Mancano solo tre anni al quarantesimo anniversario di The Legend of Zelda, una tra la serie più longeve della storia dei videogiochi e che, soprattutto, ha fatto scuola per molti videogiochi negli anni a venire. Continua a farlo, in verità, se solo pensiamo all’incredibile approccio all’open world mostrato in Breath of the Wild e spinto addirittura un passo oltre con l’imminente Tears of the Kingdom.
In occasione del lancio di quest’ultimo (che ricordiamo essere il 12 maggio), abbiamo deciso di guardare indietro, fino all’esordio della saga, e provare a stilare una classifica delle dieci migliori boss fight lungo tutti questi trentasette anni di peripezie: un’impresa tutt’altro che semplice, né pensata per mettere d’accordo chiunque perché non è affatto possibile. Un omaggio, piuttosto, a una colonna portante dell’universo videoludico, un modo per riportare alla luce quel passato che potrebbe essersi fatto più nebuloso col trascorrere degli anni e dei numerosi videogiochi che si sono susseguiti.
Sebbene non sia una boss fight impegnativa di per sé, e forse oggi non coglierebbe tanto di sorpresa, contestualizzata ai suoi anni era accattivante proprio per il modo in cui si arrivava a questo scontro. Anzitutto, un po’ di storia: Cieco è il boss della Tana dei Ladroni che, nel Mondo della Luce, era a capo di una banda di ladri del Villaggio Calbarico. Diventato servitore di Ganon una volta entrato nel Mondo delle Tenebre, sviluppa forte avversione verso la luce.
In The Legend of Zelda: A Link to the Past, durante la ricerca delle sarcerdotesse da salvare, Link si imbatte in una di loro prigioniera nelle segrete della Tana dei Ladroni. A differenza delle precedenti fanciulle, non è rinchiusa in un cristallo. Dopo averla liberata e scortata verso l’uscita del labirinto, ci si rende conto che si rifiuta di seguire Link all’esterno o di attraversare zone illuminate. Armeggiando un po’ con una bomba per aprire una voragine da cui far filtrare la luce, è possibile rivelare la vera forma della sacerdotessa, ovvero Cieco il Ladrone: una volta sconfitto, si ottiene infine il cristallo contenente la quarta sacredotessa.
SpettroGanon è tra i boss con l’entrata in scena più memorabile, come del resto si confà a un nemico del suo calibro. Come suggerisce il nome, è un fantasma clone di Ganondorf che ostacolerà Link nel Santuario della Foresta in The Legend of Zelda: Ocarina of Time. Non è la sua unica apparizione, nella serie, ma la prima non si scorda mai. Sfruttando i dipinti per spostarsi e aggredire Link di sorpresa, forte anche della presenza di altri cloni, può essere riconosciuto grazie all’aura viola che lo circonda. Lo scontro è diviso in due fasi: a cavallo e, una volta inflitti abbastanza danni, a piedi. Sconfitto, lo spettro verrà bandito dallo stesso Ganondorf. SpettroGanon compare anche nell’omonimo manga di Ocarina of Time, con lo stesso ruolo rivestito nel gioco e le medesime meccaniche di combattimento/sconfitta.
Boss della Città Eterea in The Legend of Zelda: Twilight Princess, rivestito da una pesante armatura e con un cristallo viola sulla schiena. Se il rampino, in un gioco come Wind Waker, era divertente, non c’è pressoché paragone con l’Artiglio a disposizione in questo capitolo e che, nella sua versione doppia, gioca un ruolo fondamentale nello scontro con il Drago del Crepuscolo. Passare da un pilastro all’altro per poi agganciarsi alla coda di Argorok e trascinarlo a terra, così da frantumargli l’armatura ed esporre il suo punto debole, rende il combattimento adrenalinico: a renderlo ulteriormente memorabile, infine, c’è la messa in scena fra tuoni e fulmini. Uno scontro che potrebbe essere stato d’ispirazione, almeno nei toni, per il Re delle Tempeste in Demon’s Souls o per il famigerato Re Senza Nome di Dark Souls III.
Boss dell’Antica Cisterna in The Legend of Zelda: Skyward Sword, Koloktos rientra di diritto tra i migliori boss della serie perché c’è dell’innegabile fascino nell’utilizzare le armi di un nemico contro lui stesso – un concetto che Breath of the Wild ha portato a un livello superiore. Nel caso specifico di Koloktos, le spade che vedete ritratte nel disegno (facenti parte della seconda fase) possono essere utilizzate per tagliare corto, letteralmente, il boss e ridurlo a più miti consigli. In generale, è un combattimento che dimostra come utilizzare gli oggetti ottenuti durante lo scontro stesso in modo creativo e divertente.
