Nintendo è sempre stata gelosa delle sue proprietà intellettuali, come dimostrano recenti shutdown di alcuni popolari emulatori. Ma ha davvero senso la sua posizione?
il fenomeno dell’emulazione videoludica è vecchio quanto il Web 2.0 (e qualcosa sicuramente c’era anche prima): fin dai primi anni Duemila sono fioccati siti che mettevano a disposizione degli appassionati emulatori e ROMS per retroconsole, e negli anni il fenomeno è aumentato anziché diminuire. In rapporto a ciò i produttori di videogiochi hanno assunto atteggiamenti più o meno ostili, ma un’azienda in particolare ha da sempre dichiarato guerra aperta agli emulatori.
Quella compagnia si chiama Nintendo, e ha dimostrato una tale cocciutaggine che spinge ad interrogarsi su che senso abbia, ancora oggi, incaponirsi su una battaglia che nessuno potrà mai davvero vincere.
La crociata di Nintendo
Giusto poche settimane fa Nintendo ha assestato il suo ultimo colpo contro l’emulazione, ottenendo la rimozione di Dolphin, emulatore di Nintendo Wii, dallo Steam Store, sul quale sarebbe dovuto approdare nel corso del Q2 di quest’anno (avevo accennato alla cosa in questo GamesDigest). A darne notizia sono stati gli stessi sviluppatori del software, che hanno spiegato di aver ricevuto un “cease and desist” da parte di Nintendo, ovvero un richiamo formale a non procedere oltre per evitare ripercussioni legali da parte della compagnia giapponese. Si tratta di un episodio curioso, dato che la primissima iterazione di Dolphin risale addirittura al 2003, e che nel corso di questi vent’anni ne sono state rilasciate numerose versioni. Evidentemente Nintendo ha temuto che la pubblicazione sullo store di Valve avrebbe allargato il bacino di utenza del software oltre la soglia dell’accettabilità.
Ma l’attacco a Dolphin non è che la punta dell’iceberg di una lunghissima serie di iniziative perpetrate da Nintendo a discapito del mondo dell’emulazione videoludica, le quali sono rappresentative di una politica di tolleranza zero che la compagnia adotta fin dal 2003, quando dedicò un’intera pagina del proprio sito a denunciare come illegali le pratiche di emulazione e scarico di ROMs di giochi Nintendo da siti pirati.
Cosa ne pensa Nintendo della comparsa degli emulatori di videogiochi?
L’introduzione di emulatori creati per giocare illegalmente a copie di software Nintendo rappresenta la minaccia più grave che si sia mai vista alla proprietà intellettuale degli sviluppatori di videogiochi. (…) Questi emulatori possono provocare potenzialmente gravissimi danni all’industria mondiale del software, che vale 15 miliardi di dollari annui, nonché decine di migliaia di posti di lavoro. Estratto dalla pagina di Informazioni Legali del sito Nintendo del 2003, da WebArchive
20 anni di intransigenza
Nel corso degli anni Nintendo non ha mai fatto dietrofront rispetto a questa sua intransigente posizione, ed in generale è fra le software house che più si prodiga a tutelare le proprie IP da qualsiasi utilizzo considerato improprio, fino a scelte tanto radicali da essere controproducenti: ad esempio, per anni ha adottato una politica di ostruzionismo verso gli youtubers che mostravano sequenze di giochi Nintendo o facevano ricorso a frammenti di musiche di videogiochi Nintendo nei loro video, facendoli rimuovere a forza di strike.
In conseguenza dell’attacco a Dolphin, un portavoce della compagnia ha commentato la vicenda parlandone a Kotaku, ribadendo le posizioni della compagnia apertamente ostili verso le pratiche dell’emulazione che, aggirando i sistemi di sicurezza degli hardware Nintendo, danneggerebbero il lavoro degli sviluppatori e in ultimo luogo “soffocherebbero l’innovazione”. Insomma da 20 anni a questa parte la grande Enne si vanta di difendere il lavoro dei suoi dipendenti e di combattere una giusta guerra contro la pirateria videoludica. Ma siamo sicuri che non si tratti di vittorie di Pirro? E ancor di più, non ci vedete un pizzico di malafede?
Nintendo dovrebbe ringraziare
Se ci pensate, il panorama videoludico odierno è costellato di emulatori “ufficiali”, prodotti ad hoc dai proprietari dei marchi per (ri)vendere vecchio software con nuovi formati, prevalentemente digitali. Fino a pochi anni fa abbiamo assistito alla proliferazione delle mini console, versioni moderne delle piattaforme da gioco che hanno fatto la storia di questa industria, dalla PlayStation Classic di Sony alle Mini NES e Mini SNES della stessa Nintendo. E sul fronte digitale, già nel 2006 proprio Nintendo lanciò la Virtual Console, che permetteva di giocare a classici del retrogaming su Wii e WiiU, pratica continuata con il Nintendo eShop presente su Switch.
Insomma, è oltre un decennio che Nintendo stessa ricorre sistematicamente all’emulazione per continuare a vendere le proprie glorie passate sulle piattaforme moderne! In alcuni casi inoltre le versioni emulate offrono una resa visiva sensibilmente migliore rispetto ai giochi originali, vedasi ad esempio i port su Nvidia Shield di Super Mario Galaxy e Zelda Twilight Princess (disponibili solo sugli store cinesi del servizio, chissà perché).
Insomma, il mondo dell’emulazione videoludica è stato iniziato dalle community di appassionati, e solo molti anni dopo le software house si sono inserite – legittimamente, per carità – nel settore per proporre ai giocatori delle versioni ufficiali dei loro software. Ben lungi da rappresentare un freno all’innovazione, la realtà dei fatti è che il mondo dell’emulazione ha rivoluzionato l’intera industria, aprendo alle aziende un intero nuovo segmento di business, che ogni anno si fa sempre più remunerativo e contribuisce a tener vivi marchi storici dell’industria dei videogiochi (vedasi ad esempio il nuovo corso di Atari, cha adottato un modello di business totalmente incentrato sull’acquisito e riproposizione di IP storiche).
Senza considerare poi il fatto che, sebbene siano sempre di più i titoli retrò a tornare disponibili su sistemi moderni, il serbatoio di vecchi videogiochi attualmente recuperabili solo tramite emulazione è pressoché sterminato. Per molti titoli, l’emulazione ha rappresentato e continua a rappresentare il salvataggio dall’oblio. Preservarli significa anche rendere il giusto tributo a tutti quegli sviluppatori che ci hanno lavorato nei decenni passati, ed il cui contributo allo sviluppo del medium, anche se piccolo, è un bene che venga preservato, tanto più che così facendo non si fanno torti a nessuno né tantomeno si compiono furti o danni economici a chicchessia (la stragrande maggioranza dei progetti di emulazione è totalmente gratuita, frutto del lavoro di appassionati).
Speriamo che prima o poi Nintendo rifletta su tutto questo, capisca il contributo innegabile che l’emulazione continua ad avere sull’industria del gaming e smetta di avere un atteggiamento così ostile nei suoi confronti. Ne avrebbe solo da guadagnarci.