento della polvere, ma la quantità di polvere registrata in questa fase iniziale della vita della supernova. Nella SN 2004et, i ricercatori hanno trovato più di 5.000 masse terrestri di polvere.
“Se si guarda al calcolo della quantità di polvere che stiamo vedendo in particolare nella SN 2004et, essa rivaleggia con le misurazioni della SN 1987A, e si tratta solo di una frazione dell’età”, ha aggiunto il responsabile del programma Ori Fox dello Space Telescope Science Institute. “È la più alta massa di polvere rilevata in una supernova dopo la SN 1987A. “987A”.
Le osservazioni hanno mostrato agli astronomi che le galassie giovani e lontane sono piene di questa particolare polvere, ma queste galassie non sono abbastanza vecchie per giustificare questa massiccia presenza. Questo dato fa inevitabilmente pensare che la polvere trovata derivi da diverse stelle morte abbastanza presto.
Una galassia ancora tutta da scoprire
Sebbene gli astronomi abbiano confermato un collegamento tra le supernove e la polvere cosmica, ci si è chiesti quanta di questa polvere possa sopravvivere agli shock interni che si si presentano con le varie esplosioni: in questa particolare fase della vita di SN 2004et e SN 2017eaw, la presenza di così tanta polvere suggerisce che questa polvere cosmica può sopravvivere anche a potenti onde d’urto.
Inoltre, i ricercatori hanno precisato che le attuali stime potrebbero essere solamente la punta dell’iceberg. Sebbene Webb abbia permesso ai ricercatori di misurare polveri particolarmente glaciali, potrebbero esserci polveri ancora più fredde non rilevate che irradiano, da ancora più lontano, nello spettro elettromagnetico e che rimangono oscurate dagli strati più esterni della polvere.
Detto questo, secondo i ricercatori le nuove scoperte in merito sono solo un accenno delle inedite possibilità offerte dal telescopio Webb: “C’è un crescente entusiasmo nel capire cosa implica questa polvere anche sul nucleo della stella che è esplosa. Dopo aver esaminato questi particolari risultati, credo che i nostri colleghi ricercatori penseranno a modi innovativi per lavorare con queste supernove polverose in futuro”.