Il concetto del doppelgänger non manca mai di affascinare, soprattutto per le potenzialità narrative che offre. Pur avendo preso nello specifico quello di Ocarina of Time, Dark Link è l’antagonista più enigmatico nel corso di tutta la saga: rappresenta chiaramente la parte oscura del protagonista e, di riflesso, quando lotta contro di lui sta di fatto lottando contro se stesso. Al di là di questo non si sa nient’altro su di lui: niente dialoghi, nessuna storia alle spalle. E forse è giusto così: la strada dell’eroe è in salita, costellata di dubbi che finiscono col prendere forma concreta; sfidandoli, sconfiggendoli e accettandoli come parte di sé è più esplicativo di cosa rappresenta Dark Link di ogni spiegazione a posteriori. Ocarina of Time ha il pregio di averlo reso in modo tale da restituire perfettamente il senso del doppelgänger.
Nemico ricorrente nella saga, lo inseriamo non tanto per la sua complessità quanto per aver sdoganato l’originalità della meccanica con cui sconfiggerlo. Si tratta di grossi lucertoloni corazzati in perenne rivalità con i Goron, su cui si può prevalere facendo inghiottire loro una bomba dopo averla accuratamente messa sul loro cammino. immaginati all’inizio come dei triceratopi, all’incirca, nel corso del tempo sono stati rifiniti fino a renderli un po’ più originali ma la meccanica di fondo con cui eliminarli è rimasta la stessa.
Boss del Patibolo del Deserto in The Legend of Zelda: Twilight Princess, è un gigantesco scheletro riportato in vita da Zant l’Usurpatore. Si tratta di uno dei pochi nemici nell’intera saga a richiedere l’uso di una “cavalcatura”: Link deve infatti salire sul Disco Rotante e utilizzare i binari all’interno della fossa circolare per raggiungere Stallord, facendo attenzione alle trappole lungo il percorso. Lo scontro si complica a mano a mano, aggiungendo ostacoli per rendere più difficile l’impresa: è sicuramente uno dei boss più pieno di trovate all’interno della saga, a dispetto della sua linearità.
Il suo nome italiano sarebbe Mortipher ma Demise racchiude meglio l’essenza e l’epicità di questo boss. Antagonista principale, nonché ultimo ostacolo, di Skyward Sword, è il Re dei Demoni sigillato dalla dea Hylia assieme a cinque tribù durante il suo tentativo di conquistare la Triforza. Negli eventi del gioco è Ghiraim, un servitore di Demise, a cercare Zelda per usarla come tramite al fine di liberare il suo signore – diventato, con il tempo, la creatura nota come Recluso. Proprio i continui e frustranti combattimenti contro quest’ultimo non facevano ben sperare nei confronti dello scontro con Demise, che invece si rivela tra i migliori della saga.
Anzi, persino meglio. Il design da solo lo rende un boss straordinario, che contrasta con Link anche grazie all’uso di una spada simile alla Master Sword. Pensare poi che Ganondorf altri non è che la manifestazione dell’odio di Demise, il quale in punto di morte ha maledetto Link e Zelda in un eterno ciclo di morte e rinascita, lo rende ancora più d’impatto.
Riconosciamo che potrebbe esserci del favoritismo, qui, ma d’altronde se si cresce giocando a Ocarina of Time è abbastanza inevitabile. Al di là di questo però, e a distanza di venticinque anni, ci troviamo ancora di fronte a una boss fight memorabile. A cominciare dall’atmosfera, da quel senso di presagio che permea l’aria una volta raggiunta l’area dello scontro: dopo tutto il tempo trascorso in giro per Hyrule a fare tutto quello che ci si aspetta da un eroe, si riesce finalmente a fare irruzione nel castello, arrivando a fronteggiare l’acerrimo nemico… per trovarlo intento a suonare all’organo.
Se la prima parte dello scontro può sembrare “sciocca” nel suo continuo rimbalzo della sfera di energia tra Ganondorf e Link, è nella seconda fase che tutto il suo potenziale viene espresso: quando ci troviamo davanti Ganon, una imponente bestia dalle sembianze suine che brandisce due enormi spade in un’arena circondata da un anello di fuoco.
Boss del Tempio di Testa Nevosa in The Legend of Zelda: Majora’s Mask, è la migliore nel porre l’accento sulla possibilità di Link – in questo gioco – di sfruttare il potere delle maschere per mutare il proprio aspetto. Goht è una gigantesca creatura meccanica simile a un toro, responsabile della prigionia del secondo dei Quattro Giganti, nonché dell’innaturalmente lungo inverno che minaccia le vite dei Goron. Una volta liberato dal ghiaccio che lo bloccava, Goht inizierà a correre in cerchio per colpire Link e sarà troppo veloce da schivare normalmente: l’eroe deve indossare la Maschera Goron e rotolargli appresso come uno di loro, guadagnando terreno fino a colpirlo alle spalle. Questa boss fight è la rappresentazione di ciò che The Legend of Zelda, come serie, sa fare meglio: prendere potenziamenti già utilizzati e ricontestualizzarli in modo nuovo ed entusiasmante.
This post was published on 23 Aprile 2023 12:00
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